Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13410 del 17/06/2011
Cassazione civile sez. trib., 17/06/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 17/06/2011), n.13410
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 16451/2009 proposto da:
EQUITALIA POLIS SPA SOCIO UNICO (OMISSIS) agente della
riscossione dei tributi – appartenente al Gruppo Equitalia SpA –
agente della riscossione per le province di Avellino, Benevento,
Bologna, Campobasso, Caserta, Isernia, Napoli, Padova, Rovigo,
Salerno e Venezia in persona del Direttore Operativo, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio
dell’avvocato MARESCA Arturo, che la rappresenta e difende, giusta
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
L.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo Studio dell’avvocato
BARBANTINI FEDELI MARIA TERESA, rappresentato e difeso dall’avvocato
MODENA Franco, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 24/2008 della Commissione Tributaria Regionale
di VENEZIA del 29.5.08, depositata l’11/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
18/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
udito per la ricorrente l’Avvocato Arturo Maresca che si riporta alla
memoria.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDERICO
SORRENTINO che si riporta alla relazione scritta.
La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata
depositata in cancelleria la seguente relazione: Corte Suprema di
Cassazione Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei
ricorsi civili Sezione Tributaria, relazione ai sensi dell’art. 380
bis c.p.c., sulla causa n. 16451/2009;
Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti
depositati.
Fatto
OSSERVA
La CTR di Venezia ha respinto l’appello di Equitalia Polis spa- Agenzia di riscossione tributi per la provincia di Rovigo – appello proposto contro la sentenza n. 80/02/2007 della CTP di Rovigo che aveva accolto il ricorso del contribuente L.G. – ed ha così annullatola cartella di pagamento notificata il 15.2.2007 afferente ad IRPEF-CSSN per l’anno d’imposta 1995.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che – avendo il contribuente aderito al condono della L. n. 289 del 2002, ex art. 12, con pagamento della prima rata ma senza versamento del saldo – la norma dianzi menzionata non prevede decadenza per l’ipotesi di omesso versamento del saldo del dovuto, sicchè correttamente il primo giudice aveva fatto applicazione dell’art. 16 della medesima legge, il quale contempla la facoltà di iscrizione a ruolo del residuo, con le conseguenti maggiorazioni di legge.
Equitalia spa ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il L. si è costituito con controricorso.
Il ricorso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Infatti, il primo dei tre motivi di censura proposti dalla ricorrente concessionaria (con rubrica informata alla tipologia del vizio di violazione di legge, che qui non mette conto trascrivere) è assistito da quesito inidoneo ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..
In merito al tema dei requisiti di contenuto del quesito che il ricorrente ha onere di formulare ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il quesito di diritto consiste non già in un’affermazione di diritto astratta ed avulsa dal caso concreto, ma in un interrogativo che deve necessariamente contenere, sia pure sintetizzandola, l’indicazione della questione di diritto controversa e la formulazione del diverso principio di diritto rispetto a quello che è alla base del provvedimento impugnato, di cui il ricorrente, in relazione al caso concreto, chiede l’applicazione al fine di ottenere la pronuncia di cassazione, in modo da circoscrivere l’oggetto di quest’ultima nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito stesso (Cass. S.U. n. 23732 del 2007; Cass. S.U. n. 20360 e n. 36 del 2007; Cass. n. 14682 del 2007). Nella specie di causa tutto ciò fa difetto, avendo il ricorrente proposto (peraltro articolandolo in tre diverse questioni in gran parte diverse tra loro, una di esse non trattate minimamente nella sentenza impugnata, e perciò con modalità già di per sè inammissibile) un quesito di tenore totalmente teorico e generico.
Infine i motivi secondo e terzo (rubricati sotto la specie del vizio di motivazione), oltre a non contenere il riepilogo riassuntivo della questione prospettata (a termini del citato art. 366 bis) contravvengono al principio che questa Corte ha costantemente affermato secondo cui il difetto di motivazione denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione delle norme giuridiche o comunque le ragioni a fondamento della decisione che attengano ad applicazione di norme o principi di diritto (tra le tante Cass. 22979/2004: “La nozione di punto decisivo della controversia, di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sotto un primo aspetto si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto”).
Nelle censure di parte ricorrente non è invece identificato nessun fatto ma si ragiona solo dell’erroneo governo della disciplina di diritto.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti:
che è stata depositata dalla parte ricorrente una memoria il cui contenuto non può essere condiviso, alla luce del fatto che (si ribadisce) il quesito di diritto articolato dalla parte ricorrente non risulta correlato alla situazione di fatto specificamente controversa in causa;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato.
che le spese di lite posso essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di questo grado, liquidate in Euro 600,00 oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2011