Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13425 del 30/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13425 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 5127-2014 proposto da:

VALLETTA FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato GIOVAN
CANDIDO DI GIOIA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ORAZIO SALVATORE SAVIA giusta procura speciale
apposta sul retro della prima pagina del ricorso;

– ricorrente contro
ALLIANZ SPA, in persona dei suoi legali rappresentanti,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI, 27, presso
lo studio dell’avvocato PAOLO ZUCCHINALI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati SALVATORE TRIFIR0 1 ,
BONAVENTURA MINUTOLO giusta procura a margine
COritrOrICOISO;

del

Data pubblicazione: 30/06/2015

- con troricorrente avverso la sentenza n. 2708/2013 della CORTE D’APPELLO di
MILANO del 23/04/2013, depositata il 03/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

CIRILLO;
udito l’Avvocato Di Gioia Giovan Candido difensore del ricorrente
che si riporta agli scritti e chiede la fissazione in p.u..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
È stata depositata la seguente relazione.
«1. Francesco Valletta convenne in giudizio, davanti al Tribunale di
Milano, la RAS s.p.a., poi divenuta Allianz s.p.a., chiedendo che fosse
condannata al pagamento della somma di curo 143.610,84 in quanto
responsabile, ai sensi dell’art. 2049 cod. civ., del fatto illecito del
proprio dipendente.
A sostegno della domanda rilevò che il danno del quale chiedeva il
risarcimento era conseguenza di furti, avvenuti nell’appartamento che
egli conduceva in locazione, ad opera di Vito Gerbelli, custode della
stabile di proprietà della società di assicurazione e dipendente della
medesima.
La convenuta si costituì, contestando l’esistenza del nesso di
occasionalità necessaria e chiedendo il rigetto della domanda ovvero, in
subordine, che fosse riconosciuto il concorso di colpa dell’attore, che
aveva consegnato al Gerbelli le chiavi del proprio appartamento.
Il Tribunale accolse in parte la domanda e condannò la società
convenuta al pagamento della somma di euro 88.410, con
rivalutazione, interessi ed il carico delle spese.

Ric. 2014 n. 05127
-2-

sez.

M3 – ud. 19-05-2015

19/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA

2. La pronuncia è stata appellata dalla Allianz s.p.a. e la Corte d’appello
di Milano, con sentenza depositata il 3 luglio 2013, ha accolto l’appello
e, in totale riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la
domanda del Valletta, condannando il medesimo alla restituzione della
somma di curo 117.697,41 nonché al pagamento delle spese dei due

3. Contro la sentenza d’appello ricorre Francesco Valletta con atto
affidato a due motivi.
Resiste la Allianz s.p.a. con controricorso.
4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di
consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ.,
in quanto appare destinato ad essere rigettato.
5. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art.
2049 cod. civ., mentre il secondo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
5.1. I motivi, da trattare congiuntamente in considerazione della
profonda connessione che li unisce, sono entrambi privi di
fondamento.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, ai fini
dell’applicabilità della norma di cui all’art. 2049 cod. civ., è sufficiente
un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l’incombenza
disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o
rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se il
dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché
sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli, così da non configurare
una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro (sentenze 24
gennaio 2007, n. 1516, 17 dicembre 2007, n. 26527, 25 marzo 2013, n.
Ric. 2014 n. 05127 sez. M3 ud. 19-05-2015
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gradi di giudizio.

7403, e 4 aprile 2013, n. 8210). 11 fatto che tale responsabilità possa
sussistere anche se il dipendente abbia operato oltrepassando i limiti
delle proprie mansioni o abbia agito all’insaputa del datore di lavoro
non consente di ritenere operativa la previsione dell’art. 2049 cod. civ.
quando, come nella specie, il fatto illecito sia avvenuto senza alcun

sussistenza o meno di tale collegamento costituisce accertamento
rimesso al giudice di merito, non censurabile in questa sede se
adeguatamente motivato.
5.2. La sentenza della Corte d’appello, con accertamento in fatto
congruamente motivato e privo di vizi logici, ha rilevato che nel caso
in esame i furti commessi dal Gerbelli in danno del Valletta — per i
quali si era svolto anche un processo penale conclusosi con
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione — si ponevano
come condotte prive di ogni collegamento funzionale con i compiti a
lui affidati dalla società Allianz; tanto più che il Valletta aveva
consegnato di sua spontanea volontà al Gerbelli le chiavi del proprio
appartamento, per cui i furti erano da ritenere del tutto estranei al
rapporto di dipendenza tra il Gerbelli e la società di assicurazione, sua
datrice di lavoro.
5.3. A fronte di tale motivazione, il ricorso, oltre a richiamare ampi
passi della sentenza penale di condanna emessa a carico del Gerbelli,
poi riformata in appello, insiste nel ritenere che, alla luce delle prove
raccolte, doveva ritenersi applicabile la norma dell’art. 2049 cod. civ.,
in tal modo sollecitando in questa sede un nuovo e non consentito
esame del merito.
Il secondo motivo, tra l’altro, è anche carente ai sensi dell’art. 366,
primo comma, n. 6), cod. proc. civ., poiché non indica né il momento

Ric. 2014 n. 05127 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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collegamento funzionale con l’attività lavorativa. E l’accertamento della

né la sede processuale nei quali sarebbe stata avanzata richiesta di
prova testimoniale nei termini di cui al ricorso.
6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio
per essere rigettato».

MOTIVI DELLA DECISIONE

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio,
ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti
nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n.
55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, del

d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.

Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, liquidate in complessivi curo 5.500, di cui
euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Non sono state depositate memorie alla precedente relazione.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto

della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile —3,11 19 maggio 2015.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

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