Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13459 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/07/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5044-2018 proposto da:

GENOVAL SRL, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SICILIA 50, presso lo studio dell’avvocato

LUIGI NAPOLITANO, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO

GIASI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NOLA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 50A, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA LAURENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato

MAURIZIO RENZULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6479/23/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 11/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO

RAGONESI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con sentenza n. 8859/16, sez. 17, accoglieva il ricorso proposto dalla Genoval srl avverso l’invito al pagamento TARI 2015.

Avverso detta decisione il Comune di Nola proponeva appello innanzi alla CTR Campania che, con sentenza 6479/23/2017, accoglieva l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la società contribuente sulla base di cinque motivi.

Ha resistito con controricorso il Comune di Nola.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi quattro motivi di ricorso la società ricorrente deduce in un’unica rubrica i seguenti vizi: “ERROR IN IUDICANDO VIOLAZIONE DELL’ART. 360 c.p.c. nn. 3, 4 E 5, IN RELAZIONE ALLA VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA L. n. 147 del 2013, ART. 1 COMMI 641, 656 E 657, E SUCC. MOD., IN RELAZIONE ALLA VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.L. n. 201 de 2011, ART. 14, CONV. IN L. n. 214 del 2011, IN RELAZIONE ALLA VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.Lgs. n. 507 del 1993, ART. 59.

VIOLAZIONE DELLE DELIB. DI G.C. n. 72 del 2014, E DELIB. n. 75 del 2013, DELLA DELIB. COMMISSARIALE DEL COMUNE DI NOLA n. 90 del 1994, ART. 2, E DELLA DELIB. CONSILIARE n. 66 1998. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA DETERMINA DIRIGENZIALE DEL COMUNE DI NOLA IN DATA 18 maggio 2010. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.Lgs. n. 152 del 2006. ECCESSO DI POTERE PER PRESUPPOSTO ERRONEO. CONTRASTO CON i PRECEDENTI. CONTRADDITTORIETA’. ILLOGICITA. SVIAMENTO.”.

Con il quinto motivo lamenta i seguenti identici vizi.

: “ERROR IN IUDICANDO, VIOLAZIONE DELL’ART. 360 c.p.c., nn. 3, 4 E 5, IN RELAZIONE ALLA VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA L. 147 del 2013, ART. 1, COMMI 641, 656 E 657, E SUCC. MOD., IN RELAZIONE ALLA VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.L. n. 201 del 2011, ART. 14, CONV. IN L. n. 214 del 2011, IN RELAZIONE ALLA VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.Lgs. n. 507 del 1993, ART. 59. VIOLAZIONE DELLE DELIBERE DI G.C. n. 72 2014, E DELIB. n. 75 del 2013, DELLA DELIB. COMMISSARIALE DEL COMUNE DI NOLA n. 90 del 1994, ART. 2, E DELLA DELIB. CONSILIARE n. 66 1998. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA DET. DIRIG. DEL COMUNE DI NOLA IN DATA 18 maggio 2010, VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.Lgs. n. 152 del 2006. ECCESSO DI POTERE PER PRESUPPOSTO ERRONEO. CONTRASTO CON i PRECEDENTI. CONTRADDITTORIETA. ILLOGICITA. SVIAMENTO.”.

Per quanto riguarda in particolare i primi quattro motivi, si osserva che gli stessi vengono successivamente esposti dopo il primo con i nn.: 2 Segue, 3 Segue,4 Segue.

Tale distinzione rende non chiaro quali siano i rispettivi motivi nè se a ciascuno di essi si riferisce l’intera rubrica di censure per violazione di legge o vizio di motivazione dianzi indicata oppure solo alcune parti di essa e, in tal caso, quale o quali.

Tutto ciò rende i predetti motivi inammissibili non essendo adeguatamente specificato quali siano le censure di violazione di legge e/o di motivazione riferite a ciascun motivo.

Si aggiunge a tale proposito, che questa Corte ha già avuto occasione di affermare che “è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse. (Cass. 26874/18).

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per ciò che concerne il quinto motivo che propone tutti i vizi dianzi riportati mescolando violazioni di legge e vizi di motivazione.

Il Collegio, ancorchè superfluamente, ritiene comunque di dovere aggiungere che, in ogni caso, i singoli motivi sono inammissibili anche a volerli considerare singolarmente.

Quanto al primo motivo, con il quale si deduce, tra l’altro, l’erronea interpretazione del capitolato di appalto del servizio di raccolta e smistamento dei rifiuti, non viene fatto alcun riferimento alle norme interpretative (art. 1362 c.c., e segg.), che si assumono violate (Cass. sez. un. 471/15).

Il motivo tende, inoltre, a prospettare inammissibilmente una diversa valutazione delle circostanze effettuando una diversa ricostruzione in fatto non consentita e facendo riferimento a elementi che non vengono in alcun modo ritrascritti e riportati nel ricorso, in particolare, non viene riportato il testo del contratto di appalto in questione.

E’ nota a tale proposito la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui qualora, con il ricorso per cassazione, venga fatta valere la inesatta interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso, a riportare nello stesso il testo della fonte pattizia invocata, al fine di consentirne il controllo al giudice di legittimità, che non può sopperire alle lacune dell’atto di impugnazione con indagini integrative. (Cass. 6735/19).

Quanto al secondo motivo, lo stesso deduce elementi di fatto non valutabili da questa Corte e che non risultano esaminati dalla sentenza impugnata.

Anche in tale motivo, infatti, viene fatto riferimento a contratti di appalto di cui uno, più recente, con la società Buttol ed altri precedenti con la società Campania Felix nonchè ad una transazione intervenuta sulle annualità 2006/2009 di cui non viene riportato il testo in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso dianzi indicato e dei quali questa Corte non ha contezza alcuna non avendo accesso agli atti della fase di merito.

Con il terzo motivo si deducono circostanze relative ai costi del contratto in corso con la società Buttol ed i presunti ricavi del comune dall’applicazione della TARI nonchè ad una Delib. n. 413 del 2010.

Anche in tale caso si tratta di circostanze di fatto di cui non vengono trascritti, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, i documenti sui quali esse si fondano, senza dire che esula dall’oggetto della controversia la valutazione dei costi e delle entrate del Comune di Nola nel servizio di smaltimento dei rifiuti.

Il quarto motivo lamenta la mancata applicazione di una tariffa ridotta da parte del Comune in ragione dell’assunto fondato sul mancato servizio facendo riferimento a precedenti decisioni della CTP Napoli e della CTR Campania nonchè a dichiarazioni di addetti al servizio di vigilanza privata all’interno dell’interporto.

Premesso che i precedenti giurisprudenziali riferiti a diversi anni d’imposta non sono in grado di costituire cosa giudicata, anche in questo caso si ripropone una questione di merito circa l’avvenuto assolvimento dello smaltimento dei rifiuti facendo riferimento a dichiarazioni di addetti alla vigilanza che non vengono in alcun modo riportate nel ricorso in violazione del più volte citato principio di autosufficienza.

Quanto al quinto motivo, come si è già detto, la sua inammissibilità deriva dalla proposizione congiunta di censure che investono violazione di legge e la motivazione.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2.300,00 oltre 15% spese forfettarie ed accessori. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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