Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13414 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13414 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: CURZIO PIETRO

SENTENZA
.2)21 ZiGQrso
BANCA

1U1-2010 propnntn d!

MONTE

PASCHI

SIENA

SPA

00884060526,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AVENTINA 3/A,
presso lo studio dell’avvocato SAVERIO CASULLI, che
lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
ICHINO PIETRO, BURRAGATO GUGLIELMO, giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

1370

contro

CAMPANELLA STEFANO CMPSFN62D17D969B;
– intimato –

Data pubblicazione: 29/05/2013

Nonché da:
CAMPANELLA STEFANO CMPSFN62D17D969B, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresenta

e

VACIRCA

difende

SERGIO,

unitamente

che

lo

all’avvocato

PAOLILLO VINCENZO, giusta delega in atti;
– controri corrente e ricorrente incidentale contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. 00884060526,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AVENTINA 3/A,
presso lo studio dell’avvocato SAVERIO CASULLI, che
la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
ICHINO PIETRO, BURRAGATO GUGLIELMO, giusta delega in
atti;
– controri corrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza definitiva n. 48/2010 della CORTE
D’APPELLO di GENOVA, depositata il 08/03/2010 R.G.N.
05/2008;
avverso la sentenza non definitiva n. 772/2008 della
CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 10/10/2008
R.G.N. 05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/04/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
CURZIO;
udito l’Avvocato CASULLI SAVERIO;

udito l’AvvocatO VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e incidentale.

..

Ragioni della decisione

1. Stefano Campanella, dipendente della Banca Antonveneta spa, con qualifica di
‘quadro super’ di 2° livello dal 2000, convenne in giudizio la datrice di lavoro,

comminatigli con lettere del 30 luglio 2003 e del 22 gennaio 2004 e consistenti
nella sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, rispettivamente per i periodi
12-26 agosto 2003 e 11-20 febbraio 2004. Chiedeva inoltre di dichiarare che
dall’agosto 2003 aveva subito una dequalificazione, illegittima, condannando
la banca ad “attribuirgli compiti corrispondenti a quelli di quadro direttivo 2°
livello ed in particolare di responsabile di agenzia” e a risarcirgli “il danno
procuratogli con i provvedimenti disciplinari illegittimi e con la
dequalificazione, patrimoniale e non patrimoniale, alla professionalità, alla
personalità, alla immagine, alla salute, esistenziale e morale, nella misura
risultanda in corso di causa anche in via equitativa”.
2. Il Tribunale accolse in parte la domanda, dichiarando la nullità della seconda
sanzione disciplinare, con la relativa condanna alla restituzione delle
retribuzioni trattenute.
3. Il Campanella propose appello.
4. La Corte d’appello di Genova, riformando in parte la decisione di primo grado,
con sentenza non definitiva pubblicata il 10 ottobre 2008, ha dichiarato che “la
banca convenuta a partire dal 2003 ha posto in essere nei confronti del
Campanella una illegittima dequalificazione professionale” condannandola “ad
adibire il Campanella a mansioni equivalenti a quelle in precedenza svolte ed a
risarcirgli il danno determinato equitativamente nella misura omnicomprensiva
del 30% dell’ultima mensilità percepita nella posizione di direttore d’agenzia,
moltiplicata per 22 mesi, oltre al danno alla salute”.
Ricorso n. 21631.10
Udienza 17 aprile 2013

chiedendo che venisse dichiarata la nullità dei provvedimenti disciplinari

5. Con sentenza definitiva depositata il 28 maggio 2010, dopo aver svolto una ctu
medico legale, quantificava il risarcimento del danno alla salute in 11.604,00
euro, oltre rivalutazione e interessi legali.
6. La Banca Monte Paschi di Siena spa, successore di Antonveneta spa, propone

