Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13426 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13426 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 17937-2007 proposto da:
FINOCCHIARO ALFIO FNCLFA64L12C351U, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PIRRO LIGORIO 9, presso lo
studio dell’avvocato MULARGIA MARIA CRISTINA,
rappresentato e difeso dall’avvocato PATTI GIOVANNI
ROSARIO;
– ricorrente –

2013

contro

1204

FALL EDIL CASE SNC, D é9trj!:-:mente domiciliato in
ROMA,

VLE G MAZZINI

142,

dell’avvocato PENNISI VINCENZO,

presso lo studio
rappresentato e

Data pubblicazione: 29/05/2013

;

difeso dall’avvocato SANGIORGIO ANNA MARIA;

– controricorrente

avverso la sentenza n.

1228/2006

della CORTE

D’APPELLO di CATANIA, depositata il 28/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
24/04/2013

dal Consigliere Dott. LUIGI

PICCIALLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per il rigetto del ricorso previa integrazione nella
motivazione e condanna alle spese.

.
il

udienza del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 23.2.1993 la curatela del fallimento della Edilcase s.n.c convenne
al giudizio del Tribunale di Catania Alfio Finocchiaro, promissario acquirente di un
appartamento,con annesso garage, in Aci Sant’Antonio,detenuti in virtù di contratto
preliminare stipulato con la società fallita, chiedendone la condanna al relativo

danni,in ragione del valore locativo,con decorrenza dalla data del fallimento.
Costituitosi il convenuto,oppose la legittimità del proprio possesso,proponendo
riconvenzionale ex art. 2932 c.c. per l’esecuzione in forma specifica del contratto
preliminare, o in subordine per il risarcimento dei danni per la mancata stipula del contratto
definitivo,oltre che per rimborso ed i miglioramenti apportati all’immobile,in funzione dei
quali invocava il diritto di ritenzione.
La domanda attrice verme accolta dall’adito tribunale con sentenza del 9.9.2003,rigettando le
riconvenzionali e liquidando il danno in misura di complessive £.395..000 mensili,pari al
canone di locazione dell’immobile ritraibile in regime di libero mercato,a partire dalla data
della dichiarazione di fallimento della società proprietaria..
Appellata dal soccombente e,in via incidentale (sull’importo delle spese del giudizio) dalla
curatela, la suddetta decisione venne confermata dalla Corte di Catania con sentenza n. 1228
dei 5.7-28.11.1006,salvo che in punto di decorrenza dei virtuali canoni locatizi,fissata dalla
data della richiesta di rilascio,e rivedendo in aumento,in accoglimento del gravame
incidentale,le spettanze difensive liquidate dal primo giudice alla parte attrice;le spese di
secondo grado venivano compensate per 1/4 e per il resto poste a carico del Finocchiaro.
Riteneva,tra l’altro e per quanto ancora rileva, la corte etnea:che legittimamente il fallimento
avesse preteso il rilascio dell’immobile,avendo,con la relativa richiesta,implicitamente
manifestato la propria scelta,prevista dall’art. 72 L.F,di sciogliersi dal vincolo contrattuale
non ancora traslativo;che,conseguentemente da una parte sussisteva l’obbligo di restituzione
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rilascio,invano richiesto con lettera raccomandata del 12.7.94,oltre al risarcimento dei

del bene promesso in vendita e di corrispondere l’indennizzo per la relativa restituzione,
dall’altra quello di rimborso del prezzo versato,da far valere tuttavia nell’ambito del
procedimento concorsuale;che analogamente in tal sede soltanto avrebbero potuto farsi valere
le richieste di rimborso delle addizioni e dei miglioramenti;che la mancanza di rifiniture
nell’immobile, come consegnato al promissario acquirente,non fosse ostativa alla richiesta di

