Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13407 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13407 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 13892-2012 proposto da:
DI FILIPPO ANTONELLA DFLNNL62P52F205J, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA S. TOMMASO D’AQUINO 80,

esso

lo studio dell’avvocato LUDOVICO GRASSI, che

la rappresenta e difende;
– ricorrente contro

PAPPALETTERA

ANTONIO

C.F.PPPNTN34P12F205A,

PAPPALETTERA

VINCENZO

C.F.PPPVCN40P25F205G,

elettivamente domiciliati in ROMA, V.ANGELO EMO 106,

ppags,;, lz atudieJ d1J vvcctu

IDO rA2TALnn,

eh

Data pubblicazione: 30/06/2015

rappresenta

e

difende

unitamente

all’avvocato

GIUSEPPINA CARUSO;
contraricorrenti nonchè contro
DI FILIPPO GIUSEPPE, PAPPALETTERA ANNAMARIA;

avverso la sentenza n. 856/2012 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 08/03/2012;

udienza del 16/04/2015 dl Conmigliere Dott. LINA
MATERA;
udito

l’Avvocato

Severino

Grassi

con

delega

depositata in udienza dell’Avv. Ludovico Grassi che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
sono comparsi gli Avv.ti Castaldo Ciro e Caruso
Giuseppina difensori dei controricorrenti che hanno
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto dell’unico motivo di ricorso.

– intimati

-0

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 24-11-2004 Di Filippo
Antonella conveniva in giudizio Pappalattera Antonio, Pappalettera
Vincenzo, Pappalettera Nunzia, Pappalettera Anna Maria e Di

della madre Pappalettera Teresa, deceduta il 25-11-1997, azione di
riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima spettante
a quest’ultima in forza della successione dei genitori Ventura
Antonia e Pappalettera Nicola, deceduti rispettivamente il 29-3-1984
e il 26-4-1985. La disposizione lesiva, secondo l’attrice, era
costituita dall’atto pubblico di vendita per notaio Lainati del 26-91975, con il quale i nonni materni Ventura Antonia e Pappalettera
Nicola avevano ceduto ed alienato ai figli Pappalettera Antonio e
Vincenzo le proprietà immobiliari ivi descritte; atto pubblico che,
secondo l’istante, era totalmente simulato e finalizzato ad escludere
dalla successione le figlie femmine Pappalettera Teresa, Anna Maria
e Nunzia. L’attrice, pertanto, nel far presente di avere appreso
dell’esistenza del menzionato atto pubblico del 26-9-1975 solo dopo
la morte della madre (25-11-1997), chiedeva che venisse disposta, ai
sensi dell’art. 556 c.c., la ricostruzione della intera massa
patrimoniale dei coniugi Ventura-Pappalettera, quale avrebbe dovuto
essere ove non fosse stato posto in essere il contratto di vendita
simulato, con conseguente determinazione della quota di legittima

1

Filippo Giuseppe, esperendo, ai sensi dell’art. 557 c.c., quale erede

spettante alla propria dante causa Pappalettera Teresa in Di Filippo,
ordine di rendiconto a carico dei simulati acquirenti Pappalettera
Antonio e Vincenzo e condanna di questi ultimi alla restituzione in
natura di beni immobili pari alla quota di legittima di sua

corrispondente valore in denaro.
Nel costituirsi, Pappalettera Antonio e Vincenzo eccepivano in
via preliminare la prescrizione dell’azione di riduzione e,
conseguentemente, la prescrizione ed inammissibilità dell’azione di
simulazione dell’atto del 26-9-1975, contestando, comunque, la
fondatezza della domanda attrice.
Di Giuseppe Filippo si rimetteva alle decisioni di giustizia,
mentre le altre convenute Pappalettera Anna Maria e Nunzia non si
costituivano.
Con sentenza in data 8-11-2006 il Tribunale di Milano
rigettava la domanda. Il giudice di primo grado, nel premettere che
l’attrice aveva proposto azione di riduzione di una disposizione
lesiva della quota di riserva della quale era titolare la madre
Pappalettera Teresa in Di Filippo, osservando che tale azione era già
prescritta al momento della morte di quest’ultima (25-11-1997),
essendo decorsi oltre dieci anni dalla data di apertura della
successione di Ventura Antonia e Pappalettera Nicola.

