Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13403 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/07/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 01/07/2020), n.13403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29008-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.E., P.G.;

– intimati –

Nonchè da:

P.E., P.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA NAZIONALE 204, presso lo studio dell’avvocato BOZZA

VENTURI ALESSANDRO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FALDELLA PAOLO;

– controricorrenti incidentali –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 972/2015 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 07/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

Fatto

PREMESSO

Che:

1. La sentenza della commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 972 del 7 maggio 2015, con cui sono stati annullati per difetto di motivazione gli avvisi notificati dall’Agenzia delle Entrate ad P.E. e P.G. per la liquidazione dell’imposta di registro pretesa su sentenza di divisione di beni pervenuti ai contribuenti in forza di diversi atti di acquisto, è impugnata, in via principale, dall’Agenzia, in via incidentale, dai P.;

2. l’Agenzia lamenta, con il primo motivo di ricorso, violazione del L. 212 del 2000, art. 7. Sostiene che la commissione, laddove ha ritenuto l’avviso carente di motivazione in quanto privo della indicazione della aliquota d’imposta applicata e della indicazione della base imponibile e in quanto facente riferimento ad una sentenza (di divisione) non allegata, ha errato. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34. La questione sottesa alla controversia è se l’imposizione deve essere riferita a (divisione di) masse plurime, come ritenuto dall’Agenzia facendo leva sul fatto che i beni erano pervenuti ai contribuenti in forza di diversi atti di acquisto, o a (divisione di) un’unica massa, come sostenuto dai contribuenti. Su questa questione la commissione non si è pronunciata perchè ritenuta assorbita (“i rilievi (relativi al difetto di motivazione) appaiono assolutamente preclusivi di ulteriori valutazioni nel merito della vicenda, in ordine al preteso errore di diritto in cui sarebbe incora al CTP di Bologna laddove non considera che, in base al disposto del D.P.R. n. 121 del 1986, art. 34, commi 1 e 4, rilevante ai fini della tassazione della sentenza di divisione è la provenienza dei beni …”);

3. i contribuenti, a loro volta, con i due motivi del ricorso incidentale, lamentano, violazione o falsa dell’art. 342 c.p.c. per non avere la commissione dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla Agenzia contro la sentenza di primo grado, malgrado che si trattasse di appello privo di specifiche censure (primo motivo) e violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la commissione compensato le spese del giudizio malgrado la soccombenza integrale dell’Agenzia e senza alcuna giustificazione (secondo motivo);

4. il primo motivo del ricorso principale è infondato. La commissione ha ritenuto la motivazione dell’avvisi carente perchè priva della indicazione dell’aliquota dell’imposta applicata e della indicazione della base imponibile. Ha rilevato inoltre che agli avvisi non era stata allegata la sentenza di divisione. Le carenze sono circostanza, in fatto, pacifica. La commissione ha deciso, nella sostanza, correttamente. Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che “L’avviso di accertamento sia delle imposte dirette sia di quelle indirette deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione dell’imponibile, dell’aliquota applicata e dell’imposta liquidata, nonchè dei criteri richiamati ai fini della rettifica” (Cass. 1134/2000). Gli avvisi sono dunque illegittimi. E’ ciò a prescindere dall’altra denunciata carenza (derivante da mancata allegazione della sentenza di divisione). Quest’ultima, al di là del favore per l’orientamento secondo cui “in tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione emesso D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 54, comma 5, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, è illegittimo, per difetto di motivazione, in quanto l’obbligo di allegazione, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare” (Cass. n. 29402 del 07/12/2017), o del favore invece per l’orientamento secondo cui “il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 54, comma 4 prevede che “nell’avviso devono essere indicati gli estremi dell’atto da registrare… e la somma da pagare”. Tali indicazioni risultano riportate nell’atto e sono sufficienti ai fini della motivazione dell’avviso di liquidazione, non essendo neanche necessario allegare agli atti la sentenza o il suo contenuto essenziale ai fini del pagamento dell’imposta di registro, trattandosi di pronuncia resa a seguito di giudizio che ha visto i ricorrenti quali parti in causa, trattandosi di provvedimento quindi conosciuto dalle parti, non potendosi ravvisare alcuna violazione del diritto di difesa tutelato dalla L. 212 del 2000, art. 7″ (Cass. n. 24098 del 12/11/2014, punto 3 della motivazione), pare nella specie affatto irrilevante -il chè esime da una scelta di preferenza tra le due opzioni giurisprudenziali profilatesi- atteso che, come documentato in ricorso, dalla Agenzia delle Entrate, i contribuenti, ricevuti gli avvisi, ebbero a presentare istanza di autotutela il cui contenuto dimostra la conoscenza del presupposto impositivo. L’obbligo di motivazione non può essere inteso in senso formalistico ossia nel senso che esso comprenda anche atti conoscibili e di cui, in concreto, risulti la conoscenza da parte del contribuente;

5. il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile perchè relativo a questione su cui la commissione non si è pronunciata avendola ritenuta (esattamente) assorbita;

6. il primo motivo di ricorso incidentale è assorbito;

7. il secondo motivo di ricorso incidentale è fondato e va accolto. La commissione ha in effetti violato la normativa evocata dai contribuenti. Nel dispositivo della sentenza ha statuito la compensazione delle spese malgrado la integrale soccombenza dell’Agenzia e senza far cenno, in parte motiva, al tema delle spese;

8. in relazione a questo motivo di ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata. Occorre rinviare la causa alla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per la quantificazione delle spese del merito dovute dalla Agenzia delle Entrate ai contribuenti;

9. il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale, accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il primo motivo di ricorso incidentale, cassa la sentenza in relazione al mezzo accolto e rinvia la causa, per le spese, anche del giudizio di legittimità, alla commissione tributaria regionale della dell’Emilia Romagna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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