Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13430 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 01/07/2020), n.13430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2837-2019 R.G. proposto da:

R.T., R.R., R.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 19, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE LIPERA, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. 13260/18 del

TRIBUNALE di CATANIA, depositata il 11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RUBINO

LINA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO, che chiede che

la Corte di Cassazione dichiari inammissibile il regolamento di

competenza; in caso di conversione del mezzo d’impugnazione in

ricorso per Cassazione, rigetti il ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

R.G., R.R. e R.T. propongono ricorso per regolamento di competenza illustrato da memoria, assumendo di aver proposto opposizione al precetto per rilascio di immobile notificato loro da UnipolSai Ass.ni s.p.a. dinanzi al Tribunale di Catania, eccependo come prima cosa l’incompetenza territoriale del giudice da essi stessi adito in favore del Tribunale di Caltagirone. Affermavano di aver dovuto proporre l’opposizione a precetto dianzi al Tribunale di Catania perchè l’avvocato dell’Unipol aveva eletto domicilio, erroneamente, nel circondario del predetto tribunale anzichè in quello in cui aveva sede il giudice dell’esecuzione.

Il Tribunale di Catania, adito, declinava la propria competenza territoriale in favore del Tribunale di Caltagirone e condannava gli stessi R. al pagamento delle spese di giudizio.

I R. propongono regolamento di competenza fondato su un unico motivo, col quale denunciano la violazione del principio della soccombenza, essendo stato loro addebitato il pagamento delle spese di lite, nonostante che la decisione avesse accolto la loro eccezione di incompetenza territoriale. L’impugnazione, dunque, ha ad oggetto solo la statuizione sulle spese di lite, mentre non si mette in discussione la pronuncia sulla competenza.

Conformemente ai rilievi del Procuratore generale il ricorso è in primo luogo inammissibile come regolamento di competenza.

In questi casi infatti il ricorso al regolamento di competenza non è consentito, trattandosi appunto di uno strumento che, nella chiara intenzione del legislatore, serve a dirimere una volta per tutte soltanto le questioni di competenza. Certamente la Suprema Corte è abilitata a pronunciarsi sulle spese di lite quale pronuncia accessoria e collegata a quella sulla competenza. Ma se non vi è una pronuncia sulla competenza impugnata, la Corte non può essere chiamata a pronunciarsi sulle spese di lite attraverso il rimedio del regolamento di competenza (vedi Cass. n. 1372 del 2016, Cass. n. 9286 del 2015 e Cass. n. 8165 del 2003). Se la parte vuole limitarsi a contestare solo tale pronunzia accessoria, ad esempio contestando il quantum ovvero l’applicazione dei principi degli artt. 91 e 92 c.p.c., deve ricorrere alle impugnazioni ordinarie: in questi termini, v. la recente Cass. n. 30610 del 2018, secondo cui “Ove la sentenza che statuisce sulla competenza venga censurata per cassazione su tale questione dalla parte vittoriosa (che non avrebbe interesse ad un riesame della stessa) unicamente in relazione al capo concernente le spese di lite, l’impugnazione esperibile non è il regolamento necessario di competenza ma il ricorso ordinario per violazione delle norme attinenti al regolamento delle spese processuali”. Trattasi peraltro di un orientamento che può dirsi ormai consolidato, in quanto già da tempo la giurisprudenza di legittimità afferma che “Il regolamento necessario di competenza comporta la devoluzione alla S.C. anche della decisione sul capo di sentenza concernente le spese di lite, non avendo il ricorrente l’onere di impugnare la relativa pronuncia, nè la possibilità di proporre a tal fine un giudizio ordinario ammissibile soltanto qualora la censura riguardi esclusivamente il predetto capo, ovvero nel caso in cui sia la parte vittoriosa sulla questione di competenza a censurare tale statuizione -, in quanto, da un lato, il suddetto regolamento costituisce un mezzo di impugnazione al quale sono applicabili le norme generali in materia di impugnazioni, non derogate dalla specifica disciplina per esso stabilita; dall’altro, la pronuncia sulle spese processuali non costituisce una statuizione autonoma e separata rispetto alla dichiarazione di incompetenza” (vedi Cass. n. 17130 del 2015, Cass. n. 17228 del 2011, Cass. n. 16552 del 2008, e Cass. n. 10636 del 20071e quali tutte si pongono in linea di continuità con la sentenza delle Sezioni Unite n. 14205 del 2005, che afferma i medesimi principi).

Ne consegue l’inammissibilità del regolamento di competenza proposto dai R..

Tuttavia, secondo quanto condivisibilmente osservato dalla Procura generale, il Tribunale di Catania, con la pronunzia impugnata, ha deciso su un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., volta a far valere, oltre alla questione preliminare della competenza, vizi di invalidità dell’atto di precetto (per indeterminatezza dell’immobile oggetto di rilascio ed omessa indicazione dell’accordo di composizione della crisi: motivi 2) e 3). Non solo, ma come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. l’azione è stata qualificata sia dai R. che dallo stesso giudicante. Quindi, sia per ragioni sostanziali, sia comunque per il principio di “apparenza” (le regole e le forme di impugnazione devono seguire la qualificazione della controversia e della domanda data dal giudice), la decisione del Tribunale di Catania riguarda un’opposizione agli atti esecutivi e, come tale, ai sensi dell’art. 618 c.p.c., u.c., non è appellabile. Con l’ulteriore corollario che l’unico rimedio è il ricorso straordinario per cassazione.