utilizzarlo secondo i propri intendimenti e trarne reddito,a nulla rilevando la mancanza dei
certificati di abitabilità o agibilità,essendo il bene comunque idoneo ad essere abitato,come di
fatto lo era stato dal convenuto;che correttamente il valore locativo fosse stato ragguagliato al
reddito medio ritraibile in regime di libera contrattazione e non di equo canone;che soltanto
fino alla data della ricezione della richiesta di rilascio il convenuto avrebbe potuto
considerarsi possessore di buona fede,mentre per il periodo successivo aveva posseduto in
mala fede, con conseguente impossibilità di opporre il diritto di ritenzione ex art. 1152 c.c. a
garanzia del credito vantato per le assunte spese di addizioni e miglioramenti.
La suddetta sentenza è stata impugnata per cassazione dal Finocchiaro con quattro motivi di
censura,illustrati con successiva memoria.
Ha resistito la curatela del fallimento Edil Case con rituale controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto osservato che nessun conto può tenersi della deduzione,da parte della difesa del
ricorrente,di un preteso “giudicato esterno”,di cui è menzione nella memoria illustrativa,che
deriverebbe da una sentenza della Corte d’Appello di Catania (la n. 877 del 2009),non solo
perché tale documento (contrariamente a quanto si assume) non risulta prodotto,né notificato
ex art. 372 c.p.c. all’altra parte,ma anche per l’inidoneità del contenuto dell’assunto decisum
(che avrebbe escluso dal fallimento della Edil Case un socio,cui apparterrebbe il suolo su cui
sorge il fabbricato edificato dalla società), a spiegare effetti nel presente giudizio,avente ad
oggetto una duplice azione di natura personale,tendente al recupero della detenzione del
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indennizzo proposta dalla curatela,la quale ben avrebbe potuto,se le fosse stato riconsegnato,

bene,previo scioglimento del rapporto contrattuale che ne costituiva il relativo titolo,
domande come tali non esigenti ex parte actoris la sussistenza del diritto di proprietà sul
bene in questione.
Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt.
1152,2040 cod. civ. e 72 L.F.,con riferimento:a) alla subita condanna alla riconsegna del

crediti per addizioni e miglioramenti,che si assumono spettanti in considerazione della buona
fede assistente il possesso,nonché sorretti da prova generica costituita dalla relazione del
c.t.u. nominato in sede fallimentare, che sarebbero stati ammissibilmente azionati sia in
ambito esofallimentare, nel “giudizio di rivendicazione “,con la domanda riconvenzionale,sia
comunque nello stesso procedimento concorsuale,con specifica istanza di ammissione al
passivo con precisa quantificazione; b) alla conseguente condanna al pagamento
dell’indennizzo per il protratto possesso,successivo alla richiesta di rilascio,dell’immobile,la
cui mancata consegna sarebbe stata giustificata dalle suesposte ragioni.
Il motivo è privo di fondamento.
La qualificazione del rapporto di godimento che si instauri,su di un bene oggetto di
contratto preliminare di compravendita e di consegna anticipata al promissario acquirente,
come è stato chiarito dalla Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n.7930 del 2008,non è
quella di possessore,ma di detentore qualificato,che esercita il relativo potere di fatto sulla
cosa per conto del possessore,promittente venditore. Sulla scorta di tale qualificazione è stato
successivamente e specificamente escluso che al suddetto detentore possa spettare il diritto di
ritenzione,opponibile alla domanda di restituzione,in funzione della domanda
riconvenzionale di rimborso delle spese per le indennità ed i miglioramenti apportati alla
cosa, che l’art. 1150 c.c. attribuisce soltanto al possessore in buona fede (Cass. n. 17245/10) .
Tenuto conto della particolare natura,in quanto costituente una eccezionale forma di
autotutela ,della disposizione che tale diritto prevede,quello di ritenzione non può applicarsi
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bene e,per converso,a1 non riconosciuto diritto di ritenzione in funzione degli insoddisfatti

analogicamente anche nei casi di detenzione, ancorchè qualificata (v. Cass. nn.
18651704,5948705), quale che sia la componente psicologica che la connoti.
Né può valere al riguardo,come si obietta nella memoria,i1 giudicato interno,considerato che
il riconoscimento contenuto nella sentenza di secondo grado della qualità di “possessore in
buona fede” al promissario acquirente risulta funzionale soltanto alla reiezione della

