Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13416 del 17/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/06/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 17/06/2011), n.13416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9402/2010 proposto da:

D.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEL VIMINALE 38, presso il SI.NA.DI, rappresentato e difeso

dall’avvocato CRISCI Salvatore, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.R. INDUSTRIE ALIMENTARI SPA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

RIDOLFINO VENUTI 30, presso lo studio dell’avvocato SILVIA CRETELLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato CRETELLA Mario, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 148/2009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

18/03/09, depositata l’01/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato Crisci Salvatore, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Cretella Mario, difensore della controricorrente che

si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. ELISABETTA CESQUI che nulla

osserva.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con ricorso notificato in data 30 marzo 2010, D.G. chiede, con cinque motivi, la cassazione della sentenza depositata in data 1 aprile 2009, con la quale la Corte d’appello di Salerno aveva respinto il suo appello nei confronti della datrice di lavoro A.R. Industrie Alimentari avverso la sentenza di primo grado che, riconoscendo l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato dal 1 gennaio 1988 al 30 giugno 2001, aveva condannato la società a pagargli le conseguenti differenze retributive, ma unicamente nei limiti della prescrizione quinquennale, con gli accessori dalla data della sentenza.

I motivi di ricorso attengono a:

– la violazione degli artt. 1, 3, 35 e 36 Cost., artt. 2095 e 2948 c.c., alla luce della sentenza n. 63/68 della Corte costituzionale e il vizio di motivazione, per avere i giudici di merito ritenuto la decorrenza della prescrizione quinquennale nel corso del rapporto di lavoro nonostante questo non fosse stato regolarizzato come rapporto di lavoro subordinato;

– la violazione dell’art. 2948 c.c. alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 63/68 e il vizio di motivazione, per avere valorizzato ai fini della decorrenza della prescrizione in corso di rapporto la presunta assenza, in fatto, di metus psicologico da parte del lavoratore;

– la violazione dell’art. 2120 c.c. e il vizio di motivazione, per avere ritenuto compresa nella liquidazione equitativa delle spettanze relative ai 59 mesi di rapporto non coperti da prescrizione quinquennale anche il t.f.r.;

– la violazione dell’art. 2948 c.c., n. 4 e il vizio di motivazione, per non aver liquidato il t.f.r. anche per il periodo dal 1 gennaio 1988 al 6 agosto 1996, comunque non coperto dalla dedotta prescrizione quinquennale, che per il t.f.r. decorre sicuramente dalla cessazione del rapporto, nel caso in esame intervenuta il 30 giugno 2001;

– infine, la violazione dell’art. 429 c.p.c., per avere fatto decorrere gli accessori del credito dalla data della sentenza anzichè da quella della maturazione dei singoli crediti.

L’intimata si difende dalle richieste del ricorrente con proprio rituale controricorso.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69 è regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg., con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.

Il ricorso è manifestamente fondato e va pertanto trattato in Camera di consiglio per essere accolto.

Quanto al primo motivo di ricorso, si rileva che la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi in proposito affermati da questa Corte suprema, con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

Secondo tale orientamento, infatti, “ai fini della individuazione del regime di prescrizione applicabile ai crediti retributivi” e alla luce della sentenza della Corte Cost. n. 63 del 1966. “il presupposto della stabilità reale del rapporto di lavoro deve essere verificato in relazione al concreto atteggiarsi del rapporto stesso ed alla configurazione che di esso danno le parti nell’attualità del suo svolgimento (dipendendo da ciò l’esistenza, o meno, della effettiva situazione psicologica di “metus” del lavoratore) e non già alla stregua della diversa normativa garantistica che avrebbe dovuto in astratto regolare il rapporto ove questo fosse sorto con le modalità e la disciplina che il giudice, con un giudizio necessariamente “ex post”, riconosce applicabili nella specie, con effetto retroattivo per il lavoratore: (cfr., ad es. Cass. 23 gennaio 2009 n. 1717, 13 dicembre 2004 n. 23227 e 22 giugno 2004 n. 11644, tutte pronunciate in casi in cui era in contestazione l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, per cui la Corte ha ritenuto escluso il presupposto della stabilità reale ai fini indicati).

Pur richiamando tale giurisprudenza, la Corte territoriale ne ha poi fatto una errata applicazione, dichiarando decorrente la prescrizione quinquennale in corso di un rapporto di lavoro del D. che la datrice di lavoro aveva disconosciuto, sostenendone la natura autonoma e che solo i giudici hanno accertato come sussistente. Con ciò, i giudici di merito hanno ritenuto di valorizzare il possibile dato di fatto della assenza di una situazione psicologica di metus in concreto nel ricorrente, secondo valutazioni soggettive e quindi assolutamente opinabili, comunque escluse dalla corretta applicazione della giurisprudenza richiamata (cfr. Cass. 21 maggio 2007 n. 11736).

Resta pertanto acquisita altresì la manifesta fondatezza del secondo motivo di ricorso e assorbito il quarto, essendo comunque da ritenere conseguente la non decorrenza della prescrizione quinquennale in corso di rapporto anche (e semmai soprattutto) per quanto riguarda il t.f.r..

Infine, anche il terzo e il quinto motivo di ricorso sono manifestamente fondati, concernendo istituti non suscettibili di liquidazione equitativa allorchè sono riferiti a crediti retributivi liquidati equitativamente.

I giudici di merito avrebbero pertanto dovuto individuare anno per anno, sia pure liquidati in via equitativa, i crediti retributivi utili per il calcolo del t.f.r., e ad ogni conseguente accantonamento annuo progressivo, effettuato ai sensi dell’art. 2120 cod. civ., commi 1 , 2 e 3, applicare la disciplina di cui ai successivi commi 4 e 5 del medesimo articolo.

Quanto alla rivalutazione e agli interessi sui crediti capitali, tali accessori avrebbero infine dovuto essere calcolati, a norma dell’art. 429 c.p.c., comma 3, dalla maturazione di ciascuno di essi e pertanto dalla data di cessazione del rapporto di lavoro quanto al t.f.r. e dal mese di maturazione quanto ai singoli crediti retributivi mensili equitativamente liquidati”.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente udienza in Camera di consiglio.

La società resistente ha depositato una memoria, deducendo il difetto di autosufficienza del ricorso per la laconicità e inadeguatezza nella ricostruzione storica della vicenda processuale (preciso contenuto della sentenza gravata e della motivazione di quella di primo grado, estremi di quest’ultima, etc.) e ribadendo le tesi difensive svolte in controricorso.

Il Collegio ritiene infondata la censura formulata dalla società nella memoria, avendo il ricorrente indicato tutti i fatti salienti e rilevanti della vicenda processuale che ha preceduto il ricorso per cassazione e condivide il contenuto della relazione, ritenendo pertanto manifestamente fondato il ricorso, che va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, ad altro giudice.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Salerno.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2011

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