Stando così le cose, il regolamento di competenza, proposto dai R., può convertirsi in ricorso per cassazione. Tale conversione, infatti, è pacificamente ammessa purchè vi sia prova della ammissibilità e tempestività del ricorso se convertito. Orbene, nel caso di specie il ricorso è sicuramente tempestivo, anche come ricorso per cassazione, essendo stato notificato il 9 gennaio 2019 rispetto a pronuncia pubblicata l’11 dicembre 2018, e risulta poi procedibile siccome iscritto a ruolo il 29 gennaio 2019 quindi nel termine ex art. 369 c.p.c., comma 1, di venti giorni dalla notifica del 9 gennaio 2019.

La Corte può pertanto esaminare nel merito il ricorso, così convertito.

Esso va rigettato.

Invero come si è accennato all’inizio, i R. hanno proposto opposizione avverso il precetto di rilascio di immobile facendo leva sull’errata elezione di domicilio della banca creditrice, che nel precetto aveva eletto domicilio a Catania nonostante non vi fosse in quel luogo nessun collegamento con l’esecuzione. La peculiarità è che i R. hanno sì instaurato la controversia a Catania, ma poi hanno chiesto in via preliminare la declaratoria di incompetenza del Tribunale di Catania in favore di quello di Caltagirone, avente appunto i collegamenti col luogo dell’esecuzione. Insomma, i R. hanno inutilmente agito dinanzi a un tribunale sul presupposto di invocarne la declaratoria di incompetenza.

Quest’iniziativa, contraddittoria, si fonda in tutta evidenza su un’errata valutazione degli effetti da attribuire all’individuazione “anomala” del domicilio ai sensi dell’art. 480 c.p.c., comma 3. Secondo i R., essi erano obbligati ad agire a Catania a fronte dell’elezione ivi del domicilio nell’atto di precetto. Ma così non è, perchè la giurisprudenza insegna che “L’elezione di domicilio cd. “anomala” (siccome priva di collegamenti con il luogo dell’esecuzione) che il creditore abbia compiuto nell’atto di precetto, ex art. 480 c.p.c., comma 3, non è vincolante ai fini della determinazione del giudice territorialmente competente a conoscere dell’opposizione a precetto – il quale va individuato con riferimento al possibile luogo della esecuzione, compreso quello di notifica del precetto – nè ai fini della scelta del giudice dell’esecuzione – che non può che essere identificato avuto riguardo al luogo in cui si trovano i beni da sottoporre ad espropriazione – nè, tantomeno, incide sulla validità in rito del precetto, determinando unicamente il vincolo, per il debitore, di notificare ivi l’atto di opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 1″(Cass. n. 30141 del 2017). Nello stesso senso, “In tema di foro relativo alla opposizione a precetto, ove il creditore, ai sensi dell’art. 480 c.p.c., comma 3, abbia eletto il proprio domicilio in un luogo “anomalo” rispetto a quello dell’esecuzione, il debitore, ai fini della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di opposizione all’esecuzione, è vincolato al luogo del domicilio eletto dal creditore nel precetto quand’anche questo non abbia alcun legame con quello della esecuzione, mentre, ai fini della individuazione del giudice competente per territorio a conoscere della opposizione all’esecuzione, l’elezione di domicilio contenuta nel precetto è inefficace e la competenza per territorio va individuata in base al possibile luogo della esecuzione, compreso il luogo della notifica del precetto.” (Cass. n. 16649 del 2016).

Insomma, l'”anomala” elezione del domicilio impone solo di notificare ivi il precetto, non certo di adire il giudice in quel domicilio. L’opposizione va comunque proposta dinanzi al giudice che ha collegamenti col luogo dell’esecuzione.

Certo, se l’opponente scelga il giudice del domicilio “anomalo”, l’opposizione può restare lì e lì essere decisa nel merito, a meno che la controparte non formuli ritualmente eccezione di incompetenza. Ma non può certo essere la parte che sceglie il giudice sbagliato ad invocarne la declaratoria di incompetenza. La conseguenza è che in questi casi la pronunzia di incompetenza non è favorevole alla parte opponente, ma è una sanzione alla sua iniziativa errata. Il fatto che l’eccezione di incompetenza provenga dalla stessa parte opponente non rileva, perchè l’errore dell’opponente è a monte, nell’aver adito un giudice incompetente, con l’aggravante poi di stimolarne la pronunzia id incompetenza.

In questi sensi si spiega l’addebito delle spese di lite operato dal giudice del Tribunale di Catania, che ha condannato i R. a rifondere a Unipolsai s.p.a. le spese di lite ritenendo appunto i primi soccombenti nell’ottica sopra esposta.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e i ricorrenti risultano soccombenti, pertanto sono gravati dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il regolamento di competenza;

rigetta il ricorso, in quanto convertito in ricorso ordinario.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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