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competenza ovvero, in subordine, alla corresponsione del

Avverso la predetta decisione proponeva appello Di Filippo
Antonella.
Con sentenza in data 8-3-2012 la Corte di Appello di Milano
rigettava il gravame, rilevando che, al momento in cui l’attrice aveva

prescritta, per il decorso di dieci anni dall’apertura della successione
dei nonni materni.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Di
Filippo Antonella, sulla base di due motivi.
Hanno resistito con un comune controricorso Pappalettera
Antonio e Vincenzo.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Preliminarmente si rileva che dalla relata di tentata
notificazione del ricorso a Pappalettera Nunzia si evince che
queseultima è deceduta.
Poiché, tuttavia, la predetta intimata, già contumace nei
precedenti gradi del giudizio, non è parte necessaria in relazione
all’azione di riduzione proposta dall’attrice nei confronti di
Pappalettera Antonio e Vincenzo, non si ravvisa la necessità di
disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei suoi
eredi. La natura personale dell’azione di riduzione, infatti, comporta
che non si possa configurare un litisconsorzio necessario nei
confronti di tutti i legittimari, né dal lato attivo né da quello passivo,

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proposto l’azione di riduzione (24-11-2004), questa era già

essendo necessario convenire unicamente il soggetto che ha
beneficiato della disposizione che si assume lesiva (Cass. 13-122005 n. 27414; Cass. 20- 12-2011 n. 27770).
2) Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione o

relazione alla ritenuta prescrizione del diritto azionato dall’attrice.
Sostiene che la Corte di Appello ha semplicisticamente e
superficialmente ribadito il principio già fatto proprio dal giudice di
primo grado circa l’avvenuta prescrizione del diritto in capo
all’attrice, richiamando astratti concetti giuridici, senza evidenziare
con chiarezza il ragionamento giuridico seguito nel disattendere le
censure mosse dall’appellante. Deduce che l’art. 557 primo comma
c.c. attribuisce all’erede del legittimario un diritto di azione del tutto
autonomo, cioè completamente svincolato dalle determinazioni
dell’originario legittimario, rispetto a quello del suo dante causa.
Rileva che, poiché il termine di decorrenza della prescrizione
decennale dell’azione di riduzione va ricondotto al momento in cui il
titolare dell’azione può effettivamente e concretamente esercitare il
proprio diritto, nel caso di azione proposta dall’erede tale momento
coincide con quello in cui quest’ultimo ha acquisito il proprio status
di erede. Sostiene, pertanto, che nel caso di specie, poiché il termine
di prescrizione è cominciato a decorrere dalla data di apertura della
successione della legittimaria Pappalettera Teresa (25-11-1997), la

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falsa applicazione dell’art. 557 c.c. e l’insufficiente motivazione, in

proposta azione di riduzione deve ritenersi tempestiva. Richiama, a
sostegno della sua tesi, i principi affermati dalle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione nella sentenza n. 20644 del 2004, secondo cui il
termine di prescrizione dell’azione di riduzione inizia a decorrere

dal momento della effettiva conoscenza delle disposizioni lesive del
diritto alla quota di legittima; con la conseguenza che detta
prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può
essere fatto valere.
motivo è infondato.
La Corte di Appello ha fornito sufficiente giustificazione delle
ragioni della ritenuta prescrizione dell’azione di riduzione proposta
dall’attrice, spiegando che tale azione si prescrive nel termine
ordinario di dieci anni dall’apertura della successione del de cuius e
non da quello dell’accertamento della lesione della quota di
legittima; che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante,
tale termine è lo stesso sia nel caso in cui l’azione venga proposta
dal legittimario, sia nel caso in cui a proporla sia l’erede o avente
causa dal legittimario; che l’erede succede in tutti i rapporti, passivi
e attivi, che fanno capo al de cuius, e subisce tutte le decadenze,
preclusioni e, quindi, tutte le prescrizioni maturate a suo carico; che,
pertanto, al momento in cui l’attrice aveva proposto l’azione di
riduzione (24-11-2004), questa era già prescritta, per il decorso di

