Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1346 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. I, 22/01/2021, (ud. 11/09/2020, dep. 22/01/2021), n.1346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17915/2019 proposto da:

E.F., rappresentato e difeso dall’avv. Filippo Pellitteri,

del foro di Agrigento;

– ricorrente –

contro

PREFETTO AGRIGENTO;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 196/2019 del GIUDICE DI PACE di AGRIGENTO,

depositata il 25/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/09/2020 da Dott. RUSSO RITA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1.- Il ricorrente è il destinatario di un provvedimento di espulsione

emesso dal prefetto di Agrigento in data 18/2/2019. Ha proposto ricorso per omessa traduzione del decreto, per violazione del principio del non respingimento e per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, lett. B). Il giudice di pace di Agrigento ha rigettato il ricorso rilevando che dagli atti, in particolare dal foglio notizie, si evince che il soggetto parla e comprende la lingua italiana, ha indicato come lingua per le notifiche l’inglese e che comunque il provvedimento ha raggiunto il suo scopo. Osserva altresì il giudice di pace che non sussiste il presupposto per applicare la regola del non respingimento, posto che l’interessato ha presentato istanza di protezione internazionale rigettata dalla Commissione territoriale, dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Palermo; il giudice di pace ha inoltre motivato sulle ragioni per le quali non ritiene attendibile e comunque non riferibile al ricorrente il documento che dimostrerebbe che egli è ricercato per il reato di omosessualità nel suo paese (Nigeria).

2.- Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione il ricorrente affidandosi a tre motivi. Non si è costituito i l’intimata amministrazione.

Diritto

RITENUTO

Che:

3.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e dell’art. 24 Cost.. In particolare si deduce la nullità del decreto per omessa traduzione nella lingua del paese di provenienza.

Deduce il ricorrente che anche se lo straniero comprende la lingua italiana, ciò non giustifica la redazione in lingua italiana dell’atto con sommaria traduzione inglese poichè comprendere la lingua italiana non significa anche capirne la forma scritta.

Il motivo è infondato perchè il giudice di pace ha condotto un accertamento in fatto relativo non solo alla comprensione della lingua italiana da parte dell’interessato ma anche alla circostanza che lui stesso ha chiesto che le notifiche fossero redatte in lingua inglese, traendo elementi di convincimento dal foglio notizie (v. (Cass. del 31/01/2019 n. 2953; Cass. 15/05/2018, n. 11887). Di conseguenza il giudice di pace ha escluso qualsiasi violazione del diritto di difesa, valorizzando anche la circostanza che sia stata presentata rituale opposizione.

4.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e la nullità della sentenza per mancanza dei requisiti posti dall’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 c.p.c.. Si deduce la nullità del provvedimento impugnato in quanto caratterizzato da una motivazione apparente; il giudice non avrebbe effettuato alcuna concreta indagine per comprendere la veridicità della documentazione prodotta, che dimostra come egli sia esposto al rischio di persecuzione, nel suo paese, perchè è omosessuale.

Il motivo è manifestamente infondato perchè il giudice di pace ha esposto ampiamente i motivi per i quali non ritiene che il documento prodotto dalla parte sia attendibile e a lui riferibile, ed ha evidenziato altresì che la richiesta di protezione internazionale presentata dall’interessato è stata rigettata e non reiterata. L’insieme di tutte queste argomentazioni ha portato il giudice di pace ad escludere che sussista il rischio di esposizione a trattamenti inumani e degradanti nel paese di origine. Si tratta di un giudizio di fatto, di cui non si può sollecitare le revisione in questa sede.

5.- Con il terzo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, lett. B) e art. 7, deducendo che il provvedimento prefettizio di espulsione non può essere adottato nei confronti di un richiedente protezione internazionale e che egli – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di pace – si è effettivamente recato presso gli uffici della Questura di Agrigento per reiterare l’istanza di protezione internazionale e ciò in data 21 gennaio 2019, ma che appare plausibile che i funzionari della Questura abbiano commesso un errore ritenendo che egli richiedesse solo un permesso di soggiorno. Afferma che il decreto di espulsione è stato emesso dopo la sua richiesta (reiterata) di protezione, e quindi illegittimamente perchè egli avrebbe avuto diritto al permesso di soggiorno.

Il motivo è infondato.

Sul punto vi è un accertamento in fatto da parte del giudice di pace il quale afferma che la domanda di reiterazione della protezione internazionale allegata dal legale del ricorrente al ricorso in opposizione al provvedimento di espulsione non risulta essere stata presentata in Questura, e che dagli atti e dai chiarimenti resi dalla Prefettura risulta che la domanda reiterata di protezione internazionale non è stata presentata; anche questo è un accertamento in fatto che non è censurabile in questa sede; inoltre il ricorrente non trascrive neppure in ricorso il documento che, secondo la sua prospettazione, dimostrerebbe la effettiva presentazione della domanda (reiterata) di protezione internazionale. Ne consegue il rigetto del ricorso.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’intimata amministrazione.

Trattandosi di procedimento esente da ogni tassa o imposta (cfr. del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 8, che ha sostituito del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13-bis), non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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