Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13422 del 01/06/2010

Cassazione civile sez. I, 01/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 01/06/2010), n.13422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via dei

Traghetti 12, presso l’avv. CAPORASO Sergio, che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.P., elettivamente domiciliata in Roma, Via della

Giuliana 35, presso l’avv. MOBRICI Saveria, che la rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– resistente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma nel procedimento n.

55693/05 in data 13.7.2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza

dell’11.5.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 13.7.2006 la Corte di Appello di Roma, in accoglimento del reclamo proposto da C.P., modificava le condizioni stabilite nella separazione consensuale disponendo che il marito M.C. versasse un assegno di mantenimento in suo favore di Euro 200,00 mensili. Ciò in quanto dopo la separazione si sarebbe manifestata una grave forma di artrosi anchilosante, che aveva dato causa ad una invalidità del 40% nel 2003, poi aumentata al 65% nel 2004.

Avverso la decisione M. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui faceva seguito memoria di costituzione della C., finalizzata alla partecipazione all’udienza di discussione. La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica dell’11.5.2010.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di impugnazione M. ha rispettivamente denunciato:

1) violazione dell’art. 156 c.c., u.c., sotto il duplice aspetto che la denunciata malattia non avrebbe rappresentato un fatto nuovo, essendo insorta fin dal 1994, e che comunque il fatto in sè della patologia in atto non avrebbe potuto determinare le conseguenze indicate, in mancanza di indagini finalizzate a stabilire l’effettivo impedimento di ulteriori attività lavorativa; 2) vizio di motivazione per il fatto che la Corte aveva affermato che la C. avrebbe potuto svolgere lavori socialmente utili, così implicitamente confermando l’esistenza di una sia pur ridotta capacità lavorativa.

Il primo motivo è infondate.

La Corte ha infatti correttamente individuato il “sopravvenuto giustificato motivo” non nell’esistenza di una patologia, ma nel suo significativo aggravamento, aggravamento che già nel 2003 aveva determinato una invalidità del 40%, poi lievitata con rapida progressione (e cioè nell’arco di un anno) fino al 65%.

Tale percentuale di invalidità, secondo la Corte di appello, avrebbe impedito alla C. di continuare a svolgere l’attività di pulitrice precedentemente intrapresa presso una cooperativa, consentendole viceversa di limitare il proprio impegno lavorativo soltanto per “saltuari lavori socialmente utili”, circostanza questa che avrebbe dato causa ad una diversa situazione rispetto a quella emersa in sede di separazione.

Si tratta dunque di valutazione di merito non viziata sul piano logico, e pertanto insindacabile in questa sede di legittimità.

Il secondo motivo è poi inammissibile per inosservanza dell’art. 366 bis c.p.c., attesa la mancata indicazione del fatto controverso.

Nel caso di denuncia di vizio di motivazione, infatti, la censura deve contenere una sintetica esposizione del fatto controverso, per tale dovendosi intendere un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti e che sia rappresentativo degli elementi di prova asseritamente valutati in modo illogico o illogicamente trascurati, nonchè del percorso logico in base al quale si sarebbe dovuto pervenire ad un accertamento di fatto diverso da quello posto a base della decisione, ove il preteso errore non vi fosse stato.

Nel caso in esame, viceversa, il ricorrente si è limitato a denunciare il vizio motivazionale “sul seguente fatto controverso decisivo della controversia: la capacità lavorativa della Sig.ra C.”, e quindi semplicemente ad indicare il punto della statuizione oggetto della sollecitata modifica, senza operare alcun riferimento agli ulteriori elementi sopra richiamati, relativi all’interpretazione della prova ed al percorso logico seguito dal giudicante.

Ne consegue che, stante l’inosservanza del disposto dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo, come detto, risulta inammissibile.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato, mentre nulla va stabilito in ordine alle spese processuali poichè la C. si è limitata a depositare memoria “ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione”, che peraltro non ha avuto luogo, e detto atto non costituisce una valida costituzione.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2010

 

 

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