Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13443 del 29/05/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 13443 Anno 2013
Presidente: TRIFONE FRANCESCO
Relatore: UCCELLA FULVIO
SENTENZA
sul ricorso 23300-2007 proposto da:
SAUNA CENTER DI ERBA GIOVANNI & C. S.N.C., in persona
del socio-amministratore sig. GIOVANNI ERBA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 12
SC. A-4, presso lo studio dell’avvocato DI LORENZO
FRANCO, che la rappresenta e difende giusta delega in
2013
atti;
– ricorrente –
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contro
TOMASELLA ROBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
V.LE ANGELICO 12, presso lo studio dell’avvocato
Data pubblicazione: 29/05/2013
MARVASI TOMMASO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ERBA ANTONIO giusta delega in
atti;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 1558/2007 della CORTE
496/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. FULVIO
UCCELLA;
udito l’Avvocato FRANCO DI LORENZO;
udito l’Avvocato ANTONIO ERBA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
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D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/07/2007 R.G.N.
Svolgimento del processo
Con sentenza 2 ottobre 2004 il Tribunale di Monza aveva
accolto la domanda proposta da SAUNA CENTER s.n.c. nei
confronti di Roberto Tomasella, onde sentire dichiarare
inefficace per violazione del diritto di prelazione la vendita
respinto, tra l’altro, la domanda riconvenzionale dispiegata
dal Tomasella nei confronti dell’attrice per sfratto per
finita locazione e per mancato pagamento dei canoni.
Su gravame del Tomasella la Corte di appello di Milano il 3
luglio 2007 ha riformato la sentenza di prime cure e, quindi,
ha respinto la domanda della Sauna Center, dichiarando risolto
il contratto di locazione per inadempimento della Sauna
Center e condannando la stessa al rilascio dell’immobile entro
il 31 agosto 2007, oltre alle spese dei due gradi del
giudizio.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la
Sauna Center, affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il Tomasella.
Motivi della decisione
1.Con l’ unico motivo ( art.360 n.5 c.p.c.-insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio ), la società ricorrente specifica
che il fatto controverso e decisivo ( art.360 bis c.p.c. )
attiene all’ esistenza in capo al conduttore del diritto di
prelazione di cui all’ art.38 della legge n.392/78, spettante
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effettuata dagli eredi Arosio a favore del Tomasella e aveva
solo al conduttore dell’ immobile che comporta diretto ed
immediato contatto con il pubblico.
A differenza di quanto ritenuto dal Tribunale ( della cui
sentenza riporta una frase argomentativa-p.4 della sentenza- a
p.5 del ricorso), la ricorrente evidenzia che dal semplice
letteralmente sugli specchi” il giudice dell’ appello avrebbe
fornito una lettura delle deposizioni dei testi ( Rossi,
Ghislandi e Meroni ) diametralmente opposta a ciò che
medesimi testi hanno voluto dire ( e che è stato, invece,
correttamente inteso dal primo giudice) con conseguenze
logico-giuridiche assolutamente inidonee a giustificare le
conclusioni cui giungono.
In altri termini, il ragionamento sviluppato dai giudice
dell’appello si fonderebbe su asserzioni indimostrate, atteso
che “una pur modesta ( ma come si è detto non provata)
frequentazione di clienti negli affari al primo piano varrebbe
al più a significare un andamento negativo degli affari, non
certamente ad escludere l’ attività comportante contatti con
il pubblico” ( p.13 ricorso ).
2.-Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.
Da tutta la illustrazione del motivo emerge
ictu ocu/l,
ed
anche per il richiamo che la ricorrente fa alla decisione di
primo grado a lei favorevole, che in realtà la doglianza
attiene alla diversa valutazione del materiale probatorio,
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esame della sentenza impugnata emergerebbe che “arrampicandosi
effettuata in modo difforme da quella che essa stessa ritiene
corretta.
In buona sostanza la ricorrente richiede un riesame delle
prove assunte, che, come è noto, non è consentito in sede di
legittimità.
preteso, rispetto a quello operato dal giudice del merito, non
configura il vizio motivazionale denunciato ( giurisprudenza
costante ).
E tanto basterebbe per il rigetto della censura.
Ma, vi è di più.
Il motivo non presenta il momento di sintesi espressivo della
chiara indicazione cui allude l’art.366 bis c.p.c. per cui,
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la Corte /posta in grado di comprendere dalla lettura del
quesito di fatto quale sia l’ errore commesso dal giudice a
quo
( Cass.n.24255/11 ).
Peraltro, l’ eventuale errore in cui sarebbe il giudice del
merito non andava censurato sotto il profilo motivazionale, ma
come errore di diritto per violazione e/ o falsa applicazione
della disciplina reclamata, come applicabile, dalla
ricorrente.
Né a questa omissione può porre riparo il Collegio stante la
chiara formulazione in cui si concreta la censura.
Ed, infine, nessuna violazione di norme di diritto si
rinviene,
allorché si legge l’argomentare del giudice
dell’appello che, proprio in base alle circostanze dedotte e
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Di vero, l’ apprezzamento dei fatti e delle prove, così come
provate ha potuto statuire in modo diverso dal primo giudice
con considerazioni che sono appaganti sotto ogni profilo
(v.p.9-11 sentenza impugnata).
Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese, che seguono
la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano
in euro 4000, di cui euro 200 per spese, oltre accessori come
per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 aprile
2013.
P.Q.M.