Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13404 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13404 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 26972-2009 proposto da:
COMUNE DI CASTELSARDO, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI
LUCIANI l, presso lo studio dell’avvocato DANIELE
MANCA BITTI, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIOVANNI BATTISTA LUCIANO;
– ricorrente –

2015
1001

contro

SOLINAS GIANFRANCO PARTE COSTITUITASI CON C/RIC
26/01/10 SLNGFR55P121452D, SOLINAS GIUSEPPE MARIA
SLNGPP60A22C272F, elettivamente domiciliati in ROMA,

Data pubblicazione: 30/06/2015

VIA DEI GRACCHI 123, presso lo studio dell’avvocato
RAIMONDO DETTORI, rappresentati e difesi dall’avvocato
GIUSEPPE STARA;
– controricorrenti nonchè contro

intimato

avverso la sentenza n. 367/2009 della CORTE D’APPELLO lx(Actu/lig
SEZ.DIST. DI 41 SASSARI, depositata il 22/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/03/2015 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato MANCA BITTI Daniele, con delega
depositata in udienza dell’avvocato Giovanni Battista
LUCIANO, difensore del ricorrente che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigette del ricorso.

SOLINAS GIOVANNI FRANCESCO DECEDUTO;

Svolgimento del processo

1) Nel 1993 Giovanni Francesco Solinas ha agito contro il Comune
di Castelsardo per far accertare che l’ente non aveva il diritto
di utilizzare la strada privata di collegamento tra la propria

esposto che la strada era adiacente al campo sportivo comunale e
che erano stati aperti dei varchi di accesso secondari allo
stadio.
La domanda è stata accolta dal tribunale di Sassari nel luglio
2006 e la sentenza è stata confermata dalla locale sezione di
Corte di appello con sentenza 22 giugno 2009.
Per la cassazione di questa sentenza il Comune ha proposto tre
motivi ricorso, notificato il 7 dicembre 2009 e illustrato da
memoria.
I Solinas hanno resistito con controricorso.
Motivi della decisione
2) La Corte di appello ha ritenuto che la prova della titolarità
del bene ai fini dell’azione introdotta si poteva desumere dai
riferimenti, contenuti in un rogito Solinas/Bayslak, alla strada
esistente sul mappale 658, dalla deposizione del teste Oggiano
anch’egli acquirente di altro terreno che usava la stessa servitù,
dalle risultanze catastali verificate con consulenza tecnica.
Ha negato la presunzione di demanialità ex art. 22 c. 3 L.
2248/1865, trattandosi di vera strada privata, che in origine era
un sentiero di penetrazione agraria, asfaltato per permettere
l’accesso alle due aziende degli aventi causa da Solinas.
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abitazione e la via Sedini, da lui aperta su proprio terreno. Ha

Ha negato che vi fosse stato asservimento a servitù di uso
pubblico, perchè il transito dei clienti delle due ditte derivava
dalla costituzione di servitù fatta dal Solinas e quindi inerente
a esercizio di servitù privata e non per appagare esigenze
generali.
dicatio

ad patriam, non

essendovi prova di tale destinazione da parte del proprietario
Solinas a ingresso secondario dello stadio comunale
Ha ritenuto insussistente l’acquisto per usucapione della servitù,
non essendo nota la data di apertura degli accessi dalla strada al
campo sportivo e del loro uso da parte “quantomeno di ambulanze e
forza pubblica”.
3) Con il primo motivo il Comune denuncia violazione dell’art. 115
c.p.c..
Riferendosi all’utilizzo da parte della corte di appello del
rogito Baislak, documento che in comparsa di risposta di appello
(2007) i Solinas avevano detto di aver prodotto ad udienza del
1994, il Comune sostiene che tale produzione non sarebbe mai
avvenuta, perché nel 1994 Solinas avevano prodotto solo la nota di
trascrizione del loro atto di acquisto da tal Pisano.
Solo la Corte di appello, davanti al quale sarebbe stato
abusivamente prodotto, avrebbe parlato del documento.
Ciò comporterebbe violazione dell’art. 115 cpc. e conseguente
“invalidità della pronuncia”
La censura è per più aspetti inammissibile e comunque infondata.

