Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13463 del 29/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 29/05/2017, (ud. 30/01/2017, dep.29/05/2017),  n. 13463

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27914-2015 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA G. P. DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA

CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ELENA

SORGENTE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A., c.f. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 345/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 19/05/2015 R.G.N. 330/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/01/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO;

udito l’Avvocato GIANLUCA CONTALDI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 19.5.2015, la Corte d’appello di Torino confermava la statuizione di primo grado che aveva dichiarato prescritto il credito dell’INPS relativo ai contributi a percentuale dovuti per l’anno 2004 da R.G., che l’Istituto aveva richiesto a seguito di avviso di accertamento di maggior reddito emesso dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti in data 2.11.2009.

La Corte, anzitutto, riteneva che, essendo l’INPS titolare di autonomi poteri di accertamento rispetto a quelli propri dell’Agenzia delle Entrate, la prescrizione del credito relativo ai contributi dovesse decorrere anche anteriormente all’accertamento del maggior reddito da parte dell’Agenzia delle Entrate; sotto altro profilo, riteneva che tale accertamento non potesse interrompere la prescrizione dei contributi, trattandosi di atto proveniente da soggetto diverso dal titolare del credito.

Contro tali statuizioni ricorre l’INPS, formulando tre motivi di censura. Resiste con controricorso R.G.. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., L. n. 233 del 1990, artt. 1 e 2, e D.L. n. 384 del 1992, art. 3-bis, (conv. con L. n. 438 del 1992), per avere la Corte di merito ritenuto che il dies a quo del termine di prescrizione dei contributi c.d. a percentuale dovesse identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento, invece che con quello, eventualmente successivo, in cui l’Agenzia delle Entrate avesse accertato un maggior reddito.

Con il secondo motivo, l’Istituto lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, per avere la Corte territoriale ritenuto che l’avviso di accertamento proveniente dall’Agenzia delle Entrate non avesse efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’INPS.

Con il terzo motivo, infine, l’Istituto ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 2941 c.c., n. 8, L. n. 233 del 1990, artt. 1 e 2, e D.L. n. 384 del 1992, art. 3-bis, (conv. con L. n. 438 del 1992), per avere la Corte di merito ritenuto inapplicabile l’istituto della sospensione della prescrizione nelle more dell’avviso di accertamento.

Vanno preliminarmente disattesi i rilievi d’inammissibilità sollevati da parte controricorrente con riguardo ai primi due motivi di ricorso: circa la presunta carenza d’interesse derivante dalla mancata prova dei presupposti del credito contributivo, perchè trattasi di questione di fatto che non ha mai formato oggetto di accertamento, avendola i giudici di merito ritenuta assorbita in dipendenza dell’accoglimento dell’eccezione preliminare di prescrizione; circa la presunta novità della questione di fatto assunta quale presupposto del primo motivo, perchè la sentenza ha comunque accertato che i contributi oggetto del presente giudizio scaturiscono dall’accertamento di maggior reddito effettuato dall’Agenzia delle Entrate (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata); circa la sussistenza di precedenti consolidati di segno contrario alla tesi argomentata dall’INPS a sostegno del primo motivo, perchè in nessuna delle fattispecie su cui questa Corte si è pronunciata con la sentenza n. 6741 del 2012 e l’ordinanza n. 4107 del 2012 si è fatta questione di interpretazione della disposizione del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1; circa il giudicato che coprirebbe l’affermazione dei giudici di merito secondo cui l’accertamento fiscale non avrebbe avuto i caratteri propri dell’atto interruttivo della prescrizione, perchè il secondo motivo di censura si appunta sull’idoneità dell’accertamento a produrre effetti interruttivi della prescrizione per volontà di legge, dunque a prescindere dal suo concreto contenuto.

Ciò posto, il primo motivo è infondato.

