Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13424 del 30/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13424 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 4569-2014 proposto da:
MAGNINI GIANNS elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA
MARTIRI DI BELFIORE 4, presso lo studio dell’avvocato ELVIRA
BACCHINI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO
CALABRESE giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente contro
ZAMBONI GABRIELLA;

– intimata avverso la senten7a n. 108/2013 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA del 21/03/20’13, depositata il 11/0.5/201 3;

Data pubblicazione: 30/06/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA
CIRILLO;
udito l’Avvocato Francesco Calabrese difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti.

È stata depositata la seguente relazione.
«1. Gabriella Zamboni convenne in giudizio, davanti al Tribunale di
Perugia, Sezione distaccata di Foligno, Gianni Magnini e, sulla
premessa di essere conduttrice di un immobile ad uso abitativo di
proprietà del convenuto, chiese che fosse determinato l’equo canone,
con condanna del locatore alla restituzione delle maggiori somme
percepite.
Il convenuto si costituì, chiedendo il rigetto della domanda ed
avanzando domanda riconvenzionale per l’accertamento
dell’occupazione

sine titulo

dell’immobile da parte dell’attrice,

sostenendo di aver stipulato due diversi contratti di locazione con il
marito della Zamboni.
Il Tribunale rigettò sia la domanda principale che quella
riconvenzionale, riconoscendo la legittimazione attiva della Zamboni e
l’esistenza di una doppia locazione.
2. La sentenza è stata appellata in via principale dalla Zamboni e in via
incidentale dal Magnini.
La Corte d’appello di Perugia, con sentenza depositata il 14 maggio
2013, ha accolto l’appello principale, ha rigettato quello incidentale, ha
condannato il Magnini a pagare alla Zamboni la somma di curo
12.217,26, a titolo di canone ultralegale percepito, con gli interessi da
ogni singolo pagamento al saldo, ed ha posto a carico del Mag-nini le
spese dei due gradi di giudizio.
Ric. 2014 n. 04569 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

3. Contro la sentenza d’appello ricorre Gianni Magnini, con atto
affidato a due motivi.
La Zamboni non ha svolto attività difensiva in questa sede.
4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di
consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ.,

e ad essere accolto quanto al secondo.
5. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art.
14, comma 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
Sostiene il ricorrente che, essendosi il contratto rinnovato tacitamente
in data 30 aprile 2002, successivamente all’entrata in vigore della legge
n. 431 del 1998, il rapporto dovrebbe considerarsi soggetto, a
decorrere da quella data, al nuovo regime di canone libero, non
potendosi configurare alcun indebito in riferimento ai canoni superiori
percepiti rispetto a quelli pattuiti in precedenza, nel vigore della legge
27 luglio 1978, n. 392.
5.1. Tale motivo appare non fondato.
pacifico, nella specie, che il contratto di locazione, stipulato sotto la
vigenza del regime del c.d. equo canone, si era tacitamente rinnovato,
per mancata disdetta del locatore, alla data suindicata.
Va applicato nella specie, quindi, il principio di diritto enunciato dalla
sentenza 5 giugno 2009, n. 12996, di questa Corte, secondo cui, in
ipotesi di pendenza, alla data di entrata in vigore della legge n. 431 del
1998, di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone
convenzionale ultralegale rispetto a quello previsto della legge n. 392
del 1978, qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi della
stessa legge n. 431 del 1998 (art. 2, comma 6), il conduttore,
nonostante l’abrogazione dell’art. 79 della legge n. 392 del 1978,
Ric. 2014 n. 04569 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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in quanto appare destinato ad essere rigettato quanto al primo motivo

verificatasi per effetto della cessazione della sua ultrattività fino al
momento della rinnovazione per il periodo in corso, cui allude l’art. 14,
comma 5, della legge n. 431 del 1998, può esercitare l’azione ai sensi
del detto art. 79 diretta a rivendicare l’applicazione fin dall’origine al
contratto del canone legale e la sostituzione imperativa di esso al

Questa pronuncia, tra l’altro, nell’occuparsi della possibilità di applicare
l’art. 79 della legge n. 392 del 1978 ai contratti in corso anche dopo la
sua abrogazione, ha dato conto di come tale questione fosse nuova
rispetto a quella risolta dalla sentenza 24 agosto 2007, n. 17995, di
questa Corte, impropriamente richiamata dalla Corte d’appello, la cui
motivazione dovrà, sul punto, essere corretta.
6. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.
3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 cod.
civ., rilevando che la Corte d’appello avrebbe erroneamente disposto la
decorrenza da ogni singola scadenza al saldo degli interessi sulla
somma da restituire al conduttore.
6.1. Questo motivo appare fondato.
Ed infatti questa Corte ha affermato che in tema di locazione di
immobili urbani, qualora il conduttore abbia corrisposto a titolo di
canone una somma maggiore rispetto a quella consentita dalla legge,
trova applicazione, in riferimento alla domanda di restituzione delle
somme corrisposte in eccedenza, la regola generale di cui all’art. 2033
cod. civ., secondo la quale gli interessi sulle somme da restituire
decorrono dal giorno della domanda giudiziale, se raccipiens era in
buona fede, e da quello del pagamento, se era in mala fede; in
particolare, alla violazione della norma imperativa che stabilisce il
canone per un immobile adibito ad uso di abitazione non consegue
automaticamente la mala fede del locatore, con la conseguenza che
Ric. 2014 n. 04569 sez. M3 ud. 19-05-2015
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canone convenzionale.

grava anche in questo caso sul conduttore l’onere di dimostrare di
essere stato indotto dal locatore alla corresponsione del canone in
misura superiore a quella legale, nonostante la sua volontà contraria, a
meno che la mala fede non emerga dalle circostanze di fatto (sentenza
31 ottobre 2005, n. 21113).

11259) e la sentenza non ha accertato in alcun modo la mala fede del
locatore, essendosi limitata ad affermare che egli non aveva applicato
una norma di legge «che gli imponeva di determinare il canone di
locazione applicando dei criteri di calcolo ben precisi».
7. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio
per essere respinto quanto al primo motivo ed accolto quanto al
secondo, con eventuale decisione nel merito».

MOTIVI DELLA DECISIONE
Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.
Ritiene il Collegio, a seguito della discussione avvenuta in camera di
consiglio, che la relazione debba essere integralmente condivisa, con
conseguente rigetto del primo motivo di ricorso ed accoglimento del
secondo.
La sentenza impugnata, pertanto, è cassata in relazione al motivo
accolto e il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Perugia, in diversa
composizione personale, la quale provvederà anche alla liquidazione
delle spese del presente giudizio di cassazione.

Per questi motivi
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la
sentenza impugnata in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Perugia,
in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle
spese del presente giudizio di cassazione.

Ric. 2014 n. 04569 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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D’altra parte, la buona fede si presume (sentenza 30 luglio 2002, n.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione

Civile — 3, il 19 maggio 2015.

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