Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13460 del 29/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 29/05/2017, (ud. 21/12/2016, dep.29/05/2017),  n. 13460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7302-2014 proposto da:

R.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

PIETROPAOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO CRESCIMBENI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

UMBRIA T.P.L. E MOBILITA’ S.P.A. P.I. (OMISSIS) (già A.T.C. –

Azienda Trasporti Consorziali Temi S.p.A), e UMBRIA MOBILITA’

ESERCIZIO S.R.L. P.I. (OMISSIS) (cessionaria del ramo d’azienda di

UMBRIA TPL e MOBILITA’) in persona dei legali rappresentanti pro

tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 25,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA GIOVANELLI,

rappresentate e difese dagli avvocati LUCIANO BROZZETTI, DANTE

DURANTI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 205/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 18/09/2013 R.G.N. 350/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. ESPOSITO LUCIA;

udito l’Avvocato ANDREA PIETROPAOLI per delega verbale PAOLO

CRESCIMBENI;

udito l’Avvocato LUCIANO BROZZETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Perugia, con sentenza del 18/9/2013, confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda avanzata da R.M. nei confronti di Umbria TPL e mobilità S.p.A. (già ATC Azienda trasporto consorziali Terni S.p.a.), diretta all’accertamento della nullità del contratto di formazione e lavoro stipulato tra le parti e alla conseguente conversione del rapporto in ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con condanna della società al pagamento degli emolumenti connessi.

2. La Corte territoriale respinse, in quanto tardivamente formulato secondo la previsione dell’art. 414 c.p.c., il rilievo in forza del quale il contratto doveva ritenersi nullo perchè stipulato dopo l’inizio dell’attività lavorativa; respinse anche la doglianza attinente alla conversione del rapporto per l’inadempimento della datrice di lavoro rispetto agli obblighi di formazione, rilevando che dall’istruttoria era emerso che la società aveva svolto attività formativa alla quale si era obbligata per contratto; respinse, altresì, l’eccezione attinente al profilo di nullità del contratto per mancata consegna del progetto di formazione e quella relativa alla dedotta superfluità della formazione medesima; rigettò, infine, la domanda del ricorrente riguardante la rivendicazione di determinate indennità (fuori nastro, agente unico e recupero produttività, nonchè buoni mensa), in quanto – ad eccezione dell’indennità di mensa, in concreto corrisposta – ritenute applicabili ai soli lavoratori a tempo indeterminato.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il R. con tre motivi. La società resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 345, 414 e 420 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che il R. abbia formulato una eccezione nuova nelle more del giudizio di primo grado. Lamenta che la Corte territoriale aveva erroneamente qualificato eccezione nuova la domanda volta ad accertare la mancanza di un contratto scritto contestualmente all’inizio del rapporto di lavoro, laddove la stessa era in realtà una mera emendatio libelli. Conseguentemente aveva errato nel ritenere tardive le relative deduzioni.

1.2. Va premesso che la ricorrente sostanzialmente lamenta un’erronea qualificazione della domanda da parte del giudice di merito (da cui deriva una nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato). Ne discende che, in mancanza di univoco riferimento da parte del ricorrente alla nullità della decisione comunque derivante da error un procedendo il motivo è inammissibile (si veda, specificamente, Cass. n. 17931 del 24/7/2013: “Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge”).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1326 c.c. e dell’art. 416 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che il contratto di lavoro de quo si fosse concluso prima della accettazione da parte del lavoratore della proposta 2/7/2001 inviata dal datore di lavoro e, in ogni caso, prima dell’inizio dell’attività lavorativa da parte del R.. Rileva che i giudici del merito erano incorsi in un errore di diritto laddove avevano ritenuto che il contratto di formazione e lavoro, per il quale era prevista la forma scritta ad substantiam, si sarebbe perfezionato con il mero invio della relativa proposta da parte del datore di lavoro, prescindendo dalla accettazione del lavoratore, in contrasto con l’art. 1326 c.c.. La Corte d’appello, pertanto, aveva errato nel ritenere che il contratto si sarebbe formato a prescindere dall’accettazione del ricorrente, prevista dalla stessa lettera di contratto. Rileva che dall’analisi del registro di protocollo dell’Azienda Trasporti Consorziali si evince che in data 2 luglio 2001 è stato spedito un contratto di formazione e lavoro a 17 destinatari, ma non si evince che tra essi ci fosse anche il ricorrente. Osserva che solo con la comparsa conclusionale la società aveva mutato il proprio assunto, affermando che la volontà delle parti era stata definita molto prima del luglio 2001 in seguito a procedura che aveva visto formarsi il contratto attraverso il bando di gara, al quale il R. aveva aderito tramite idonea domanda, partecipando alle prove selettive pratiche e sottoponendosi agli accertamenti sanitari previsti per legge. A fondamento di tale assunto aveva posto un documento non depositato al momento della costituzione in giudizio, ma prodotto solo successivamente quale scrittura di comparazione ai fini del procedimento di verificazione della firma del R., quindi privo di efficacia probatoria.

2.2. La censura presuppone logicamente la fondatezza del primo motivo di ricorso, con la conseguenza che, una volta ferma la ritenuta novità della deduzione da parte del ricorrente della questione relativa all’assenza di contestualità tra l’inizio effettivo del rapporto e la sottoscrizione del contratto, la doglianza deve ritenersi assorbita nella pronuncia d’inammissibilità del primo motivo. Va rilevato, inoltre, che, poichè il ricorrente assume che la decisione si fondi su un documento privo di efficacia probatoria perchè tardivamente prodotto, egli avrebbe dovuto correttamente denunciare un vizio in procedendo, talchè ricorre l’ipotesi di erronea sussunzione evidenziata sub 1.2.

3. Con l’ultimo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e della L. n. 863 del 1984, art. 3 comma 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la Corte d’appello non ha esaminato se la formazione ricevuta dal R. era conforme o comunque adeguata rispetto a quanto previsto nel progetto. Rileva sostanzialmente che mancherebbe la valutazione di merito in relazione progetto formativo approvato, mediante raffronto tra le risultanze istruttorie e quanto previsto nel progetto.

3.2. Il motivo è infondato. Quanto al vizio di violazione di legge, è da rilevare che la decisione della Corte territoriale fornisce ampia motivazione sul punto relativo al rispetto da parte della società dell’obbligo formativo. A seguito di puntuale e approfondito esame delle risultanze istruttorie, infatti, i giudici del merito hanno ritenuto che fosse stata offerta al lavoratore l’attività di formazione cui la datrice di lavoro si era obbligata in contratto, la quale non poteva prescindere dal contenuto del progetto formativo. Per le stesse ragioni neppure è ravvisabile alcun vizio motivazionale, dovendosi ritenere che la Corte territoriale abbia comunque valutato la circostanza che si assume essere stata omessa.

4. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va integralmente rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2017

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