Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13423 del 01/06/2010
Cassazione civile sez. I, 01/06/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 01/06/2010), n.13423
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.D. ((OMISSIS)), domiciliato in Roma, Via
Guido Reni 2, presso l’avv. A. Gargini, rappresentato e difeso dagli
avv. CIAFRE’ M. e G. Di Bartolomeo, come da mandato in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero della Giustizia, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi
12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che per legge lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 383/2007 cron. della Corte d’appello di Ancona,
depositato il 21 maggio 2007;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
Udito per il ricorrente il difensore delegato, avv. Iacono, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso.
Udite le conclusioni del P.M., Dr. RUSSO Rosario, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Ancona ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 2.500,00 in favore di P.D., che aveva proposto domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio penale che, essendo egli stato informato per la prima volta del procedimento soltanto il 21 marzo 2001, si era concluso con pronuncia predibattimentale del 9 novembre 2005, dichiarativa dell’estinzione dei reati per prescrizione.
Ricorre per cassazione P.D. e lamenta:
a) che non si sìa tenuto conto della fase delle indagini preliminari;
b) che sia stata considerata ragionevole una durata di tre anni del giudizio di primo grado, detratta dal computo ai fini della liquidazione dell’indennità;
c) che non si sia tenuto conto della violazione del suo diritto a una tempestiva difesa;
d) che è inadeguata l’indennità liquidata per danno morale;
e) che non è stato liquidato il danno patrimoniale, relativo alle spese di difesa e alla perdita di opportunità lavorative;
f) che non sia stato risarcito il danno da lesione del diritto alla riservatezza, essendo stati trattati i suoi dati personali per un tempo certamente non necessario.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è manifestamente infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, nella valutazione della durata di un procedimento penale, il tempo occorso per le indagini preliminari può essere computato solo a partire dal momento in cui l’indagato abbia avuto la concreta notizia della sua pendenza, solo da tale conoscenza sorgendo la fonte d’ansia e patema suscettibile di riparazione. Ne consegue che, in relazione al momento anteriore alla notificazione del decreto di citazione in giudizio, i ricorrenti sono gravati dall’onere di allegare specificamente quando abbiamo appreso di essere stati assoggettati ad indagine penale” (Cass., sez. 1^, 23 dicembre 2009, n. 27239, m. 610994).
Di tale onere non si è fatto carico P.D.; come non s’è fatto carico dell’onere di provare il danno patrimoniale da perdita di opportunità o da lesione del diritto alla riservatezza, che pure gli incombeva (Cass., sez. 1^, 2 febbraio 2007, n. 2246, m.
599839).
Quanto al danno morale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “il giudice investito della domanda di equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve preliminarmente accertare se sia stato violato il termine di ragionevole durata, identificando puntualmente quale sia la misura della durata ragionevole del processo in questione, essendo questo un elemento imprescindibile, logicamente e giuridicamente preliminare, per il corretto accertamento dell’esistenza del danno e per l’eventuale liquidazione dell’indennizzo” (Cass., sez. 1^, 9 settembre 2005, n. 17999, m.
584619).
Nel caso in esame i giudici del merito hanno determinato in tre anni la durata ragionevole della procedura e, quindi, in un anno e otto mesi l’eccedenza irragionevole della sua durata. E questa valutazione non è censurabile essendo corrispondente ai paramenti giurisprudenziali. Corretta è anche la determinazione dell’indennizzo in Euro 2.500,00 dal momento che la giurisprudenza ha “individuato nell’importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 la base di calcolo dell’indennizzo per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale, da quantificare poi in concreto avendo riguardo alla natura e alle caratteristiche di ciascuna contraversia” (Cass., sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630, m. 585927) .
Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del Ministero della Giustizia, liquidandole in complessivi Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2010