Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1346 del 22/01/2020
Cassazione civile sez. I, 22/01/2020, (ud. 03/07/2019, dep. 22/01/2020), n.1346
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22943/2018 proposto da:
F.S., elettivamente domiciliato in Ravenna, alla via Meucci
n. 7, presso lo studio dell’Avvocato Andrea Maestri, che lo
rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, Commissione Territoriale Riconoscimento
Protezione Internazionale Bologna Sez Dist Forlì Cesena;
– intimato –
e contro
Ministero dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma
Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale dello Stato che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1685/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 19/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/07/2019 da Dott. SCORDAMAGLIA IRENE.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza pubblicata il 19 giugno 2018, accogliendo l’appello presentato dal Ministero dell’Interno avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 7 gennaio 2015, ha rigettato il ricorso di F.S. avverso il provvedimento della Commissione territoriale, anche relativamente alla protezione internazionale umanitaria.
A motivo della decisione la Corte territoriale ha rilevato come la normalizzazione democratica con rapidi progressi avviatasi in Gambia a far data dal dicembre 2016 e l’assenza di situazioni di vulnerabilità del richiedente – giovane, in buona salute, con un buon livello di scolarizzazione e con esperienza lavorativa nei campi -, in una con la sua mancanza di integrazione in Italia, rappresentassero condizioni tali da escludere il ricorrere dei presupposti per il riconoscimento della misura di protezione minore di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.
2. Il ricorso per cassazione consta di due motivi, che denunciano:
I. il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,14 e 17; D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32 e D.Lgs. n. 286 del 2008, art. 5, comma 6 e art. 19 per avere la Corte territoriale condotto una disamina miope e parziale della situazione interna del Gambia, tuttora caratterizzata da una situazione di violenza e violazione dei diritti fondamentali dei cittadini;
II. il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, rappresentato dall’integrazione socio – lavorativa del richiedente, impegnato alle dipendenze di una cooperativa di assistenza, con le mansioni di operatore.
3. L’intimato Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo è generico, essendo affidato a censure non dirette a contrastare il tenore della decisione impugnata, ma ad esprimere soltanto astratte doglianze. Tanto si riferisce, in particolare, all’assenza di una critica argomentata rispetto al contenuto specifico delle fonti qualificate compulsate dalla Corte territoriale per addivenire al giudizio circa la situazione interna del Gambia, siccome dettagliatamente indicate nelle note n. 4 e 5 alla pagina 4 della sentenza impugnata.
Nondimeno, poichè con il ricorso non è stato indicato alcun fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso e che avrebbe condotto ad una decisione differente, ma sono state richiamate esclusivamente fonti diverse rispetto a quelle tenute in considerazione dal giudice dell’appello, le censure sviluppate sono inammissibili, in quanto dirette a sollecitare una non consentita riedizione del giudizio di merito in ordine alle paventate violazioni dei diritti umani in caso di rientro nel Paese di origine.
2. Parimenti generico è il motivo che denuncia l’omesso esame del fatto relativo all’integrazione socio-lavorativa del richiedente la protezione umanitaria, non essendosi fatto riferimento in ricorso al momento processuale e alle modalità in cui il detto fatto sarebbe stato prospettato al giudice e alle altre parti.
3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Consegue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non essendo stato il ricorrente medesimo ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non essendo stato il ricorrente medesimo ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020