Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13425 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13425 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA

sentenza emessa
ai sensi dell’art.
2932 c.c.

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13864/11) proposto da:
CASTALDI RAFFAELE (C.F.: CST RFL 38M01 F839F), rappresentato e difeso,
congiuntamente e disgiuntamente, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli
Avv.ti Luigi Todino, Fabio Massimo Di Donna ed Enzo Giardiello ed elettivamente
domiciliato presso lo studio del terzo, in Roma, Via V. G. Galati n. 100/C – ricorrente contro
MAGNO MARIA (C.F.: MGN MRA 30H41 B759G), in proprio e in qualità di erede del de
cuius Vitagliano Biagio; VITAGLIANO GERARDO (C.F.: VTG GRD 64T27 B759B), in

proprio e in qualità di erede del de cuius Vitagliano Biagio; FALLIMENTO”CENTRO
CASEARIO CAMPANO” di VITAGLIANO BIAGIO, in persona del designato curatore, tutti
rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Ezio
Nuzzolo ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Michele Sandulli, in Roma,
via XX settembre n. 3; – controricorrentl —

Va

1

Data pubblicazione: 29/05/2013

e
VITAGLIANO LUCIA (C.F.: VTG LCU 62M68 B759C), in qualità di erede del de cuius
Vitagliano Biagio, e VITAGLIANO COSTANZA (C.F.: VTG CTN 49P58 B759G), in qualità
di erede del de cuius Vitagliano Biagio, rappresentate e difese, in virtù di procura speciale a
margine del controricorso, dagli Avv.ti Ferdinando Cuomo e Dario Cuomo ed elettivamente

– altre controricorrentl —

nonché
VITAGLIANO CARMINE (C.F.: VTG CMN 55A26 B759B), in qualità di erede del de cuius
Vitagliano Biagio; CAPOBIANCO GIUSEPPINA (C.F.: CPB GPP 65H44 B371F), in qualità
di erede del de cuius Vitagliano Giovanni; VITAGLIANO MARCO (C.F.: VTG MRC 85B26
F839Z), in qualità di erede del de cuius Vitagliano Giovanni; VITAGLIANO BIAGIO (C.F.:
VTG BGI 76H28 A064P), in qualità di erede del

de cuius Vitagliano Giovanni;

VITAGLIANO NICOLA (C.F.: VTG NCL 80M29 F839Z), in qualità di erede del de cuius
Vitagliano Giovanni; – intimati —
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) ;.tÉltg
, depositata il 5 ottobre
Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n.
2010;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10 aprile 2013 dal

Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
sentiti gli Avv.ti Enzo Giardiello, per il ricorrente, e Maurizio Cecconi (per delega),

nell’interesse delle controricorrenti Vitagliano Lucia e Vitagliano Costanza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Costantino Fucci, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato in data 22 aprile 1992, il sig. Raffaele Castaldi conveniva in
giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, Vitagliano Gerardo, nella qualità di erede del padre
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domiciliate presso lo studio dell’Avv. Maurizio Cecconi, in Roma, via U. De Carolis, n. 341B;

Vitagliano Biagio, per ottenere l’esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita,
stipulato in data 6 settembre 1984, avente ad oggetto un immobile sito in Cardito (Na), in
Via Nazionale n. 10. Previa autorizzazione del G.I., l’attore integrava il contraddittorio nei
confronti di tutti gli altri eredi del de cuius Biagio Vitagliano, cioè i figli Vitagliano Giovanni,
Vitagliano Carmine, Vitagliano Lucia e Vitagliano Costanza, nonché la moglie Magno

Radicatosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio Vitagliano Gerardo, contestando nel
merito la domanda attrice; si costituivano, altresì, tutti gli altri eredi, litisconsorzi necessari, i
quali eccepivano la carenza di legittimazione passiva, atteso il precedente intervento di una
loro rinuncia all’eredità del de cuius Biagio Vitagliano, manifestata in data 27 aprile 1992,
cinque giorni dopo la notifica dell’atto introduttivo di giudizio; infine, si costituiva il coniuge
superstite Magno Maria, che formulava anche domanda riconvenzionale.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 4935/1997, accogliendo integralmente la domanda
attrice, trasferiva al sig. Castaldi la proprietà del locale al piano terra del fabbricato in
Cardito, in Via Nazionale n. 10, sito in adiacenza della scala C, già di proprietà degli eredi
di Vitagliano Biagio; ordinava al competente conservatore dei R.R.I.I. di provvedere agli
adempimenti di rito, con esonero da responsabilità al riguardo e condannava i convenuti, in
solido, al pagamento delle spese processuali.
Premesso ciò, con atto di citazione e successivi atti di integrazione notificati tra il maggio
2001 ed il giugno 2003, il sig. Castaldi, conveniva in giudizio tutti gli eredi di Vitagliano
Biagio innanzi al Tribunale di Napoli, oltre ai due soci collettivisti Magno Maria e Vitagliano
Gerardo in proprio, in persona della Curatela fallimentare del C. Caseario Campano S.n.c.
di Biagio Vitagliano & C., per accertare e dichiarare la sopravvenuta impossibilità di
adempiere l’obbligazione scaturita dalla sentenza del Tribunale di Napoli n. 2195/1997,
costitutiva di diritti reali. Conseguentemente, chiedeva che i predetti convenuti fossero
condannati, in solido, al pagamento della somma corrispondente al valore attualizzato del
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Maria.

bene immobile, nonché alla rifusione delle spese anticipate per la registrazione della
sentenza, per la trascrizione della stessa e per gli eventuali importi da versare quale tassa
INVIM sul preliminare posto a base della suddetta sentenza, oltre alle spese, diritti ed
onorario di causa.
Si costituiva regolarmente la Curatela fallimento “Centro Ceseario Campano”, in persona

chiedendo che la domanda fosse dichiarata improcedibile ed inammissibile ed, in ogni
caso, venisse rigettata con vittoria di spese di lite.
Si costituivano, altresì, Vitagliano Costanza e Vitagliano Lucia, chiedendo che fosse
accertata l’intervenuta rinunzia all’eredità di Vitagliano Biagio, intervenuta in data 24 aprile
1992 e, per l’effetto, che venisse rigettata la domanda nei loro confronti per carenza di
legittimazione passiva, con vittoria di spese di lite con distrazione. Nella contumacia di tutti
gli altri convenuti, sopravvenuta la morte del convenuto Vitagliano Giovanni, il Giudice
ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredidegli crodel suddetto
de cuius.
Regolarizzato il contraddittorio, il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 6810/2005,
dichiarava il non luogo a procedere nei confronti del fallimento convenuto; rigettava le
domande nei confronti degli altri convenuti, per carenza di titolarità passiva del rapporto
dedotto in giudizio; condannava il Castaldi al pagamento, in favore del fallimento convenuto
e delle costituite Vitagliano Lucia e Vitagliano Costanza, delle spese del giudizio, con
distrazione delle stesse in favore dei loro difensori; poneva a carico dell’attore le spese di
c.t.u. .
Interposto gravame, con atto di citazione notificato il 21 luglio 2006, da parte del sig.
Castaldi Raffaele, che deduceva un’erronea, ingiusta ed ingiustificata interpretazione della
disciplina prevista dall’art. 485 c.c., oltre ad un’errata interpretazione dell’istituto giuridico

dell’emendatio libelli ed all’ingiusta condanna alle spese, la Corte d’appello di Napoli, nella
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del curatore avv. Livio Persico per i due soci collettivisti Magno Maria e Vitagliano Gerardo,

regolare costituzione di Lucia e Costanza Vitagliano, della Curatela del fallimento Centro
Ceseario Campano di Biagio Vitagliano & C., nonché di Maria Magno e Gerardo VItagliano
in proprio e, nella contumacia degli altri appellati, con sentenza n. 3220/2010, pubblicata il
5 ottobre 2010, rigettava l’appello proposto dal sig. Castaldi e lo condannava al pagamento
delle spese del secondo grado. A sostegno dell’adottata decisione la Corte partenopea

