Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13455 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 03/06/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 03/06/2010), n.13455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo rappresenta e

difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6177/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/10/2005 R.G.N. 10692/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 9318/2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma rigettava la domanda, proposta da B.F. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria della illegittimita’ del termine apposto al contratto stipulato tra le parti “per necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie” per il periodo dal 10-8-1998 al 30-9-1998 (con proroga), con la costituzione tra le parti di un rapporto a tempo indeterminato, con il ripristino del rapporto e con la condanna della societa’ al pagamento delle retribuzioni dovute.

Il B. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con raccoglimento della domanda.

La societa’ appellata si costituiva resistendo al gravame.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 20-10-2005, in accoglimento dell’appello, dichiarava la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 10-8-1998 e condannava la s.p.a. Poste Italiane al pagamento delle retribuzioni dovute dal 22-9-2000 nella misura indicata, oltre accessori e spese.

Per la cassazione di tale sentenza la societa’ ha proposto ricorso con tre motivi.

Il B. ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la societa’ ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1372 c.c., comma 1, degli artt. 1175, 1375, 2697, 1427, 1431 c.c., dell’art. 100 c.p.c. nonche’ vizio di motivazione, in sostanza lamenta che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente valutato la eccezione di risoluzione per mutuo consenso tacito scaturente dalla prolungata inerzia del lavoratore, che non poteva che essere interpretata come espressione di un definitivo disinteresse a far valere la presunta nullita’ parziale del contratto.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e dell’art. 1362 c.c. e segg. in sostanza censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che fosse necessario che il contratto individuale a tempo indeterminato indicasse il nominativo dei lavoratori sostituiti per ferie e il relativo periodo dell’assenza.

Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando formalmente gli stessi vizi, lamenta che la Corte di Appello di Roma “si e’ spinta a pretendere la specificazione – nel contratto – del tempo della sostituzione e dell’unita’ produttiva nella quale la sostituzione si rende necessaria, con l’obiettivo di soggettivizzare una clausola contrattuale (voluta dalle parti in senso generale), rendendola praticamente inutilizzabile” e deduce che l’autorizzazione conferita dalla norma collettiva contemplava “quale unico presupposto per la sua operativita’ l’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie”.

Il secondo e il terzo motivo, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, risultano fondati e vanno accolti, cosi’ restando assorbito il primo motivo.

Questa Corte Suprema (cfr., da ultimo, Cass. 2 marzo 2007 n. 4933), decidendo su una fattispecie sostanzialmente simile a quella in esame (contratto a termine stipulato ex art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, in relazione alla necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre) ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza dell’obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva.

In particolare la violazione di norme di diritto e’ stata individuata nella statuizione con la quale la sentenza di merito ha negato che l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva fosse del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie; tale statuizione del giudice di merito si pone in contrasto col principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588) secondo cui la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 che demanda alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche nonche’ dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge.

Inoltre altre decisioni di questa Suprema Corte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678, Cass. 7-3-2008 n. 6204) hanno confermato la decisione di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operativita’ fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Infine e’ stato anche affermato (v. Cass. 28-3-2008 n. 8122) che “l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 ccnl 26-11-1994) e’ quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operativita’ l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonche’ la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unita’ organizzativa alla quale lo stesso e’ stato destinato”.

Il sopra citato orientamento, ormai costante, di questa Corte deve essere pienamente confermato atteso che le tesi difensive che si sono confrontate nelle fasi di merito, quelle oggi proposte all’attenzione della Corte e, infine, le ragioni esposte nella sentenza impugnata non sono sorrette da argomenti che non siano gia’ stati scrutinati nelle ricordate decisioni o che propongano aspetti di tale gravita’ da esonerare la Corte dal dovere di fedelta’ ai propri precedenti, pur riguardanti la interpretazione di norme collettive (cfr. Cass. 29- 7-2005 n. 15969, Cass. 21-3-2007 n. 6703).

Il ricorso va, pertanto accolto e la impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, la quale provvedera’ al riesame attenendosi ai principi sopra richiamati e statuira’ anche sulle spese di legittimita’.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

 

 

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