7. Il Campanella ha depositato controricorso con ricorso incidentale articolato in
tre motivi. La Banca ha depositato controricorso nei confronti del ricorso
incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
8. Con il primo motivo la banca denunzia violazione e falsa applicazione dell’art.
2103 c.c. e degli artt. 66 e 67 del ceni 11 luglio 1999 per i Quadri direttivi ed il
personale della aree professionali dipendenti dalle aziende di credito.
9. La Corte avrebbe violato tali norme omettendo di considerare le previsioni
collettive che declinano in tre categorie i quadri direttivi, laddove avrebbe
mostrato di ritenere che il quadro bancario si identifica necessariamente con il
titolare di filiale, mentre invece il ccnl delinea la figura del quadro
specialistico, preposto a “metodologie professionali complesse, da procedure
prevalentemente non standard”, nel cui novero vanno fatte rientrare mansioni
del tipo di quelle di specialista nell’analisi, revisione e controllo di pratiche di
affidamento creditizio, affidate al Campanella.
10.Inoltre, sempre secondo la ricorrente, la Corte non ha considerato che il
passaggio da mansioni gestionali a mansioni specialistiche è consentito
dall’art. 67 del ccnl che prevede la piena fungibilità nell’ambito della categoria
dei quadri direttivi fra il 1° e il 2° livello retributivo. Disposizione ritenuta
legittima da S.U. 25033/2006., di cui la Corte non ha fatto corretta
applicazione.
11.I1 motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: se lo spostamento di un
Quadro direttivo dal ruolo gestionale di direttore di filiale a quello specialistico
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Udienza 17 aprile 2013

ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.

di analista e revisore di fidi costituisca violazione dell’art. 2103 c.c., alla luce
delle norme del ccril citate.
12.Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c si denunzia che la
Corte ha omesso di accertare in concreto il contenuto delle mansioni svolte dal

13.1 due motivi, da trattare in ordine inverso, sono infondati.
14.11 secondo assume che la Corte avrebbe omesso di accertare le mansioni in
fatto svolte dal ricorrente e, a causa di ciò, denunzia un vizio di motivazione ai
sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
15.In realtà, dalla lettura della motivazione si evince che la Corte ha accertato e
valutato le mansioni svolte dal Campanella ed ha dato conto di ciò a pag. 11 e
ss. della sentenza. La motivazione pertanto sussiste ed è adeguata. La censura
della banca prospetta in realtà una diversa valutazione di quanto accertato, il
che è fuori dall’ambito del giudizio di cassazione.
16.Anche il primo motivo è infondato perché presuppone una valutazione in fatto
diversa da quella operata dalla Corte di merito e da questa basata su di una
motivazione completa e priva di contraddizioni. Può convenirsi con la
ricorrente sull’affermazione che la declaratoria del quadro direttivo si articola
in più figure/ consistenti non esclusivamente in quella di titolare di filiale, bensì
anche di preposto a “metodologie professionali complesse, da procedure non
standard”. Ma il punto su cui la Corte ha motivato un giudizio difforme è
costituito proprio dal fatto che i compiti affidati al Campanella non potevano
rientrare neanche in tale declinazione della attività del quadro direttivo,
consistendo in concreto in mansioni prive della necessaria autonomia e limitate
al compimento di analisi e valutazioni sottoposte al vaglio altrui. La Corte
infatti non si limita a constatare che il Campanella “non dirige e non organizza
più né persone, né una struttura”, ma aggiunge, e sottolinea: “soprattutto non
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Udienza 17 aprile 2013

Campanella.

ha più né autonomia, né responsabilità e si limita ad effettuare delle valutazioni
e delle analisi che però debbono essere sottoposte al vaglio di altri”. La
ricostruzione e valutazione delle mansioni operata dalla Corte di merito nei
termini su indicati esclude anche la possibilità di far rientrare l’attività del

