Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13415 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13415 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 6924-2010 proposto da:
VIGNA FABBRI SPA 02124311008, IN PERSONA DELL’AMM.RE
DELEGATO

SEBASTIANELLI

RAPP.TE

AROLDO

SBSRLD37A26C453D, elettivamente domiciliati in ROMA,
V.LUCIO PAPIRI° 83, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIO AVITABILE, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti

2015
1311

contro

CONDOMINIO VIA SGURGOLA 9 ROMA, P.I. 80234120584,
elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA IPPONIO 2,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BERNARDINI,

Data pubblicazione: 30/06/2015

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ANDREA PETTI;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4684/2009 del TRIBUNALE di
ROMA, depositata il 02/03/2009;

udienza del 07/05/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito l’Avvocato Avitabile Antonio difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del
ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CONSIDERATO in FATTO
Sebastianelli Aroldo proponeva opposizione, innanzi al
Giudice di Pace di Roma, avverso il decreto ingiuntivo
n. 230/2005 con cui, su istanza del condominio di via ,

Sgurgola 9 di Roma, gli veniva ingiunto il pagamento

per lavori di rifacimento dell’impianto fognario comune.
L’opponente deduceva che il proprio locale rimessa
sottostante l’edificio condominiale era dotato di un
proprio impianto fognario autonomo “a dispersione”.
L’adito Giudice di prime cure rigettava la proposta
opposizione al detto D.I. con condanna alle spese di lite.
Avverso la succitata decisione interponeva appello il
Sebastianelli.
Resisteva al gravame il Condominio.
Con sentenza n. 4684/2009 il Tribunale di Roma, in
funzione di Giudice di appello, rigettava l’impugnazione
con condanna dell’appellante alle

RVICRe

del i udii

Per la cassazione dell’anzidetta decisione ricorre il
Sebastianelli, nonché la Vigna Fabbri S.p.a. —quale
odierna proprietaria del locale per cui è causa giusto
conferimento del medesimo Sebastianelli- con atto
fondato su due ordini di motivi.
Resiste con controricorso il Condominio intimato.
Ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., i
ricorrenti.
3

della somma di € 1.765,00 a titolo di quota di spettanza

RITENUTO in DIRITTO
“nullità per omessa motivazione ex n. 5 art. 360 c.p.c.”.
Parte ricorrente lamenta, nella sostanza, che la “la
motivazione della sentenza di gravame impugnata è
assolutamente incomprensibile”.
La censura non è fondata.
La motivazione della sentenza impugnata non è affatto
omessa o incomprensibile.
In effetti dalla lettura della parte motiva della gravata
decisione risultano le ragioni, adottate con condivise
argomentazioni, su cui è fondato il decisum della
sentenza di appello.
In quest’ultima vi è idonea spiegazione del fatto che il
Sebastianelli (pur avendo un proprio impianto fognario e
non utilizzando quello condominiale) era comunque
tenuto al richiesto pagamento.
Infatti il ricorrente, in quanto comproprietario
dell’impianto fognario condominiale, era tenuto al
pagamento pro quota delle spese necessarie alla sua
conservazione in misura proporzionale al valore della
sua proprietà esclusiva del locale interrato sottostante il
condominio di via Sgurgola n. 9 in Roma.
In ogni caso deve ribadirsi che “con riguardo
all’impianto di fognatura di un edificio in condominio
l’indagine diretta a stabilire se il condomino, che non
utilizzi detto impianto per essere collegato con altro
impianto, sia ugualmente comproprietario dell’impianto
condominiale e, quindi, in applicazione dell’art. 1123
c.c., sia tenuto a concorrere alle spese inerenti la sua
conservazione va condotta in base ai criteri indicati
dall’art. 1117 c.c. sull’individuazione delle parti comuni”
( Cass. civ, Sez. II, Sent. 6 dicembre 1991, n. 13160).
4

1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce il vizio di

Ed, ancora, va ribadito che proprio “i manufatti come le
fognature e simili rientrano fra le parti comuni
conservazione sono assoggettate alla ripartizione in
misura proporzionale al valore delle singole proprietà”
(Cass. civ., Sez. II, Sent. 27 novembre 1990, n. 11423).
Il motivo in esame è, quindi, infondato e deve essere
rigettato.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di
“violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 1123
c.c.” ex n. 3 art. 360 c.p.c.”.
Il motivo è assistito dalla formulazione di quesito teso a
conoscere se “per la ripartizione delle spese di
manutenzione di un bene asseritamente comune ma non
utilizzato .è legittimo applicare il criterio stabilito con
il terzo comma dell’art. 1123 c.c. che fa riferimento al
concreto utilizzo del medesimo ovvero debbasi,
comunque, far ricorso al criterio generale previsto
dall’art..1117 c.c. od a quello del primo comma del
medesimo articolo 1123 c.c.”.
Il motivo, anche per lo stesso ordine di ragioni innanzi
già esposte a proposito dell’esame del precentente
motivo, è infondato.
Deve, inoltre, rilevarsi che in atti non è contestata la
qualifica di proprietario, da parte del ricorrente, di unità
immobiliare facente parte del condominio de quo.
Tanto non poteva e non può che comportare, per lo
stesso ordine di ragioni innanzi già spiegate, la
doverosità della compartecipazione pro-quota alle sopese
di rifacimento dell’impianto ancorchè non utilizzato.
Al riguardo giova evidenziare che le spese di
mantenimento e difesa di una parte comune come
l’impianto fognario “non rientrano fra quelle di cui alle
norme ai commi secondo e terzo dell’art. 1123 c.c.,le
5

dell’edificio, ex art. 1117 n. 3 c.c., le cui spese per la

ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri”
( Cass. civ., Sez. Il, Sent. 4 maggio 1999, n. 4403).
Infine deve rilevarsi che la pretesa esclusione rispetto
all’affermato obbligo di contribuzioni pro-quota non
risulta neppure essere stata suffragata sotto altro profilo :
l’individuazione delle parti comuni dell’edificio
risultante dall’art. 1117 cc. non è stata “superata dalle
opposte risultanze di un determinato titolo” ( Cass. civ.
sez. II, Sent.1° agosto 2002, n. 11391 e SS. UU. n.
744911993).
Il motivo va, pertanto, respinto.
3.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano
così come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al
pagamento in favore del Condominio controricorrente
delle spese del giudizio, determinate in € 2.200,00, di cui
€ 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori
come per legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il

quali riguardano le cose comuni suscettibili di
destinazione al servizio dei condomini in misura diversa

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