Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13402 del 30/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/06/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 30/06/2016), n.13402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 255/2011 R.G. proposto da:

G.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Riccardo Paci del

Foro di Rimini ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Borsieri,

20, presso lo studio dell’Avv. Mario Piselli, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE e AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 57/19/2010, depositata il 31/05/2010.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28

aprile 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

BASILE Tommaso, il quale ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso e, in subordine, per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. G.C., esercente la professione di commercialista, impugnava il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate sull’istanza di rimborso delle somme versate a titolo di Irap per gli anni dal 2001 al 2005.

La C.T.P. di Bologna respingeva il ricorso, La C.T.R. dell’Emilia Romagna, con sentenza depositata il 31/05/2010, rilevata la sussistenza del presupposto impositivo per l’esistenza di elementi di organizzazione significativi, confermava la reiezione della domanda di rimborso del contribuente.

Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso il contribuente con due motivi.

L’Agenzia non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo di ricorso il contribuente denunzia la violazione dell’art. 2909 c.c., per inosservanza del giudicato esterno, costituito dalla sentenza della C.T.R. Emilia-Romagna n. 68/2006, con la quale era stato definitivamente accertato, con valore di giudicato, che per gli anni dal 1998 al 2001 l’attività professionale del contribuente non presentava un’autonoma organizzazione, con conseguente accoglimento della domanda di rimborso del contribuente.

3. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia l’omessa o erronea motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, deducendo che la sentenza della C.T.R. era carente nelle sue motivazioni, per non aver minimamente considerato l’eccezione di giudicato sollevata dal contribuente, ed erroneamente motivata per avere erroneamente ritenuto l’esistenza di un fatto decisivo, costituito dall’affidamento a terzi dell’elaborazione di dati dei propri clienti, che doveva invece escludersi sulla base degli atti di causa, quanto meno con riferimento alle annualità 2002, 2003 e 2005.

4. In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze.

A decorrere dal 1 gennaio 2001 (data di operatività delle Agenzie fiscali, secondo il disposto del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1) sono stati trasferiti alle Agenzie fiscali tutti i rapporti giuridici, i poteri e le competenze in materia tributaria facenti capo al Ministero dell’economia e delle finanze (D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57, comma 1), ivi compresa la gestione dei rapporti giuridici tributari pendenti in cui era parte l’Amministrazione statale (con subentro dell’Agenzia fiscale ex lege, a titolo di speciale successione particolare: sul punto, ex plurimis, Cass. n. 2608 del 2007; Sez. U, n. 3118 del 2006). Dopo tale data, pertanto, detto Ministero (già denominato Ministero delle finanze) è divenuto privo di legittimazione passiva o attiva nel giudizio di cassazione, essendo unica legittimata l’Agenzia fiscale competente.

Per l’effetto, va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione in materia tributaria indirizzato e notificato al menzionato Ministero dopo il 1 gennaio 2001 (come nella specie): e ciò sia nel caso in cui tale amministrazione abbia partecipato al giudizio di merito venendone estromessa, sia nel caso in cui non vi abbia partecipato (v. da ultimo Sez. 5, n. 18369 del 18/09/2015).

Nel caso di specie non risulta che il Ministero dell’economia abbia partecipato al giudizio di merito, il quale del resto è stato promosso nell’anno 2008.

Non avendo il Ministero svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere sulle spese.

5. Il primo motivo di ricorso è solo parzialmente fondato.

Come questa Corte ha già affermato, la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta (ad es. le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli. Da ciò consegue che deve escludersi l’efficacia esterna di un giudicato relativo ad un periodo di imposta IRAP in una controversia riguardante un’altra annualità, posto che l’accertamento deve ritenersi fondato su fatti non necessariamente comuni, ed anzi per loro stessa natura, atteso il carattere dinamico dell’attività professionale, soggetti a variazione in relazione al diversi periodi d’imposta (v. Sez. 5, n. 22941 del 09/10/2013, Rv. 628468).

Tanto rende inaccoglibile la censura nella parte in cui postula che il giudicato esterno, che ha affermato l’insussistenza dei presupposti di imposta per gli anni dal 1998 al 2001, possa spiegare effetti vincolanti nella controversia in esame in quanto relativa agli anni dal 2002 al 2005.

Non può invece negarsi alla predetta sentenza forza di giudicato nella presente controversia in quanto riferita anche all’imposta dovuta a saldo per l’anno 2001, dal momento che essa si riferiva espressamente anche a detta annualità d’imposta, restando irrilevante che in quella sede fosse richiesta solo la restituzione del primo e del secondo acconto, non essendo allora ancora stata versata la terza rata, data l’evidente comunanza tra i tre ratei del medesimo fondamento e rapporto d’imposta (cfr. Sez. 5, n. 9930 del 23/06/2003, Rv. 564462).

6. Venendo poi al secondo motivo, occorre rilevare che quanto alla solo parziale efficacia, nel presente giudizio, del giudicato esterno formatosi in relazione a diverse annualità, stante la necessità di autonoma valutazione in relazione ai diversi periodi d’imposta, si è già detto. La doglianza deve pertanto, sotto tale profilo, ritenersi assorbita.

Quanto all’errata indicazione, da parte della C.T.R., di un fatto in realtà non sussistente, la censura è carente di decisività.

Il giudice di secondo grado, infatti, ha effettuato una valutazione complessiva degli elementi (soggettivi ed oggettivi) idonei a giustificare la sottoposizione al tributo del contribuente, fondati sull’esame dei quadri RE ed IQ della dichiarazione dei redditi, evidenziando la disponibilità di uno studio, nonchè di personale dipendente e di collaboratori, vale a dire elementi rilevanti, e di per sè sufficienti, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, ad integrare il requisito dell’autonoma organizzazione (Sez. 5, n. 22674 del 24/10/2014, Rv. 632761).

In tale quadro complessivo, l’ulteriore elemento indicato dalla C.T.R. e la cui verità storica è contestata dal ricorrente, costituito dell’affidamento a terzi dell’elaborazione dei dati contabili della clientela, non assume carattere decisivo. In ogni caso, l’insussistenza di detto elemento, desumibile dall’esame degli atti processuali, precluso in questa sede in relazione al dedotto vizio di carenza motivazionale, avrebbe dovuto essere censurato con altro rimedio, trattandosi di vizio revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4.

7. In ragione del parziale accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va quindi cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito con il parziale accoglimento del ricorso, in quanto riferito all’importo versato a saldo dell’Irap dovuta per l’anno 2001.

Avuto riguardo alle ragioni della decisione ed al solo parziale accoglimento del ricorso le spese del processo vanno interamente compensate.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso in quanto proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze; accoglie in parte il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione;

rigetta il secondo motivo; per l’effetto cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo limitatamente alla parte in cui con esso si impugna il diniego di rimborso dell’Irap versata a saldo per l’anno 2001;

compensa per intero tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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