dagli eredi prima indicati il 27 aprile 1992 — e, conseguentemente, dell’operatività
dell’accettazione presunta contemplata dall’art. 485 c.c. — non poteva che comportare il
rigetto della domanda del Castaldi, la quale presupponeva proprio la qualità di eredi in
capo agli appellati. Inoltre, la stessa Corte territoriale evidenziava che l’appello del Castaldi
si profilava infondato anche perché era documentalmente risultato dimostrato che lo stesso
aveva perso il diritto di proprietà sul bene immobile a cui era riferito l’oggetto della
controversia, poiché, in base alle emergenze delle trascrizioni operate ed avendo
l’appellante omesso di trascrivere la sua domanda giudiziale (diretta al trasferimento del
diritto di proprietà acquisito ex art. 2932 c.c., in conformità alla previsione dell’art. 2652,
comma 1, n. 2, c.c.), la successiva intervenuta sentenza n. 2195 del 1997 (che aveva
accolto la sua domanda) non avrebbe potuto prevalere sulla trascrizione richiesta dal sig.
Orlando Del Villano.
Avverso la suddetta sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione
Castaldi Raffaele, articolato in tre motivi, al quale hanno resistito con controricorso gli
intimati Fallimento “Centro Caseario Campano di Biagio Vitagliano & C. S.n.c.”, nonché
Magno Maria e Vitagliano Gerardo in proprio. Le altre parti intimate non hanno svolto
attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione e
falsa applicazione degli art. 34 e 324 c.p.c., in relazione all’art. 2909 c.c., sul preteso errore
5

rilevava che la mancata dimostrazione dell’inefficacia della rinuncia all’eredità formulata

della Corte territoriale, che aveva statuito che la qualità di eredi del de cuius fosse
circoscritta — non essendo stata avanzata in quel giudizio domanda autonoma in tal senso
— solo a quel procedimento con efficacia incidenter tantum

(e, quindi, con natura

meramente endoprocessuale) e che, per l’effetto dell’accertamento della qualità di eredi,
occorreva — nel giudizio di trasformazione dell’obbligo di fare in obbligo di dare — fornire la

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha prospettato l’omessa motivazione su un punto
decisivo della controversia, contestando, in particolare, che la Corte partenopea aveva,
senza motivazione, ignorato che l’accertamento della qualità di erede ai fini del
trasferimento di un bene immobile, rappresentava anche un accertamento in ordine alla
proprietà del bene necessario ai fini dell’acquisto mortis causa ex artt. 2648 e 2650 c.c.,
onde evitare il trasferimento della res a non domino.
3. Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza d’appello, per omessa
pronuncia relativamente al secondo e terzo motivo di gravame, relativi alla dedotta errata
interpretazione dell’istituto giuridico dell’emendati° libelli in ordine alla “reductio del petitum”
e alla prospettata ingiustizia della sua condanna alle spese nei confronti degli eredi
Vitagliano falliti in proprio.
4. Rileva il collegio che i primi due motivi — esaminabili congiuntamente, siccome
strettamente tra loro connessi – devono ritenersi inammissibili per le ragioni che seguono.
Infatti, le due predette censure attengono esclusivamente alla questione di merito
principale dedotta con l’appello da parte del Castaldi e che è stata respinta dalla Corte
territoriale sul presupposto che la mancata dimostrazione dell’inefficacia della rinuncia
all’eredità formulata dagli eredi il 27 aprile 1992 e, conseguentemente, dell’operatività
dell'”accettazione presunta” di cui all’art. 485 c.c., comportasse il rigetto della domanda
dello stesso Castaldi, che implicava proprio la qualità di eredi in capo ai convenuti-appellati.

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prova della qualità di eredi del de cuius Vitagliano Biagio.

Senonché, la sentenza di rigetto qui impugnata della Corte partenopea non risulta fondata
solo sulla ravvisata infondatezza della doglianza concernente la mancata prova della
qualità di eredi di Biagio Vitagliano del coniuge e dei figli, è stata basata anche su ulteriori
ed autonome “rationes decidendi” (siccome in grado, in ogni caso, di sorreggere, di per sé,
la statuizione di rigetto), che non sono state, altrettanto autonomamente e specificamente,

Ed invero, dalla sentenza oggetto di ricorso, si evince che la domanda attorea si sarebbe
dovuta ritenere infondata anche sotto ulteriore e distinto profilo, riconducibile alla
prevalenza, nel conflitto tra lo stesso Castaldi Raffaele e Del Villano Orlando, di
quest’ultimo, per aver prima operato l’adempimento della trascrizione presso la competente
Conservatoria. In particolare, nella decisione di secondo grado, risulta sostenuto che la
perdita del diritto di proprietà sul bene immobile controverso, da parte del Castaldi, era
derivata, non solo dall’aver il Vitagliano Biagio promesso in vendita a due diversi acquirenti
lo stesso cespite immobiliare,