La tesi dell’Istituto, secondo cui l’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate non costituirebbe un mero atto interruttivo della prescrizione, ma il fatto che determina il sorgere del diritto dell’INPS ai contributi c.d. a percentuale, con conseguente decorrenza da tale momento del termine prescrizionale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, trascura di considerare che l’obbligazione tributaria e l’obbligazione contributiva, quand’anche l’efficacia del rispettivo fatto costitutivo sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento (come avviene tipicamente nel caso in esame, in cui, dopo che il contribuente ha adempiuto alla propria obbligazione nella misura che egli ritiene dovuta, gli uffici competenti intervengono con un procedimento amministrativo di secondo grado per verificare la correttezza dell’importo pagato), sono pur sempre obbligazioni la cui genesi è collegata dalla legge ad un fatto economico giuridicamente rilevante, che nel caso di specie è la produzione di un certo reddito da parte del lavoratore autonomo (L. n. 233 del 1990, art. 1, comma 4). Ed essendo pur sempre questo fatto economico giuridicamente rilevante a costituire il fatto costitutivo dell’obbligazione, oltre che il fatto determinativo della misura del debito, il procedimento di accertamento, che è procedimento di verificazione del presupposto del debito, non attinge mai la sostanza di accertamento con valore costitutivo, non creandosi per suo tramite certezze legali di alcun tipo, ma resta semplicemente un elemento condizionante l’efficacia del fatto costitutivo dell’obbligazione, nel senso che, qualora esso non sia stato definito entro il termine di prescrizione all’uopo previsto dalla legge, il fatto costitutivo dell’obbligazione legale non può più produrre i suoi effetti, salvo quelli eventualmente prodottisi per iniziativa del contribuente.

Dovendo pertanto escludersi che il fatto costitutivo dell’obbligazione di versare i contributi a percentuale possa ricollegarsi ad altro che alla produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un reddito superiore alla soglia della L. n. 233 del 1990, art. 1, comma 4, è il caso di aggiungere che a diverse conclusioni non è dato pervenire nemmeno considerando che il D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, , ha previsto che “per la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei contributi e dei premi previdenziali ed assistenziali che, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 10 (…) devono essere determinati nelle dichiarazioni dei redditi, si applicano le disposizioni previste in materia di imposte sui redditi”: trattasi infatti di disposizione che provvede al riparto delle competenze in materia di accertamento tra l’amministrazione finanziaria e gli enti previdenziali e che, come tale, non può incidere sulla struttura dell’obbligazione contributiva, per come dianzi descritta.

E’ invece fondato il secondo motivo.

Muovendo proprio dal fatto che il D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, ha demandato all’Agenzia delle Entrate un’attività di controllo sui dati denunciati dal contribuente, commettendole anche di richiedere il pagamento dei contributi e premi omessi o evasi, questa Corte ha già avuto modo di affermare che, ove il maggior contributo previdenziale dovuto sia accertato dall’Agenzia prima dello spirare del termine di prescrizione, la notifica dell’avviso di accertamento incide sia sul rapporto tributario che su quello contributivo-previdenziale, determinando l’interruzione della prescrizione anche in favore dell’INPS (Cass. n. 17769 del 2015); e trattasi di arresto cui il Collegio intende dare continuità, non potendo logicamente sostenersi che, a seguito dell’attribuzione delle potestà relative alla liquidazione, all’accertamento e alla riscossione dei contributi e dei premi previdenziali ed assistenziali, l’Agenzia delle Entrate possa essere considerata un soggetto diverso dal titolare del credito, nel senso di cui all’art. 2943 c.c..

Pertanto, considerato che la sentenza impugnata ha indicato nel 2.11.2009 la data in cui l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate sarebbe stato notificato all’odierno controricorrente (cfr. pag. 4) e ha avallato l’accertamento del primo giudice secondo cui “i contributi per l’anno 2004 avrebbero dovuto essere pagati alla scadenza del 30.6.2005 o, in caso di rateazione, entro il 30.11.2005, con conseguente maturazione del termine di prescrizione quinquennale al 30.11.2010” (cfr. pag. 3), il ricorso, assorbito il terzo motivo, va accolto per quanto di ragione. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Tenuto conto dell’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

 

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2017

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