equivalenza, giudizio che peraltro è, esso stesso, tutto interno al merito della
decisione (Cass. Sez. un. 25033/2006).
17.Con il terzo motivo, in via subordinata, la banca denunzia violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nel liquidare il risarcimento del
danno derivante dal demansionamento, laddove la Corte ha ritenuto raggiunta
in via presuntiva la prova del danno alla professionalità lamentato dal
lavoratore per il solo fatto che le nuove mansioni,a differenza delle precedenti,
riguardino uno specifico settore dell’attività aziendale anziché la totalità di
quest’ultima, ed il demansionamento si sia protratto nel tempo.
18.Con il quarto motivo si denunzia “insufficiente e contraddittoria motivazione
su di un punto decisivo della controversia: la Corte ha ritenuto di ravvisare un
danno alla professionalità del Campanella senza accertare il contenuto delle
mansioni da lui svolte nel periodo oggetto di causa e dando anzi atto
dell’assenza di sue puntuali e tempestive allegazioni circa il pregiudizio
concretamente subito in conseguenza della ritenuta/qualificazione, nonché di
elementi processuali e fattuali deponenti in senso opposto alla ritenuta
configurabilità del danno da dequalificazione”.
19.11 quarto motivo deve essere rigettato perché si basa su di una affermazione
della cui infondatezza già si è detto, quella per cui la Corte non avrebbe
accertato e motivato in ordine alle mansioni in fatto svolte dal Campanella.
20.Quanto al problema posto con il terzo motivo, la Corte ha seguito le
indicazioni delle Sezioni unite perché, dopo aver escluso il danno alla
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Udienza 17 aprile 2013
Pietro Curzio, est
4

e

‘K

Campanella nell’area in cui il contratto collettivo consente il giudizio di

immagine e il danno derivante dalla perdita degli incentivi, rigettando i relativi
capi della domanda, ha accolto il capo della domanda relativo al danno alla
professionalità, non già ritenendolo sussistente ‘in re ipsa’ per il solo fatto del
demansionamento, ma operando una valutazione per presunzioni e sulla base

conformità all’insegnamento delle Sezioni unite, espressamente richiamato in
sentenza, e ribadito anche di recente da questa Sezione (da ultimo, Cass. 16
febbraio 2012, n. 2257, ha affermato “la perdita di alcuni tratti qualificanti
della professionalità di un lavoratore, rilevante sia sul piano dell’autonomia dei
suoi compiti, sia del potere coordinamento nel caso di mansioni di secondo
livello, può essere valutata come elemento presuntivo al fine del
riconoscimento del risarcimento del danno da demansionamento”).
21.Alla stregua di questi principi di diritto la Corte di Genova ha valutato che
l’impoverimento della sua professionalità prospettato dal Campanella nel
ricorso introduttivo del giudizio, aveva trovato riscontro nel fatto che le nuove
mansioni affidategli dal 4 luglio 2003, riguardavano un limitato settore di
attività e comportavano una ridotta prospettiva di avanzamento professionale
ed un minore possibilità e necessità di aggiornamento. Il ragionamento
presuntivo e sulla base dell’id quod plerumque accidit, appare quindi
adeguatamente motivato.
22.Con il primo motivo del ricorso incidentale del Campanella si denunzia vizio
di motivazione insufficiente con riferimento al fatto controverso costituito dal
contenuto effettivo della domanda e dalla individuazione dei guadagni perduti
in conseguenza del demansionamento.
23.11 motivo riguarda la richiesta, rigettata, di risarcimento del danno derivante
dalla mancata percezione degli incentivi prima goduti a causa del

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Udienza 17 aprile 2013
Pietro Curzio, estei
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di un giudizio di probabilità, secondo l’id quod plerumque accidit, in

deman9onamento e risultante dai prospetti paga: ‘rimborsi spese preposti’ e
‘una tantum’.
24.

La motivazione, che si assume insufficiente, è a pag. 15 della sentenza e

consistile in due argomenti. La Corte spiega che nessuna quantificazione o

perduti (né è sufficiente la produzione dei prospetti paga che indicano una serie
di voci eterogenee) ed inoltre essi erano verosimilmente legati alla funzione di
direttore di agenzia, che il Campanella non avrebbe il diritto di mantenere
comunque”.
25.