g,

dieci anni dall’apertura della successione dei nonni materni (29-31984 e 26-4-1985).
La decisione impugnata si sottrae alle censure mosse dalla
ricorrente, essendo sorretta da una motivazione immune da vizi

la materia.
Premesso, infatti, che, nel silenzio del legislatore, l’azione di
riduzione deve ritenersi soggetta all’ordinario termine di
prescrizione decennale, e che nella specie è stata chiesta la riduzione
di una donazione, si rileva che esattamente il giudice del gravame ha
individuato la decorrenza del predetto termine nella data di apertura
della successione dei donanti Ventura Antonia e Pappalettera Nicola.
La legittimità di tale statuizione trova conferma proprio nel
precedente richiamato dalla ricorrente (Cass. 25-10-2004 n. 20644),
con il quale le Sezioni Unite di questa Corte, nel comporre il
contrasto di giurisprudenza emerso in materia, prendendo le distanze
tanto dall’orientamento che faceva decorrere il termine di
prescrizione dell’azione di riduzione dalla data di apertura della
successione (Cass. 7-5-1987 n. 4230; Cass. 25-11-1997 n. 11809),
quanto dall’indirizzo che individuava il

dies a quo

nella

pubblicazione del testamento (Cass. 17-1-1970 n. 99; Cass. 15-61999 n. 5920), hanno affermato il principio di diritto secondo cui “il
termine decennale di prescrizione dell’azione di riduzione decorre

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logici ed avendo fatto corretta applicazione dei principi che regolano

dalla data di accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base
a disposizioni testamentarie lesive della legittima”.
Nella menzionata sentenza, infatti, è stato espressamente
precisato che “un problema di individuazione della decorrenza del

riferimento alla lesione di legittima ricollegabile a disposizioni
testamentarie”, giacché

“nel caso in cui la lesione derivi da

donazioni …è indubbio che tale termine decorre dalla data di
apertura della successione, non essendo sufficiente il relictum a
garantire al legittimario il soddisfacimento della quota di riserva “.
Ciò posto, si osserva che, essendo decorsi, al momento della
instaurazione del presente giudizio (24-11-2004), oltre dieci anni
dalla data di apertura delle successioni dei donanti Ventura Antonia
e Pappalettera Nicola (deceduti rispettivamente il 29-3-1984 e il 264-1985), appare ineccepibile la conclusione cui è pervenuta la Corte
territoriale circa la maturata prescrizione dell’azione.
Il fatto che a proporre l’azione di riduzione non sia stata la
legittimaria Pappalettera Teresa (deceduta il 25-11-1997), bensì la

termine di prescrizione dell’azione di riduzione può porsi solo con

sua erede Di Filippo Antonella, non muta i termini della questione.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, infatti,
l’art. 557, primo comma, c.c., che prevede che l’azione di riduzione
delle donazioni e delle disposizioni lesive della quota di legittima I

può essere proposta, oltre che dai legittimari, anche dai loro eredi (o

)Lo. e –a-V

aventi causa), non conferisce a questi ultimi un diritto autonomo
rispetto a quello spettante al loro dante causa, come tale soggetto a
un autonomo termine di decorrenza della prescrizione, individuabile
nel momento dell’acquisizione della detta qualità di erede.

