Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13438 del 01/06/2010
Cassazione civile sez. III, 01/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 01/06/2010), n.13438
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26323/2006 proposto da:
G.F.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA TARO 25, presso lo studio MAGARAGGIA, rappresentato e
difeso dall’avvocato PAPADIA Francesco Vincenzo giusta delega in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
LLOYD ADRIATICO, FR.AM.AI. DI ESPOSITO SANSONE, S.
B.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 33/2006 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA SEDE
DISTACCATA DI CASTELLAMMARE DI STABIA, emessa il 6/1/2006, depositata
il 06/02/2006, R.G.N. 221/C/2003;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
11/05/2010 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;
udito l’Avvocato FRANCESCO VINCENZO PAPADIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per l’accoglimento
p.q.r. del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 29 novembre 2002 il Giudice di Pace di Castellammare di Stabia condannava S.B. e la Lloyd Adriatico S.p.a. a pagare Euro 1.250,00 in favore di G.F. F. a titolo di risarcimento dei danni conseguenti al sinistro verificatosi all’interno di un parcheggio gestito dalla FR.AM.AI di Esposito Sansone.
Con sentenza in data 6 gennaio – 6 febbraio 2006 il Tribunale di Torre Annunziata – Sezione distaccata di Castellammare di Stabia – accoglieva parzialmente l’appello della Lloyd Adriatico, estendendo alla FR.AM.AI la responsabilità del sinistro e la condanna a risarcire il danno al G. che riduceva ad Euro 1.502,81 (ai valori attuali).
La Corte territoriale osservava per quanto interessa: non sussistevano i presupposti per l’estromissione della Lloyd Adriatico dal giudizio di primo grado; il contratto di posteggio coinvolgeva anche la responsabilità della FR.AM.AI, il cui obbligo di custodia non eliminava la responsabilità della S.; la valutazione dei danni risultava inferiore a quella effettuata in primo grado; il comportamento processuale dell’attore nel giudizio di primo grado e la complessità delle valutazioni fattuali e giuridiche poste a fondamento della decisione costituivano giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi.
Avverso la suddetta sentenza il G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Le intimate non hanno espletato attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 92 c.p.c.. Assume che nella specie non è ravvisabile una soccombenza reciproca essendo egli risultato vittorioso in entrambi i gradi, nè la sussistenza di giusti motivi.
Con il secondo motivo il G. lamenta insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia indicato nella liquidazione delle spese.
Le due censure trattano una problematica comune e, quindi, si prestano a trattazione congiunta.
E’ noto (Cass. n. n. 406 del 2008) che, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi. Con riferimento alle spese di primo grado, giova ribadire (Cass. n. 26985 del 2009) che, mentre nel caso di rigetto del gravame il giudice d’appello non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese.
Quanto alla motivazione, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito (Cass. n. 20598 e n. 20599 del 2008) che, nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali.
Da quanto sopra esposto si evince che non sussiste la denunciata violazione dell’art. 92 c.p.c., ma la motivazione addotta dal Tribunale si rivela insufficiente e illogica.
I giusti motivi di compensazione delle spese sono stati ravvisati nel comportamento processuale tenuto dall’attore nel giudizio di primo grado e nella complessità delle valutazioni fattuali e giuridiche poste a fondamento della decisione.
Il predetto comportamento processuale non viene specificato, tuttavia da altra parte della sentenza si ricava che il G. non aveva accettato la somma (L. 1.081.000) offertagli a titolo di risarcimento danni. Ma tale circostanza non costituisce argomento spendibile sul piano logico al fine della compensazione delle spese considerato che il primo giudice ha liquidato una somma nettamente superiore, anche se parzialmente ridotta in appello e, comunque, liquidata in misura superiore all’offerta.
Ugualmente irrazionale appare il secondo argomento. La ricostruzione fattuale non ha presentato particolari problematiche. L’aspetto giuridico non ha toccato la posizione del G., il cui diritto al risarcimento è stato sempre affermato, ma ha riguardato soltanto la ripartizione della responsabilità tra la S. e la FR.AM.AI..
Pertanto la sentenza va cassata sul punto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2. Pertanto le spese del giudizio di primo grado vanno posto a solidale carico dei soccombenti e liquidate come stabilito dal Giudice di Pace. Le spese del giudizio d’appello vanno liquidate in complessivi Euro 1.500,00 di cui Euro 500,00 per diritti ed Euro 900,00 per onorari. Anche le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito, pone le spese dei giudizi di merito a solidale carico degli intimati, confermando, per il primo grado, la liquidazione del Giudice di Pace e liquidandole, per il giudizio d’appello, in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 500,00 per diritti e Euro 900,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge e, per il giudizio di cassazione, in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2010