Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13431 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 01/07/2020), n.13431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25233-2018 proposto da:

F.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PRATI

FISCALI 258, presso lo studio dell’avvocato PIERGIORGIO BERARDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LORENZO TORNIELLI;

– ricorrente –

contro

G.L., G.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 142/2018 del TRIBUNALE di LODI, depositata il

15/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO

GABRIELE.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 17 febbraio 2015, F.O. evocava in giudizio, davanti al Giudice di pace di Lodi, G.L. e G.C., rispettivamente ex coniuge e figlio, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni conseguenti alle percosse e alle ingiurie subite, in più occasioni, nel periodo da novembre a dicembre 2010. I convenuti non si costituivano;

il Giudice di pace, con sentenza del 30 novembre 2015, rigettava la domanda rilevando che “nel caso de quo manca ogni prova certa, sia del danno, che della responsabilità dei presunti autori”;

avverso tale sentenza proponeva appello F.O. lamentando l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure nel ritenere non provate le percosse, gli insulti e il danno, nonchè nell’aver omesso di considerare il verbale di sommarie informazioni rese ai carabinieri dal figlio, G.C., che avrebbe riferito di avere messo le mani al collo della madre perchè esasperato dai numerosi litigi. Lamentava, altresì, l’omessa valutazione della mancata comparizione dei convenuti contumaci in sede di interrogatorio formale. Anche in appello i convenuti non si costituivano;

il Tribunale di Lodi, con sentenza del 15 marzo 2018, rigettava l’appello rilevando che l’attrice non aveva fornito la prova del danno causalmente riconducibile alle condotte contestate ai convenuti, aggiungendo che le denunzie in atti non costituivano prove degli addebiti, che il medico di base aveva riferito circostanze apprese dall’attrice, senza poter riscontrare evidenti segni di percosse, mentre la deposizione dello psicologo era generica e le dichiarazioni rese a sommarie informazioni dal figlio non trovavano riscontro nella documentazione medica. Peraltro si riferivano a contrasti soltanto verbali tra i genitori. In mancanza di altre risultanze probatorie, secondo il Tribunale, nessuna rilevanza poteva attribuirsi alla mancata presentazione dei convenuti contumaci a rendere l’interrogatorio formale;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione F.O. affidandosi a due motivi che illustra con memoria. Le parti intimate non svolgono attività processuale neppure in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2059 c.c. riguardo alla prova indiziaria del danno non patrimoniale e morale da fatto illecito. Secondo costante giurisprudenza è consentito provare per presunzioni il danno non patrimoniale. Nel caso di specie il giudice, pur dando atto della dichiarazione confessoria resa dal figlio della ricorrente davanti ai Carabinieri, non avrebbe ritenuto provato l’episodio delle percosse, pur in assenza di certificazione medica. Analoghe considerazioni andrebbero riferite al reato di ingiuria per il quale non sarebbero state prodotte prove contrarie;

con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2 e dell’art. 132 c.p.c. riguardo all’irrilevanza della mancata presentazione dei convenuti contumaci a rendere l’interrogatorio formale. Tale profilo avrebbe dovuto essere differentemente considerato al fine di ritenere provata la condotta posta a sostegno dell’atto di citazione;

il primo motivo, sotto l’apparente censura di violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in realtà lamenta il fatto che il Tribunale non avrebbe qualificato come percosse o lesioni rilevanti, per il danno non patrimoniale, quelle conseguenti all’episodio di avere “messo le mani al collo, esasperato”. Si tratta di una valutazione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità che, peraltro, attiene alla congruità della motivazione, non denunciabile in presenza di doppia conforme ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude il ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

inoltre, il riferimento alle ingiurie è generico, come quello alle dichiarazioni rese sulla questione specifica da G.C.;

il secondo motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, per omessa trascrizione delle presunte ammissioni e dei capitoli di prova. In ogni caso, la circostanza è stata esaminata dal Tribunale e la censura sì traduce in un’inammissibile richiesta di rivalutazione dell’idoneità del materiale probatorio. Il contenuto della memoria non aggiunge elementi di novità rispetto alle considerazioni che precedono;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla per le spese attesa la mancata costituzione della parte intimata. A prescindere dal deposito della delibera del C.O.A. di Lodì del 26.9.18 di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) questa Corte deve dichiarare che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 15 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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