La prima motivazione è sicuramente sufficiente e priva di

contraddizioni. Il vizio prospettato ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., è pertanto,
infondato e si risolve in realtà in una richiesta di rivalutazione del merito della
decisione, laddove ricostruisce il contenuto e valuta la specificità delle
allegazioni del ricorso, inammissibile in sede di giudizio di legittimità.
26.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del

combinato disposto degli artt. 2103, 2043 e 1218 c.c. laddove la Corte nella
seconda parte della su indicata argomentazione ha negato la considerazione
degli incentivi perché il Campanella non aveva diritto a mantenere la funzione
di direttore di agenzia. Anche questo motivo è infondato, se non altro perché
riguarda una motivazione aggiuntiva, una ‘ratio decidendi’ secondaria, con la
conseguenza che, anche se la censura fosse fondata, non sposterebbe l’esito
della decisione.
27.Con il terzo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 7
della legge 300/1970, in quanto il codice disciplinare con riferimento ai quadri
direttivi non prevedeva la sospensione, ma altri provvedimenti conservativi ed
espulsivi e difettava del requisito della correlazione in quanto gli
inadempimenti erano correlati semplicemente ad una indicazione di gravità o
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Pietro Curzio, esg
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specifica indicazione si rinviene in merito agli incentivi che sarebbero stati

levità e quindi alla discrezionale valutazione del datore. L’inadeguatezza del
codice non era surrogata dal ccnl, che specifica le sanzioni ma non le
violazioni. La sanzione doveva quindi ritenersi illegittima perché si trattava di
sanzione conservativa e per questa categoria di sanzioni non trova applicazione

28.La Corte di Genova ha motivato anche su questo tema in modo puntuale,
articolando i seguenti passaggi: il datore di lavoro ha contestato i fatti indicati a
pag. 6 della sentenza (in estrema sintesi: cambio di numerosi assegni, per
consistenti importi, relativi a rapporti accesi da poco tempo da società e
persone fuori zona, che venivano artatamente trasformati in versamenti in
contante, così eludendo le segnalazioni di rischio sbf assunto) L’effettività di
tali fatti, che nella contestazione sono puntualmente specificati, non è mai stata
negata dal lavoratore. Si tratta di una condotta che contrasta con prassi
consolidate di comportamento bancario, rientranti nella ‘comune esperienza’
(per prassi adottata da tutti gli Istituti bancari il cambio di assegni viene negato
al correntista che non abbia almeno pari provvista sul conto corrente e, qualora
tale provvista manchi, per poter disporre del denaro occorre attendere il tempo
necessario per verificarne la copertura). Si applicano pertanto i principi
affermati da Cass. 2004/16291 (Ai fini della validità del licenziamento
intimato per ragioni disciplinari non è necessaria la previa affissione del codice
disciplinare, in presenza della violazione di norme di legge e comunque di
doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di
specifica previsione; ne consegue che i comportamenti del lavoratore
costituenti gravi violazioni dei doveri fondamentali – come quelli della fedeltà
e del rispetto del patrimonio e della reputazione del datore di lavoro – sono
sanzionabili con il licenziamento disciplinare a prescindere dalla loro
inclusione o meno all’interno del codice disciplinare, ed anche in difetto di
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Udienza 17 aprile 2013

il principio del `minimum etico’, valido solo per le sanzioni espulsive.

affissione dello stesso, purché siano osservate le garanzie previste dall’art. 7,
commi secondo e terzo, della legge n. 300 del 1970).
29.A1 problema posto nel motivo e sintetizzato nel quesito di diritto, costituito
dalla estensibilità o meno dei principi affermati da tale decisione anche alle

questa Corte. In particolare, Cass. 1926 del 2011 ha affermato: anche
relativamente alle sanzioni disciplinari conservative – e non per le sole sanzioni
espulsive – deve ritenersi che, in tutti i casi nei quali il comportamento
sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito,
perché contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia
necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare, in quanto il
lavoratore ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica
predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte
del codice disciplinare, della illiceità della propria condotta.
30.Tale orientamento deve in questa sede essere ribadito.
31.In conclusione, entrambi i ricorsi sono infondati e devono essere rigettati. Tale
soluzione comporta la compensazione integrale delle spese del giudizio di
legittimità tra le parti.
PQM
La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa integralmente le spese del
giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 aprile 2013
consiglieretensore
u

sanzioni conservative è stata data soluzione positiva dalla giurisprudenza di

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