l’azione di riduzione, pur essendo un’azione personale proponibile
soltanto dal legittimario, allorché quest’ultimo non l’abbia esercitata
né vi abbia rinunziato può essere fatta valere dai suoi eredi o aventi
causa, cioè da coloro ai quali il relativo diritto sia stato trasmesso
dopo l’apertura della successione.
La legittimazione degli eredi del legittimario trova, pertanto,
fondamento nella natura patrimoniale dell’azione in parola, il cui
carattere personale, come è stato precisato dalla giurisprudenza, non
incide sulla trasmissibilità del diritto, ma esclusivamente
sull’accertamento della lesione e della sua entità, che non deve farsi
con riferimento alla quota complessiva riservata a favore di tutti i
coeredi legittimari, bensì solo alla quota di colui che si ritiene leso
(Cass. 30-10-2008 n. 26254; Cass. 12-5-1999 n. 4698).
In forza dei principi generali che regolano la materia della
successione mortis causa, di conseguenza, l’erede subentra nella
titolarità dell’azione di riduzione spettante al suo dante causa nella
medesima posizione che competeva a quest’ultimo, anche in
relazione alla decorrenza dei termini di prescrizione.

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La disposizione in esame sta piuttosto a significare che

Ne discende, in particolare, che, allorché al momento
dell’apertura della successione dei legittimario risulti già maturato il
termine di prescrizione decennale dell’azione di riduzione, resta
preclusa all’erede la possibilità di esperire utilmente tale azione, non

diritto che quest’ultimo aveva già perduto.
3) Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’insufficiente
motivazione, in relazione al rigetto delle censure mosse
dall’appellante circa l’eccessività delle spese riconosciute in favore
del convenuto Di Filippo Giuseppe. Sostiene, inoltre, che la sentenza
di merito è incorsa nella violazione dell’art. 91 c.p.c., dovendo
essere le spese del giudizio poste a carico del soccombente in favore
della parte vittoriosa e non di chi, nei propri scritti difensivi,
ritenendo di “non dover prendere posizione a favore dell’uno e
contro l’altro”, si è rimesso “serenamente alla decisione che il
Tribunale assumerà”, come testualmente dedotto dalla difesa di Di
Filippo Giuseppe.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Quanto alla prima censura, si rammenta che la parte che
lamenti con ricorso per cassazione l’onerosità della liquidazione
delle spese processuali e la violazione della tariffa, ha l’onere di
specificare, a pena di inammissibilità, gli errori commessi dal
giudice, precisando ciò che ritiene non dovuto o liquidato in eccesso

9

potendo il decesso del legittimario comportare la reviviscenza di un

e, in particolare, le voci per le quali vi sarebbe stato il superamento
dei massimi della tariffa stessa (tra le tante v. Cass. 11-2-2005 n.
2862; Cass. 29-1-2003 n. 1382; Cass. 12-4-2001 n. 5467; Cass. 24-32000 n. 3536).

ricorrente, la quale si è limitata a dolersi in modo del tutto generico
dell’eccessività delle spese riconosciute dal giudice di primo grado e
confermate dalla Corte territoriale in favore di Di Filippo Giuseppe,
senza nemmeno indicare gli importi in concreto liquidati dal
Tribunale, né tanto meno lamentare specificamente la violazione dei
massimi tariffari.
La denuncia di violazione dell’art. 91 c.p.c., se riferita alle
spese di primo grado, deve ritenersi inammissibile, in quanto non
dedotta con i motivi di appello: dalla lettura della sentenza
impugnata e dello stesso ricorso (v. pag. 7), infatti, si evince che con
l’atto di gravame l’appellante si era limitata a lamentare
l’eccessività delle spese liquidate in favore di Di Filippo Giuseppe,
senza contestare la debenza di tali spese.
Se riferita al giudizio di appello, la censura appare infondata,
costituendo la condanna: dell’appellante al pagamento delle spese in
favore dell’appellato Di Filippo Giuseppe ineccepibile applicazione
del principio di soccombenza, stante il rigetto del motivo di gravame

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Nel caso in esame, tale onere non è stato adempiuto dalla

attinente alle spese liquidate in primo grado in favore del predetto
convenuto.
4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese

liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in curo 4.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16-4-2015
Il Consigliere relatore

Il Presidente

sostenute dai controricorrenti nel presente grado di giudizio,

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