e quella della richiesta stragiudiziale di rilascio (e di implicito scioglimento dal contratto ex
art. 72 L.F.). Solo su tale capo,in parte qua non oggetto di ricorso incidentale,detta
qualificazione può fare stato tra le parti,mentre per il resto,non essendo ancora intervenuta
una definitiva ed irrevocabile pronunzia sulla rimanente e prevalente parte del rapporto,
ancora sub iudice con le relative conseguenze restitutorie e risarcitorie,non è configurabile
la dedotta preclusione ex art. 329 c.p.c, in ragione dell’assenza di autonomia della riferita
argomentazione,di per sé sola inidonea ad assumere rilevanza decisoria ( sulla non
configurabilità in siffatti casi del giudicato interno,v. tra le altre,Cass. nn. 16583/12,
4732/12).
Il motivo va dunque respinto.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 221 R.D.
1265/1934 e dell’art. 4 D.P.R. 425/1994,censurandosi,con richiamo a giurisprudenza penale,
l’argomentazione,funzionale al riconoscimento alla curatela

dell’indennità per mancato

rilascio, secondo cui l’immobile sarebbe comunque stato fruibile anche senza i certificati di
abitabilità e agibilità.
Il motivo è manifestamente infondato,considerato che la privazione della detenzione o del
possesso di un bene,comunque suscettibile di utilizmzione (non necessariamente ed
immediatamente abitativa) è in re ipsa produttiva di danno per l’avente diritto (v.,tra le
altre,Cass. nn. 14222/12,10498706,1294703).

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domanda di risarcimento danni con riferimento al periodo compreso tra la data del fallimento

Il convenuto,peraltro,aveva eccepito di aver apportato egli stesso addizioni e miglioramenti
all’immobile (tanto da chiederne il rimborso), sicchè ragionevole ed incensurabile deve
ritenersi l’argomento reiettivo della corte di merito,secondo cui potendo presumersi che
l’immobile fosse in concreto abitabile, ancorchè sfornito del relativo del relativo certificato,
ove lo stesso fosse stato consegnato alla curatela avente diritto, questa avrebbe potuto

in locazione.
Con il terzo motivo si deduce insufficiente e contraddittoria motivazione,per travisamento
della prova documentale,costituita dalla relazione di consulenza tecnica espletata in sede
fallimentare,dalla quale sarebbe risultato che il reddito medio ritraibile sarebbe stato
determinato con astratto riferimento ad un immobile in condizioni di piena commerciabilità
ed utilizzabilità,quale non era quello in questione,in quanto privo delle certificazioni di
agibilità e abitabilità.
Sotto un secondo,subordinato,profilo si censura il riferimento al canone conseguibile in
regime di libero mercato,senza tener conto della normativa originariamente vigente,
prevedente la regola dell’ “equo canone”,contenuta nella L. n. 392 del 1978,poi abrogata
dalla L. n. 431 del 1998.
Il motivo,infondato sotto il primo profilo (sostanzialmente ripetitivo del secondo motivo) ,per
le ragioni in precedenza esposte,lo è invece parzialmente nel secondo.
Essendo,infatti,la richiesta di rilascio intervenuta in data 12.7.1994,quando era ancora in
vigore la legge n. 392 del 1978 prevedente in via generale la regola del c.d. “equo canone”,
per le locazioni abitative,salvo ipotesi eccezionali (che non risultano ricorrere nella
specie),l’argomentazione della corte ,secondo cui si sarebbe dovuto tener conto del reddito
medio ritraibile da immobili del “tipo di quello in esame in base ad una libera contrattazione
sul mercato”,risulta palesemente apodittica,se non ingiustificata,non essendo corredata da
alcun concreto riferimento ad eventuali caratteristiche dell’immobile tali da sottrarlo
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provvedere al relativo adempimento burocratico,a1 fine di poterlo legittimamente concedere

all’ordinario e generale regime legale in ordine alla misura del canone di locazione,rimasto
in vigore fino all’entrata in vigore delle norme abrogative contenute nella nuova legge n. 431
del 1998,solo a partire dalla quale il criterio adottato avrebbe potuto applicarsi.
La sentenza impugnata va pertanto cassata in parte qua,con rinvio sul punto ad altra sezione
della corte di provenienza.

nuovamente pronunziarsi il giudice del rinvio,cui si demanda anche la statuizione su quelle
del presente giudizio di legittimità.
P. Q.M.
La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso,accoglie nei limiti di cui in motivazione il
terzo,cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia,anche per le spese
del giudizio di cassazione,ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania.
Così deciso in Roma il 24 aprile 2013.

Resta assorbito il quarto motivo,relativo al regolamento delle spese,sulle quali dovrà

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