Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13427 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 01/07/2020), n.13427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35509-2018 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO DELLA

VALLE 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GORI, rappresentato

e difeso dall’avvocato MAURIZIO GIUSEPPE SINATRA;

– ricorrente –

contro

G.A., nella qualità di erede di C.C., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA RUGGERO FAURO 18, presso l’avvocato

FRANCESCO FABIANO, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati MICHELE LOMBARDO, MASSIMO TOSCANO PECORELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2086/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 19/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RUBINO

LINA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

C.E. propone due motivi di ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 2086/2018 della Corte d’Appello di Palermo, depositata il 19.10.2018, notificata il 24.10.2018, nei confronti di G.A..

Con la predetta sentenza la corte d’appello rigettava l’impugnazione del C., confermando la sentenza di primo grado, affermando l’impossibilità, per il giudice civile, di riesaminare i profili attinenti all’accertamento della condotta dolosa del C., condannato in sede penale con sentenza di condanna generica al risarcimento del danno a seguito di condanna per appropriazione indebita di una cospicua somma riportata su un certificato al portatore di proprietà di C.C. e C.E., e di un libretto di deposito a risparmio anch’esso cointestato.

Resiste G.A., unico erede di C.C., con controricorso.

Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.

Il Collegio condivide le conclusioni contenute nella proposta del relatore nel senso del rigetto del ricorso.

Con il primo motivo si denuncia la violazione delle norme di cui all’art. 112 c.p.c. per non essersi pronunciata la corte sul primo motivo d’appello, ovvero per non aver rigettato la domanda per mancata prova del quantum, rilevando che la sentenza penale di condanna non fa stato nel successivo giudizio civile in ordine alla prova del quantum del danno.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza, per mancanza di motivazione in ordine alla mancata ammissione dell’interrogatorio formale dell’attore.

Il primo motivo è radicalmente inammissibile, in quanto esso non individua, nè si ricava dalla esposizione del fatto, il preciso tenore dell’atto di appello e nemmeno della sentenza di primo grado impugnata, onde la censura di omissione di pronuncia è per ciò solo inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 6, prima che infondata.

Come sinteticamente esposto nella proposta, il primo motivo sarebbe comunque infondato, in quanto non la corte d’appello si è pronunciata sul punto segnalato dal ricorrente, avendo ritenuto che dalla ricostruzione dei fatti effettuata in sede penale, utilizzabile nel giudizio civile, potesse ricavarsi la prova sull’ammontare delle somme sottratte dal ricorrente.

Anche il secondo motivo appare infondato, perchè la motivazione della mancata ammissione dell’interrogatorio formale si ricava per implicito dalla motivazione a pag. 5 della sentenza impugnata. Inoltre, non essendo stato ammesso l’interrogatorio formale già dal giudice di primo grado, il motivo avrebbe dovuto precisare i termini in cui la decisione di primo grado sul punto era stata appellata, mentre si limita a riferire di mera richiesta di ammissione. Inoltre ed in ogni caso il ricorrente non spiega, in manifesta contraddizione con il principio di chiarezza del motivo e con quello dell’art. 360-bis c.p.c., n. 2, la decisività in termini di rilevanza della prova che avrebbe avuto l’interrogatorio formale, ove ammesso.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 g.io 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto egli è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.600,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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