Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13445 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9112-2019 proposto da:

(OMISSIS) a r.l., in liquidazione, in persona del liquidatore p.t.,

elettivamente domiciliato in ROMA, in via UGO DE CAROLIS 34-B,

presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CECCONI, rappresentato e

difeso dall’avvocato DARIO CUOMO, con procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del direttore

pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, in via DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

CURATELA del FALLIMENTO della (OMISSIS) a r.l., IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 18/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La (OMISSIS) a r.l. propose reclamo avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Torre Annunziata che ne aveva dichiarato il fallimento il (OMISSIS), su ricorso di Equitalia s.p.a., per il mancato pagamento della somma di Euro 589.289,74 a titolo di tributi erariali, eccependo che il credito azionato era documentato da cartelle esattoriali illegittimamente notificate mediante il deposito presso la casa comunale, anzichè al liquidatore della società.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza emessa il 9.3.17, dichiarò inammissibile il reclamo in quanto proposto da società ormai inesistente e non dal suo liquidatore o dai soci, in quanto cancellata dal registro delle imprese dal 17.9.15, soggiungendo che, in ogni caso, il reclamo era infondato essendo state ritualmente notificate le cartelle esattoriali del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60.

Proposto ricorso per cassazione avverso tale pronuncia, con sentenza del 21.6.18 la Suprema Corte, accogliendo uno dei motivi del ricorso, dichiarati inammissibili gli altri, cassò la sentenza impugnata, affermando il principio secondo il quale la previsione di cui all’art. 10 L. Fall. – sul fallimento entro l’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese – implicava che il procedimento prefallimentare e le eventuali fasi impugnatorie continuavano a svolgersi, per fictio juris, nei confronti della società estinta, non perdendo quest’ultima la propria capacità processuale. La Cassazione censurava altresì la sentenza impugnata nella parte in cui, dichiarata l’inammissibilità del reclamo, lo aveva comunque rigettato.

La Medio Sarno riassunse il giudizio; si costituì l’Agenzia delle Entrate.

Con sentenza emessa il 6.2.19, la Corte d’appello rigettò il reclamo, osservando che: premesso che la reclamante aveva contestato la sussistenza dei requisiti dimensionali per la dichiarazione di fallimento, ritenuta sulla base dell’entità dei crediti azionati dall’ente fiscale, la Medio Sarno aveva lamentato che le cartelle non erano state correttamente notificate nei confronti del liquidatore, ex art. 145 c.p.c., comma 1, bensì attraverso il deposito degli atti presso la casa comunale; risultava dagli atti incontestato che tali cartelle erano state notificate presso la sede legale indicata nel registro delle imprese a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60; la doglianza circa il mancato tentativo di notifica delle cartelle con pec all’indirizzo della società era infondata, in quanto, premesso che all’epoca dei fatti la notifica a mezzo pec era una mera facoltà, il predetto art. 60 non escludeva l’applicabilità dell’art. 140 c.p.c. e non prevedeva, comunque, una diversa disciplina rispetto alle norme del c.p.c., stante il richiamo agli artt. 137 e ss.; nella fattispecie, risultando che il contribuente si era trasferito in luogo sconosciuto, poichè l’art. 143 c.p.c., non è richiamato dal cit. art. 60, era dunque applicabile quest’ultima norma, alla lett. e) secondo la quale poichè il liquidatore irreperibile si era trasferito in comune diverso da quello in cui era ubicato il domicilio fiscale della società, era da ritenere corretta la notifica delle cartelle attraverso l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo comunale.

La (OMISSIS) a r.l. in liquidazione ricorre di nuovo in cassazione con due motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. Non si è costituita la curatela fallimentare.

Diritto

RITENUTO

che:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 15 L. Fall., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), della L. n. 281 del 2009, art. 16, comma 6, relativamente alla parte della sentenza impugnata nella quale la Corte territoriale ha escluso l’obbligatorietà della notifica alle società con pec, pur sancita dalla L. n. 28 del 2009, art. 16. Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 1, in quanto, avendo la Corte di merito erroneamente ritenute legittime le notifiche delle cartelle esattoriali, ha del pari illegittimamente dichiarato il fallimento della società, considerato che dall’esame dei bilanci dal 2012 emergeva l’insussistenza dei presupposti del fallimento, sotto il profilo dell’entità dei debiti, inferiori ad Euro 500.000,00 nel triennio anteriore al ricorso per fallimento.

Il primo motivo è infondato. Premesso che la doglianza riguarda il solo profilo dell’illegittimità della notificazione delle cartelle perchè non effettuata tramite la pec (mentre nei gradi di merito era stata contestata anche l’erronea applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60), va osservato che la notificazione delle cartelle esattoriali tramite pec non costituisce un obbligo, come reso evidente dall’impiego della locuzione “può, di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 2, in alternativa alle modalità tradizionali di cui al comma 1, ma solo una facoltà.

Il secondo motivo è da ritenere assorbito dal rigetto del primo.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 5100,00 di cui 100,00 per esborsi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma l quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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