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Ha negato che si potesse parlare di

In primo luogo i quesiti formulati ex art. 366 c.p.c. sono
formulati formulati in forma di interrogativi retorici, muovendo
dall’assunto indimostrato, che era da riassumere e specificare,
che il documento non era stato formalmente prodotto in giudizio.
In secondo luogo la doglianza non viene svolta in riferimento

ritenuta eventualmente indispensabile: è questa la norma che
governa la produzione di prove nuove in appello, in relazione alla
quale deve essere denunciata, e valutata, l’inammissibilità di un
documento.
In realtà il profilo processuale è risolto in una censura di
natura motivazionale – alla quale vanno ricondotte le critiche
basate sull’art. 115 c.p.c, cioè sulla valutazione dei documenti relativa al valore probatorio del documento.
Sul punto si ravvisa ulteriore deficienza del motivo.
Esso infatti trascura che la Corte di appello ha basato il suo
giudizio circa le caratteristiche del passaggio esercitato dal
Comune anche su altri documenti, tra cui quello Pisano di cui
parla lo stesso ricorrente.
Il ricorso non esamina né dimostra la decisività dell’eventuale
venir meno del rogito Baislak nel tessuto argomentativo,
decisività che è senz’altro da escludere.
La sentenza della Corte di appello ha fatto riferimento al rogito
solo al fine di trarne conferma della legittimazione degli
appellati (eredi Solinas) a proporre azione negatoria servitutis.

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all’art. 345 c.p.c. e all’eventuale ammissione implicita di prova

Poiché detta legittimazione veniva desunta anche da altri elementi
(testimonianza di altro acquirente da Solinas, risultanze
catastali, relazione del ctu), risulta evidente che il motivo,
malposto, è manifestamente infondato.
4) Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c.

Parte ricorrente sostiene che in causa era stata raggiunta la
prova della esistenza della strada da oltre venti anni, adiacente
alla pubblica via e afferma che sarebbe sbagliato ritenere che
Solinas abbia tollerato il passaggio dei mezzi comunali e di
portatori di handicap attraverso i cancelli, perché questo
comportamento avrebbe comportato la costituzione di servitù di uso
pubblico per dicatio ad patriam, servitù costituitasi senza
bisogno di decorso del tempo.
La Corte di appello avrebbe preteso indebitamente, per ravvisare
la dicatio, l’elemento della volontà del proprietario, che
sussisterebbe a prescindere dalla intenzione di costituire il
diritto.
Anche questa censura, proposta sotto il profilo della violazione
di legge, ma che Implica una censura motivazionale, è infondata.
Cass. civ., 22-03-2012, n. 4597 ha già avuto modo di chiarire che
«aver tollerato che su una parte del proprio fondo, che era stata
concessa in comodato ad alcuni soggetti per consentirne il
passaggio pedonale e carraio, transitassero anche persone diverse
dai comodatari non dà luogo di per sé a una dicatio ad patriam,

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per violazione dell’art. 825 cc

per la quale è richiesto un comportamento del proprietario che,
seppure non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso
pubblico, metta volontariamente, con carattere di continuità e non
precariamente, un proprio bene a disposizione della
collettività.»

rilevato come la strada privata sia stata aperta dal proprietario
per collegare alla via pubblica propri fondi posti oltre il
proprio terreno fiancheggiato dallo stadio e sia stata oggetto di
specifica cessione a beneficio dei fondi su cui insistono le
aziende costituite dagli aventi causa del Solinas (Bayslak e
Oggiano).
La Corte con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede
ha dunque ritenuto che la strada fosse stata creata ed
essenzialmente utilizzata per fini privati e che il solo fatto che
il proprietario avesse consentito il passaggio pubblico su parte
di essa per i mezzi di soccorso in occasione delle partite di
calcio (dunque un uso del tutto marginale) non valesse a
configurare la destinazione ad uso pubblico.
5) Infondato è anche il terzo motivo, che denuncia insufficiente e
contraddittoria motivazione.
Il ricorso afferma che dalle risultanze istruttorie si doveva
desumere la dicatio ad petriam e la natura ormai pubblica della
strada o quantomeno la costituzione di servitù di uso pubblico
perché utilizzata da oltre un ventennio.

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A questo principio corrisponde la sentenza impugnata, che ha

A tal fine è valorizzato, tra gli altri, un elemento: la esistenza
di un cancello in tufo, materiale che non si usa più dal 1975,
perché sostituito da blocchi di cemento vibrato; questa sarebbe la
prova di uso pubblico risalente ad oltre venti anni prima
dell’inizio del giudizio.

art. 366 bis c.p.c. non può essere accolto.
E’ infatti da notare che il profilo relativo all’usucapione
risulta trattato dalla sentenza di appello, che ha decisivamente
rilevato come non sia stata offerta precisa prova né dell’epoca
di apertura degli accessi dello stadio, né di quando le ambulanze
e la forza pubblica avrebbero cominciato a servirsi di tali
cancelli per accedervi. A poco vale addurre il flebile argomento
relativo ai materiali in uso al tempo e una diversa lettura delle
testimonianze.
Sui profili di merito correttamente considerati determinati della
Corte e insindacabili a meno di decisive carenze motivazionali,
non sono offerti significativi argomenti contrari.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna
alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo in
relazione al valore della controversia.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite
liquidate in euro 3.500 per compenso, 200 per esborsi, oltre

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OVh

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Anche questo motivo, non concluso da idoneo momento di sintesi ex

accessori di legge e spese generali.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della 2^ sezione

civile tenuta il 19 marzo 2015

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