Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13441 del 03/06/2010
Cassazione civile sez. lav., 03/06/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 03/06/2010), n.13441
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –
Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9531-2007 proposto da:
A.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIRSO
90, presso lo studio dell’avvocato PATRIZI GIOVANNI, che la
rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI
CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta delega in calce
controricorso;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1363/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 20/03/2006 R.G.N. 1176/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
03/03/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La sig.ra A.V. in data 28.11.2000 presentava domanda di invalidità civile, al fine di ottenere la indennità di accompagnamento. Visitata il (OMISSIS) venne riconosciuta invalida al 100%, ma senza il diritto alla indennità di accompagnamento.
Esperito senza esito il ricorso amministrativo, la sig.ra A. convenne avanti al Tribunale di Roma l’INPS e il Ministero dell’Economia per veder riconosciuto giudizialmente il proprio diritto.
Dopo la costituzione dei convenuti, esperita una CTU medicolegale, il Tribunale, con la sent. n. 38581 del 2003 ha respinto la domanda giudiziale, aderendo integralmente al parere espresso dal consulente d’ufficio, nonchè alle relative argomentazioni. In particolare il c.t.u. dr. B. aveva concluso il suo elaborato affermando che la ricorrente non versava nelle condizioni sanitarie di legge per l’ottenimento della indennità di accompagnamento.
2. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello la A., denunciando quelle che riteneva essere le carenze della c.t.u..
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 13 febbraio – 20 marzo 2006, ha respinto l’appello, senza rinnovare la consulenza.
Secondo la Corte di Appello le critiche rivolte all’operato del c.t.u. erano del tutto apodittiche e meramente assertive, laddove si limitano ad affermare, ad esempio, che in realtà la situazione della A. era più grave di quanto avesse ritenuto il c.t.u..
3. Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione l’originaria ricorrente.
Resiste con controricorso l’INPS, mentre non ha svolto difesa alcuna il Ministero intimato.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c. per non aver considerato il certificato del (OMISSIS) della ASL che documentava un deficit cognitivo serio.
2. Il ricorso è infondato.
Questa Corte (Cass., sez. lav., 16 aprile 2008, n. 9981) ha più volte affermato che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie del lavoratore assicurato, le conclusioni del c.t.u. possono essere contestate in sede di legittimità solo se le relative censure contengano la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico-legale rientrante tra i vizi deducibili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c.; in mancanza di detti presupposti come nella specie – le censure configurano un mero dissenso diagnostico e, quindi, sono inammissibili in sede di legittimità.
3. Il ricorso va quindi rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese di lite ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nuovamente vigente a seguito di C. cost. n. 134 del 1994, non trovando applicazione ratione temporis il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010