Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13442 del 03/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 03/06/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 03/06/2010), n.13442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9381-2007 proposto da:

M.A., M.G., domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato LO VETRI GIUSEPPE

ANTONIO SALVATORE, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO LELIO,

CORRERA’ FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in calce alla

copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 83/2006 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 22/03/2006 R.G.N. 221/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato CALIULO LUIGI per delega CORETTI ANTONIETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per inammissibilità del ricorso e in

subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con separati ricorsi, riuniti in corso di causa, depositati il 6.03.1998, le sorelle M.A. e G. impugnavano, avanti l’allora Pretura di Enna, la loro cancellazione dagli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli, rispettivamente, per gli anni dal 1989 al 1993 e per gli anni dal 1989 al 1994, cancellazione disposta, su richiesta dell’I.N.P.S., da dirigente la Sezione Comunale del lavoro di Calascibetta e comunicata, rispettivamente, con nota 17.01.1996 n. 337 e con nota 24.07.1995 n. 2225.

Costituitasi in giudizio, l’I.N.P.S. chiedeva il rigetto del ricorso.

Assunte le prove per testi articolate dalle parti, i due ricorsi riuniti sono stati decisi con la sentenza n. 173/04, con la quale il Giudice del Lavoro del Tribunale di Enna, accoglieva il ricorso statuendo che le ricorrenti avevano diritto all’iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli per gli anni di cui sopra.

2. Con ricorso depositato in data 24.08.04, l’I.N.P.S. proponeva appello avverso detta sentenza eccependo in via preliminare, la decadenza dall’azione, risultando, a suo dire, la domanda proposta oltre il termine di cui al D.L. n. 7 del 1970, art. 22 convertito in L. n. 83 del 1970. Nel merito rilevava che gli accertamenti eseguiti imponevano di ritenere la insussistenza del vincolo di subordinazione tra lavoratori e datore di lavoro.

Costituitesi in giudizio, le esponenti rilevavano che la L. n. 83 del 1970 doveva ritenersi implicitamente abrogata dal D.Lgs. n. 375 del 1993, che aveva ridisciplinato l’intera materia, ed al quale facevano riferimento, tra l’altro, le comunicazioni che informavano il lavoratore del tacito rigetto del ricorso proposto in via amministrativa. Deducevano le ricorrenti che l’I.N.P.S. non aveva fornito la prova della pubblicazione degli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli e che in ogni caso, la pubblicazione non ha valore di notifica. Nel merito deducevano che le relazioni degli Ispettori dell’INPS non potevano essere utilizzate perchè in contrasto anche con il D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 8 così come modificato dalla L. n. 608 del 1996, il quale, nella buona sostanza, imponeva agli organi di controllo di acquisire dati obiettivi, sia dai datori di lavoro che presso gli uffici pubblici.

3. Con la sentenza n. 83/06, emessa il 8.02.2006 e depositata il 22.03.06, la Sezione Lavoro della Corte d’Appello di Caltanissetta accoglieva il proposto appello e, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiarava l’inammissibilità della domanda proposta da M. A. e M.G., con ricorso al Tribunale di Enna del 6.3.1998.

Riteneva, infatti, la Corte territoriale che il termine di cui al D.L. n. 7 del 1970, art. 22 costituisse una decadenza sostanziale non suscettibile di sanatoria L. n. 533 del 1973, ex art. 8; e che la L. n. 83 del 1970 non era stata, neppure parzialmente, implicitamente abrogata dalla L. n. 375 del 1993. In ogni caso, secondo la sentenza impugnata, le prove raccolte nel corso del giudizio non consentivano di affermare con certezza che quello intercorso tra le parti fosse stato un rapporto di lavoro subordinato, alla luce anche della presunzione di gratuità della prestazione resa fra familiari.

4. Contro questa sentenza ricorrono per cassazione le sig.re M. con tre motivi.

L’INPS ha depositato delega.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, articolato in tre motivi, le ricorrenti denunciano rispettivamente la violazione e falsa applicazione della L. n. 83 del 1970 in relazione alla L. n. 553 del 1973, art. 8 e dall’art. 148 disp. att. c.p.c. sostenendo che ha errato la Corte d’appello di Caltanissetta a dichiarare la inammissibilità dell’azione da loro proposta. Infatti la L. n. 553 del 1973, art. 8 e l’art 148 disp. att. c.p.c., hanno rimosso sia i termini di decadenza contenuti nella procedura amministrativa, sia quelli che pur se estranei allo stretto ambito della medesima – come i termini posti per l’inizio dell’azione giudiziaria – possono ritenersi strettamente collegati.

Deducono poi la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 cit.

sostenendo che la L. n. 83 del 1970, art. 17 prevede il silenzio accoglimento, mentre la L. n. 375 del 1993 prevede il silenzio rigetto sicchè la prima deve ritenersi abrogata.

Infine le ricorrenti denunciano l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa la sussistenza del rapporto di lavoro. Rilevano che la L. n. 83 del 1970, art. 10 prevede la possibilità di procedere alla assunzione diretta dei parenti entro il terzo grado, come forma di agevolazione per gli imprenditori agricoli.

2. Il ricorso – i cui tre motivi possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

L’impugnata sentenza si regge su una doppia ratio decidendi.

2.1. Da una parte ha ritenuto sussistere la decadenza di cui all’art. 22 cit.; affermazione questa corretta perchè in linea con la giurisprudenza di questa Corte Cfr. da ultimo Cass., sez. lav., 6 luglio 2009, n. 15813, che, proprio in tema di iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli, ha affermato che l’inosservanza del termine di centoventi giorni previsto dal D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22 convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 1970, n. 83, per la proposizione dell’azione giudiziaria a seguito della notifica o presa di conoscenza del provvedimento definitivo di iscrizione o mancata iscrizione nei predetti elenchi, ovvero di cancellazione dagli stessi – conformemente ad una interpretazione ritenuta costituzionalmente legittima dalla sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2005, in relazione all’esigenza di accertare nel più breve tempo possibile la sussistenza del diritto all’iscrizione – determina la decadenza sostanziale del privato, non suscettibile come tale di sanatoria della L. n. 533 del 1973, ex art. 8. Cfr. anche Cass., sez. lav., 3 aprile 2008, n. 8650, che ha puntualizzato che il suddetto termine decadenziale di centoventi giorni per l’esercizio dell’azione giudiziaria decorre dalla notifica all’interessato del provvedimento conclusivo ove adottato nei termini previsti dal D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11 ovvero dalla scadenza dei medesimi termini, previsti per la pronuncia della decisione, nel caso del loro inutile decorso, assumendo l’inerzia dell’autorità amministrativa valore di provvedimento tacito di rigetto, conosciuto “ex lege” dall’interessato.

2.2. D’altra parte la seconda ratio decidendi dell’impugnata sentenza, che valutando le risultanze processuali ha ritenuto non provato l’allegato rapporto di lavoro subordinato tra le ricorrenti ed il loro comune genitore, si fonda su apprezzamenti di fatto devoluti al giudice di merito e non censurabili in sede di legittimità in quanto assistiti da motivazione sufficiente e non contraddittoria. Del resto, a fronte della motivazione puntuale dell’impugnata sentenza, le ricorrenti si sono in sostanza limitate ad affermare la compatibilità del vincolo genitoriale con la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato; rilievo questo corretto si, ma generico ed inidoneo ad inficiare la sufficienza e non contraddittorietà dell’impugnata sentenza.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese di lite ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nuovamente vigente a seguito di C. cost. n. 134 del 1994, non trovando applicazione ratione temporis il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010

 

 

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