Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1345 del 22/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1345 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza
in forma semplificata

sul ricorso proposto da:
BUTA’ Angelo, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Isabella Casales Mangano, con domicilio per legge presso la cancelleria civile della
Corte di cassazione, piazza Cavour;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– resistente –

Data pubblicazione: 22/01/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta n.
588/12 depositato il 27 agosto 2012.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

curatore Generale dott. Aurelio Golia, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Ritenuto

che la Corte d’appello di Caltanissetta, con de-

creto in data 27 agosto 2012 a scioglimento della riserva in
data 18 giugno 2012, ha condannato il Ministero dell’economia
e delle finanze al pagamento, in favore di Angelo Butà, della
somma di euro 3.250, oltre accessori, a titolo di equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo svoltosi dinanzi alla Corte
dei conti, sezione giurisdizionale per la Sicilia;
che la Corte territoriale ha posto a carico del soccombente
Ministero 1/3 delle spese processuali (liquidate, per
l’intero, in euro 1.086,63, di cui euro 100 per esborsi, euro
577 per diritti ed euro 300 per onorari, oltre a euro 109,63
per spese generali e ad accessori di legge), con distrazione
in favore del difensore antistatario;
che la compensazione dei restanti 2/3 delle spese è motivata dalla Corte d’appello in considerazione dell’accoglimento
solo parziale della domanda, giacché la richiesta di parte ri-

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Giusti;

corrente era di un importo superiore a titolo di equa riparazione;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello Angelo Butà ha proposto ricorso, con atto notificato il 6 marzo

che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione ai fini
dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché motivazione insufficiente e contraddittoria, in relazione all’art. 360, primo
comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) ci si duole che la Corte
d’appello abbia compensato per i 2/3 le spese processuali, e
ciò nonostante la modestia dello scarto tra l’importo liquidato dal giudice e quello richiesto (avendo il ricorrente domandato alla Corte d’appello un indennizzo pari ad euro 4.000,
calcolato in ragione di euro 1.000 per ciascun anno di ritardo, ed avendo la Corte territoriale liquidato l’importo di euro 3.250 per essersi limitata ad adottare un parametro indennitario leggermente più basso, pari ad euro 750 per ciascuno
dei primi tre anni di ritardo);
che la censura è fondata;

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2013, sulla base di due motivi, illustrati con memoria;

che non v’è dubbio che la nozione di soccombenza reciproca,
che consente la compensazione parziale o totale tra le parti
delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc.
civ.), comprende anche l’accoglimento parziale dell’unica do-

ramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un
unico capo (Cass., Sez. III, 21 ottobre 2009, n. 22381);
che, tuttavia, la motivazione alla base della disposta compensazione per i 2/3 delle spese di lite si appalesa priva di
logica ragionevolezza, posto che nella specie non vi è stato
alcun rilevante scarto (Cass., Sez. VI-1, 17 giugno 2012, n.
617) tra l’importo richiesto dalla parte istante e quello riconosciuto dalla Corte territoriale;
che, inoltre, l’ampiezza della dichiarata compensazione tra l’altro di gran lunga eccedente il divario percentuale
sussistente tra l’indennizzo domandato (pari ad euro 1.000 per
anno di ritardo, quindi entro i limiti dei parametri CEDU applicati dalla giurisprudenza di questa Corte) e quello liquidato – finisce con il risolversi nella sostanziale vanificazione della soccombenza dell’Amministrazione convenuta, che,
invece, deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il
profilo della suddivisione del carico delle spese per non rendere vuota la tutela accordata;
che il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6, primo comma, della tariffa forense

manda proposta, quando la parzialità dell’accoglimento sia me-

per le prestazioni giudiziali in materia civile, amministrativa e tributaria, contenuta nella delibera del consiglio nazionale forense, approvata con d.m. 8 aprile 2004, n. 127, nonché
omessa motivazione;

corrispondano al valore della causa ed alla tariffa applicabi-

ch il motivo è iùfòftdiato;
che, infatti, per un verso è corretta la determinazione del
valore della controversia, al fine del rimborso delle spese di
lite, con riferimento allo scaglione fino ad euro 5.200, giacché nella specie l’avvocato ha difeso nel processo più persone
aventi la stessa posizione processuale (nel giudizio di merito
essendovi altri istanti accanto ad Angelo Butà), sicché, ai
sensi dell’art. 5 della tariffa, non si dà luogo al cumulo
delle domande proposte;
che, d’altra parte, l’importo liquidato non viola alcun minimo tariffario, giacché questa Corte, allorquando decide nel
merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. le controversie
di cui alla legge n. 89 del 2001, è solita liquidare, con riferimento a controversie il cui valore sia compreso, in relazione al

decisum,

come nella specie, tra euro 2.600 ed euro

5.200, un importo di euro 873, di cui euro 50 per esborsi, euro 445 per diritti ed euro 378 per onorari, complessivamente
inferiore, quindi, a quello determinato dal giudice a quo;

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che, con esso, ci si duole che gli importi liquidati non

che il decreto impugnato è quindi cassato limitatamente al
capo delle spese, nei limiti della censura accolta;
che la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la condanna del

l’intero, delle spese processuali sostenute dal ricorrente nel
giudizio di merito, nell’importo già liquidato dalla Corte
territoriale;
che le spese del giudizio di cassazione, stante
l’accoglimento solo parziale del ricorso, seguono la soccombenza per metà, mentre vanno compensate per la restante parte;
che anche le spese del giudizio di cassazione, liquidate
come da dispositivo, devono essere distratte in favore del difensore della parte ricorrente, dichiaratosi antistatario.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il
secondo,

cassa il decreto impugnato, in relazione alla censura

accolta, limitatamente al capo delle spese e,
merito,

decidendo nel

condanna il Ministero dell’economia e delle finanze al

pagamento, in favore del ricorrente, delle spese processuali
per l’intero, nell’importo già liquidato dalla Corte d’appello
e con distrazione in favore dell’Avv. Isabella Casales Mangacondanna il Ministero alla ri-

no, dichiaratasi antistataria;

fusione delle spese, altresì, di metà delle spese del giudizio
di cassazione, compensata la restante parte, spese liquidate,

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Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, per

nell’intero, in euro 556,25, di cui euro 50 per esborsi ed euro 506,25 per compensi, oltre agli accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del difensore antistatario,
Avv. Isabella Casales Mangano.

Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2

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