1~3—
8 anche e soprattutto per effetto della tardività della

trascrizione della sentenza n. 2195 del 1997 del Tribunale di Napoli, ottenuta dal medesimo
Castaldi, rispetto alla sentenza n. 269 del 1997 della sezione distaccata di Afragola,
ottenuta dal Del Villano (malgrado la precedente pubblicazione della sentenza favorevole al
Castaldi rispetto a quella emessa a vantaggio del Del Villano).
Inoltre, la stessa Corte di appello di Napoli, nella sentenza in questione, ha ulteriormente
evidenziato, in relazione alla seconda “ratio decidendi” appena riportata, che il Castaldi era
onerato a provvedere alla trascrizione della sua domanda giudiziale, diretta al trasferimento
della proprietà attraverso l’ottenimento della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., ai sensi
del disposto dell’art. 2652, comma 1, n. 2, c.c., in modo tale che la successiva sentenza n.
2195 del 1997 del Tribunale di Napoli (prima ricordata) potesse prevalere sulla trascrizione
richiesta dal Del Villano; tuttavia, dagli atti non risultava che la trascrizione di tale atto di
citazione fosse stata effettuata, né il Castaldi aveva operato alcun riferimento
7

censurate con il ricorso proposto nell’interesse del Castaldi.

all’assolvimento di tale onere che, pertanto, nell’ambito del processo in discorso, si sarebbe
dovuto considerare come mai eseguito (e, quindi, non valutabile).
Alla stregua del riportato impianto argomentativo complessivo adottato dalla Corte
partenopea nella sentenza impugnata si desume che la stessa è stata basata su una
doppia “ratio decidendi”, ovvero l’una riguardante la questione del mancato adempimento

Biagio e l’altra, del tutto autonoma e distinta, in virtù della quale il Castaldi avrebbe potuto
evitare, in senso radicale, ogni pregiudizio relativo alla tutela giuridica dei suoi diritti se solo
avesse dimostrato di aver adempiuto tempestivamente all’onere di trascrivere la citazione
introduttiva del giudizio instaurato con la domanda ex art. 2932 c.c., provvedendo, peraltro,
a trascrivere la sentenza di accoglimento emessa all’esito del relativo giudizio
posteriormente alla trascrizione riguardante altra sentenza relativa allo stesso oggetto e
alla medesima azione intervenuta in favore di Del Villano Orlando.
Non essendo stata attinta questa seconda ed autonoma “ratio decidendi”, i motivi in
questione con i quali è stata investita la sola prima “ratio” della sentenza impugnata sono
da qualificarsi inammissibili, dal momento che — secondo la pacifica giurisprudenza di
questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 24540 del 2009; Cass. n. 3386 del 2011 e, da ultimo,
Cass. n. 22753, ord.) — non introducendo il ricorso per cassazione una terza istanza di
giudizio con la quale si può far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata,
caratterizzandosi invece come un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione
determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti, deve affermarsi
che, nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra loro
distinte ed autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, il
ricorso, per qualificarsi come ammissibile, deve rivolgersi contro ciascuna di queste, in
quanto l’eventuale suo accoglimento non toccherebbe le ragioni non censurate e la
decisione impugnata resterebbe ferma in base ad esse.
8

probatorio in ordine alla qualità di eredi dei figli e del coniuge del “de cuius” Vitagliano

Deve, in altri termini, ribadirsi che, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di
ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente
sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse
rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale,
essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe

Dalla ritenuta inammissibilità delle prime due censure deriva, per consequenzialità logica,
anche l’inammissibilità del terzo motivo afferente ad una questione meramente processuale
non correlata con l’autonoma “ratio decidendi” (riguardante il merito) non censurata ed al
regime delle spese legali, implicante una pronuncia di carattere accessorio (che
presuppone, per l’appunto, l’ammissibilità delle censure principali).
5. In definitiva, alla stregua delle ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Sussistono idonei e giusti motivi, in relazione alla peculiarità della vicenda processuale e
alla natura delle questioni giuridiche involte, per dichiarare interamente compensate le
spese di questo giudizio tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa integralmente tra tutte le parti
costituite le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 10 aprile 2013.

produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza.

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