Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13427 del 30/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13427 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 6792-2014 proposto da:
AUTOSTOP SRL, in persona dell’Amministratore Unico,
elettivamente dorniciliatain ROMA, VIA E. XIMENES 10, presso lo
studio dell’avvocato MASSIMO MARINI, che la rappresenta e difende
giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
CHEVROLET ITALIA SPA, in persona dell’Amministratore
Delegato e Direttore Amministrativo e Finanziario, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA XXIV MAGGIO 43, presso lo studio
dell’avvocato ANDREA BERNAVA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MONICA CURCURUTO giusta procura in
calce al controricorso;

– controrkorrente –

Data pubblicazione: 30/06/2015

avverso la sentenza n. 4474/2013 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 28/05/2013, depositata il 29/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA
CIRILLO;

riporta agli scritti;
udito l’Avvocato Monica Curcuruto difensore della controricorrente
che si riporta agli scritti e chiede l’inammissibilità del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
È stata depositata la seguente relazione.
«1. La s.r.l. Autostop convenne in giudizio, davanti al Tribunale di
Civitavecchia, la Daewoo Motor Italia s.p.a., poi divenuta Chevrolet
Italia s.p.a., chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti al mancato
rispetto, da parte della convenuta, degli accordi relativi allo
svolgimento dell’attività di concessionaria per la vendita di vetture col
marchio Daewoo, nonché degli oneri sostenuti a tale titolo e del
mancato guadagno.
Il Tribunale rigettò la domanda, con pronuncia confermata dalla Corte
d’appello di Roma, con sentenza del 29 agosto 2013, contenente
condanna alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
2. Contro la sentenza d’appello ricorre la s.r.l. Autostop con atto
affidato a quattro motivi.
Resiste la Chevrolet Italia s.p.a. con controricorso.
3. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di
consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ.,
in quanto appare destinato ad essere rigettato.
4. Il primo motivo di ricorso lamenta, in riferimento all’art. 360, primo
comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt.
Ric. 2014 n. 06792 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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udito l’Avvocato Massimo Marini difensore della ricorrente che si

2697, 2056, 1223 e 1226 cod. civ.; il secondo, in riferimento all’art. 360,
primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione
degli artt. 1218 e 2056 cod. civ.; il terzo, in riferimento all’art. 360,
primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza e del
procedimento per violazione del canone del giusto processo; il quarto,

omesso esame di un fatto decisivo, in riferimento all’art. 91 del codice
di procedura civile.
4.1. I primi due motivi non sono fondati.
Essi, infatti, prospettando un’impropria applicazione delle regole in
tema di onere della prova e lamentando l’ingiusto rigetto della
domanda, tendono di fatto a sollecitare questa Corte ad un nuovo e
non consentito esame del merito.
La Corte d’appello, infatti, ha puntualmente indicato le ragioni per le
quali ha ritenuto che, pur avendo la Chevrolet Italia s.p. a.
unilateralmente modificato il contenuto dell’accordo stipulato tra le
parti, con conseguente inadempimento, ciò nonostante la società
attrice non aveva fornito alcuna prova del fatto che a causa di
quell’inadempimento essa avesse sofferto un danno. Tale affermazione
— del tutto corretta per ciò che riguarda le regole sull’onere della prova,
trattandosi comunque di un danno conseguenza, che l’attore era tenuto
a dimostrare — è stata affiancata, ad abundantiam, dall’indicazione di
quella che sarebbe dovuta (o potuta) essere la relativa dimostrazione; il
che non significa affatto, come vorrebbe la società ricorrente, che sia
stato posto a suo carico un abnorme onere della prova.
Ed è altrettanto chiaro che, non sussistendo la prova del danno, sia del
tutto fuor di luogo l’invocazione dell’art. 1226 cod. civ. circa il potere
di liquidazione in via equitativa, perché questo potere presuppone,
comunque, la sussistenza della prova dell’an, che nel caso manca.
Ric. 2014 n. 06792 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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infine, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.,

Ugualmente infondata è la censura sulla mancata ammissione della
c.t.u., non costituendo essa un mezzo di prova, quanto piuttosto uno
strumento di ausilio del giudice nella risoluzione di problemi tecnici
che richiedono conoscenze specifiche.
4.2. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto, lamentando

torna a proporre, con diversa forma, le censure dei due motivi
precedenti.
4.3. Il quarto motivo, infine, non è neppure un motivo perché, dietro
una censura di vizio di motivazione — peraltro prospettata alla luce del
testo dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., ormai non più
applicabile nella fattispecie ratione ternporis — si duole in sostanza della
mancata compensazione delle spese, che i giudici di merito avrebbero
dovuto disporre per il riconoscimento dell’inadempimento da parte
della s.p.a. Chevrolet Italia.
È palese, al contrario, che la soccombenza va valutata rispetto alla
domanda nella sua globalità e che nella specie sussisteva sia in primo
che in secondo grado, per cui non è chiaro di cosa possa oggi dolersi la
società ricorrente.
5. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio
per essere rigettato».

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La parte ricorrente ha depositato una memoria alla precedente
relazione, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio,
ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti
nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.

Ric. 2014 n. 06792 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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genericamente la lesione dei principi del giusto processo, nella sostanza

Le osservazioni contenute nella indicata memoria, infatti, non
spostano i termini del problema e si risolvono nella riproposizione di
argomenti già vagliati nella depositata relazione.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento

marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, del

d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della società
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro
10.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di
legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quate7, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto

della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile — 3, il 19 maggio 2015.

delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10

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