Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13421 del 01/06/2010

Cassazione civile sez. I, 01/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 01/06/2010), n.13421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa

Massimo 33, presso l’avv. BENINCASA Maurizio, che la rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

V.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via Val Gardena

3, presso l’avv. DE ANGELIS Lucio, che lo rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 410/06 del

25.1.2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza

dell’11.5.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Terzino con delega per V.;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7.10.2003 il Tribunale di Roma pronunciava la separazione personale dei coniugi V.P. e P. M., addebitandola al marito e condannando quest’ultimo a corrispondere Euro 800,00 mensili alla moglie per il suo mantenimento, oltre al pagamento della rata di mutuo gravante sull’immobile costituente la casa coniugale, a lei assegnata.

La decisione veniva impugnata in via principale dal V. ed in via incidentale dalla P., ciascuno lamentandosi, per opposte ragioni, della quantificazione dell’assegno, che la Corte di Appello rideterminava nella seguente misura: assegno mensile di Euro 516,46 fino al dicembre 2005, con rivalutazione secondo indici ISTAT dal gennaio 2003; aumento di Euro 90,00 mensili dell’importo rivalutato dal gennaio 2005, e di Euro 200,00 a decorrere dal gennaio 2006.

Avverso la detta sentenza P. proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resisteva con controricorso il V..

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica dell’11.5.2010.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i tre motivi di ricorso P. ha denunciato violazione di legge e vizio di motivazione, rispettivamente sotto i seguenti profili: 1) artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2697, 2702, 1414, 1415 e 1417 c.c., per il fatto che la Corte territoriale aveva affermato che il reddito del V. sarebbe stato di circa Euro 3.000,00 mensili, senza peraltro chiarire le fonti di tale convincimento, il numero delle mensilità annuali, le causali e l’entità delle trattenute fiscali e previdenziali. Inoltre la Corte non avrebbe precisato le ragioni per le quali il reddito netto del V. sarebbe diminuito pur a fronte di un aumento del reddito lordo, non avrebbe considerato che il debito ulteriore per un prestito personale (Euro 180,00 mensili) avrebbe potuto essere stato contratto anche per una spesa del tutto voluttuaria, avrebbe errato nell’individuare nel 2008 la data di scadenza del mutuo – che viceversa sarebbe scaduto nel giugno 2007 -, avrebbe infine ritenuto attendibile la documentazione comprovante la corresponsione di un canone mensile di locazione di Euro 723,04, a torto addebitando ad essa ricorrente l’onere della prova della sua non veridicità;

2) artt. 115 e 116 c.p.c., art. 156 c.c., art. 433 c.c., e segg., per l’omessa considerazione del fatto che il V. avrebbe redditi adeguati, poichè funzionario di banca con un reddito di Euro 3.000,00 mensili, mentre essa ricorrente verserebbe in stato di bisogno, necessiterebbe di cure mediche e tali circostanze le impedirebbero comunque di far fronte al debito sorto per effetto della sentenza impugnata;

3) artt. 91 e 92 c.p.c., con riferimento alla compensazione per un terzo delle spese di primo grado ed alla compensazione integrale di quelle del giudizio di appello, e ciò tanto più ove si consideri che il punto relativo alla separazione con addebito non sarebbe mai stato oggetto di impugnativa.

Il ricorso è infondato.

Quanto al primo motivo, essenzialmente incentrato sulla pretesa errata determinazione del reddito percepito dal V., va invero osservato, contrariamente a quanto sostenuto dalla P., che la Corte territoriale ha quantificato il detto reddito sulla base di riscontri oggettivi puntualmente indicati, consistenti nelle buste paga acquisite agli atti; che l’asserita anticipata scadenza del mutuo risulta semplicemente affermata e non confortata da alcun elemento; che il riferimento alla natura voluttuaria del prestito personale è prospettato in via puramente ipotetica ed in termini possibilistici; che il canone di locazione è stato desunto dalla produzione di “documentazione idonea”, sicchè la contraria valutazione espressa al riguardo, come correttamente precisato dalla Corte, anzichè consistere in enunciazioni generiche avrebbe dovuto essere supportata da concrete e specifiche indicazioni.

Per il secondo motivo è sufficiente rilevare che la determinazione dell’assegno è espressione di giudizio di merito, nella specie logicamente motivato, e pertanto insindacabile in questa sede di legittimità. Quanto infine al terzo motivo la censura è inammissibile, atteso che rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito disporre la compensazione (nel caso in esame parziale per quanto concerne il giudizio di primo grado) delle spese processuali.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2010

 

 

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