Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1344 del 22/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1344 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza
in forma semplificata

sul ricorso proposto da:
GABRIELE Maria, VADALA’ Carmela e DI GIOVANNA Maria, rappresentate e difese, in forza di procura speciale a margine del
ricorso, dall’Avv. Isabella Casales Mangano, con domicilio per
legge presso la cancelleria civile della Corte di cassazione,
piazza Cavour;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELlì FINANZE, in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorso –

455o 1

Data pubblicazione: 22/01/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta n.
590/12 depositato il 27 agosto 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio Golia, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Ritenuto

che la Corte d’appello di Caltanissetta, con de-

creto in data 27 agosto 2012 in esito alla riserva formulata
in data 18 giugno 2012, ha condannato il Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore di Maria
Gabriela e delle altri ricorrenti indicate in epigrafe, la
somma, ciascuna, di euro 1.500, oltre accessori, a titolo di
equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89,
per la irragionevole durata di un processo svoltosi dinanzi
alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Sicilia;
che la Corte territoriale ha posto a carico del soccombente
Ministero 1/3 delle spese processuali (liquidate, per
l’intero, in euro 1.086,63, di cui euro 100 per esborsi, euro
577 per diritti ed euro 300 per onorari, oltre a euro 109,63
per spese generali e ad accessori di legge), con distrazione
in favore del difensore antistatario;
che la compensazione dei restanti 2/3 delle spese è motivata dalla Corte d’appello in considerazione dell’accoglimento

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Giusti;

solo parziale della domanda, giacché la richiesta di parte ricorrente era di un importo superiore a titolo di equa riparazione;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello Ma-

proposto ricorso, con atto notificato il 6 marzo 2013, sulla
base di due motivi, illustrati con memoria;
che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché motivazione insufficiente e contraddittoria, in relazione all’art. 360, primo
coma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) ci si duole che la Corte
d’appello abbia compensato per i 2/3 le spese processuali, e
ciò nonostante la modestia dello scarto tra l’importo liquidato dal giudice e quello richiesto (avendo le ricorrenti domandato alla Corte d’appello un indennizzo pari ad euro 2.000,
calcolato in ragione di euro 1.000 per ciascun anno di ritardo, ed avendo la Corte territoriale liquidato l’importo di euro 1.500 per essersi limitata ad adottare un parametro indennitario leggermente più basso, pari ad euro 750 per ciascuno
dei primi tre anni di ritardo);
che la censura è fondata;

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ria Gabriele e le altre istanti indicate in epigrafe hanno

che non v’è dubbio che la nozione di soccombenza reciproca,
che consente la compensazione parziale o totale tra le parti
delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc.
civ.), comprende anche raccoglimento parziale dell’unica do-

ramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un
unico capo (Cass., Sez. III, 21 ottobre 2009, n. 22381);
che, tuttavia, la motivazione alla base della disposta compensazione per i 2/3 delle spese di lite si appalesa priva di
logica ragionevolezza, posto che nella specie non vi è stato
alcun rilevante scarto (Cass., Sez. VI-1, 17 giugno 2012, n.
617) tra l’importo richiesto dalla parte istante e quello riconosciuto dalla Corte territoriale;
che, inoltre, l’ampiezza della dichiarata compensazione tra l’altro di gran lunga eccedente il divario percentuale
sussistente tra l’indennizzo domandato (pari ad euro 1.000 per
anno di ritardo, quindi entro i limiti dei parametri CEDU applicati dalla giurisprudenza di questa Corte) e quello liquidato – finisce con il risolversi nella sostanziale vanificazione della soccombenza dell’Amministrazione convenuta, che,
invece, deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il
profilo della suddivisione del carico delle spese per non rendere vuota la tutela accordata;
che il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6, primo comma, della tariffa forense

manda proposta, quando la parzialità dell’accoglimento sia me-

per le prestazioni giudiziali in materia civile, amministrativa e tributaria, contenuta nella delibera del consiglio nazionale forense, approvata con d.m. 8 aprile 2004, n. 127, nonché
omessa motivazione;

corrispondano al valore della causa ed alla tariffa applicabile;
che il motivo è infondato;
che, infatti, per un verso è corretta la determinazione del
valore della controversia, al fine del rimborso delle spese di
lite, con riferimento allo scaglione fino ad euro 2.600, giacché nella specie l’avvocato ha difeso nel processo più persone
aventi la stessa posizione processuale, sicché, ai sensi
dell’art. 5 della tariffa, non si dà luogo al cumulo delle domande proposte;
che, d’altra parte, l’importo liquidato non viola alcun minimo tariffario, giacché questa Corte, allorquando decide nel
merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. le controversie
di cui alla legge n. 89 del 2001, è solita liquidare, con riferimento a controversie il cui valore sia compreso, in relazione al

decisum,

come nella specie, tra euro 1.600 ed euro

2.600, un importo di euro 806, di cui euro 50 per esborsi, euro 445 per diritti ed euro 311 per onorari, inferiore, quindi,
a quello determinato dal giudice a quo;

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che, con esso, ci si duole che gli importi liquidati non

che il decreto impugnato è quindi cassato limitatamente al
capo delle spese, nei limiti della censura accolta;
che la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la condanna del

l’intero, delle spese processuali sostenute dai ricorrenti nel
giudizio di merito, nell’importo già liquidato dalla Corte
territoriale;
che le spese del giudizio di cassazione, stante
l’accoglimento solo parziale del ricorso, seguono la soccombenza per metà, mentre vanno compensate per la restante parte;
che anche le spese del giudizio di cassazione, liquidate
come da dispositivo, devono essere distratte in favore del difensore delle parti ricorrenti, dichiaratosi antistatario.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il
secondo,

cassa il decreto impugnato, in relazione alla censura

accolta, limitatamente al capo delle spese e,
merito,

decidendo

nel

condanna il Ministero dell’economia e delle finanze al

pagamento, in favore delle ricorrenti, delle spese processuali
per l’intero, nell’importo già liquidato dalla Corte d’appello
e con distrazione in favore dell’Avv. Isabella Casales Mangacondanna il Ministero alla ri-

no, dichiaratasi antistataria;

fusione delle spese, altresì, di metà delle spese del giudizio
di cassazione, compensata la restante parte, spese liquidate,

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Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, per

nell’intero, in euro 556,25, di cui euro 50 per esborsi ed euro 506,25 per compensi, oltre agli accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del difensore antistatario,
Avv. Isabella Casales Mangano.

Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2

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