Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13425 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 01/07/2020), n.13425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34019-2018 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO, 12,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VERGERIO DI CESANA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 18384/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 27/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RUBINO

LINA.

Fatto

RILEVATO

che:

G.M. proponeva nel 2015 opposizione all’esecuzione davanti al Giudice di Pace di Roma, in relazione ad una cartella esattoriale notificata da Equitalia Sud spa, relativa all’asserito mancato pagamento di due verbali di accertamento di violazione risalenti al 2011.

L’opposizione veniva rigettata e il G. veniva condannato alla rifusione delle spese di giudizio sia in favore di Equitalia s.p.a. sia in favore del Comune di Roma, benchè questi non fosse costituito con un avvocato ma rappresentato in giudizio da un funzionario autorizzato.

Il tribunale accoglieva l’appello del G., relativo alla condanna alle spese nei confronti del Comune, con sentenza n. 18384 del 2018 pubblicata il 24 settembre 2018 riformando la sentenza di primo grado, ma decideva di compensare le spese del giudizio di appello. Il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., dell’art. 118disp. att. c.p.c., dell’art. 132c.p.c., comma 2, n. 4, e degli artt. 24 e 111 Cost., nonchè il vizio della motivazione della sentenza di secondo grado laddove, pur avendo accolto il suo appello, ha compensato le spese di appello con una motivazione scarna e generica così formulata: “attesa la particolarità della questione e l’elevata controvertibilità è giusto compensare per intero le spese del grado”, non consentita dal tenore attuale dagli artt. 91 e 92 c.p.c..

Il motivo è infondato.

In tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione applicabile “ratione temporis”, alla luce della sentenza Corte Cost. n. 77 del 2018, con cui la Corte costituzionale ha nuovamente ampliato il perimetro della compensazione delle spese rispetto alla riduzione effettuata dal legislatore nel 2014 che aveva limitato la possibilità di compensare a due ipotesi tassative, (oltre, naturalmente, quella della soccombenza reciproca): “l’assoluta novità della questione trattata” e il “mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti”, tassatività che la Corte costituzionale ha ritenuto lesiva del principio di ragionevolezza e di uguaglianza, in quanto lascia fuori altre analogamente meritevoli ipotesi, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità, nè assolutamente generiche, rendendo la motivazione tautologica. Tuttavia, nel caso indicato, tenuto conto della maggior seppur contenuta flessibilità reintrodotta da Corte Cost. n. 77 del 2018, la motivazione adottata per compensare (all’interno di una motivazione complessiva estremamente sintetica, redatta con modalità telematiche ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 9 octies, convertito con modificazioni dalla L. n. 221 del 2012) appare rientrare nei limiti di legge.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte dell’intimato.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto egli è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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