Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13402 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/07/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 01/07/2020), n.13402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29008-2015 proposto da:

P.L., P.M.F., P.G.,

P.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTEZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato BERNARDI GIUSEPPE, che li rappresenta

e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MILANO, A.R. O

R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3188/2014 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 16/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

Fatto

PREMESSO

Che:

1. la controversia tra i contribuenti P.L., P.M.F., Giovanna e P.B. e l’Agenzia delle Entrate verte sulla legittimità della sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 3188 del 25 febbraio 2014, con la commissione ha ritenuto motivato e basato sulla corretta applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 28 e art. 8, lett. b) tariffa, parte I, allegata, l’avviso di liquidazione notificato dall’Agenzia ai contribuenti per imposta di registro su verbale di conciliazione giudiziale sottoscritto tra i medesimi contribuenti e R.A. ed in forza del quale quest’ultimo era obbligato alla restituzione in favore dei primi, di una somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria in base a contratto risolto con il medesimo verbale di conciliazione;

2. i contribuenti ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi con i quali lamentano violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e art. 5, comma 2-bis e D.P.R. n. 131 del 1986, art. 54, per avere la commissione considerato l’avviso motivato malgrado che lo stesso non contenesse indicazione della tariffa d’imposta applicata nè delle “ragioni delle pretesa fiscale facendo generico riferimento ad un verbale di conciliazione non allegato” (primo motivo) e violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 28, per aver la commissione ritenuto applicabile detto articolo e, unitamente ad esso, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, lett. b), tariffa, parte I, allegata, laddove avrebbe invece dovuto ritenere il verbale di conciliazione soggetto a tassazione in misura fissa ai sensi del D.P.R., art. 37, e art. 8, lett. e), tariffa, parte prima, allegata;

3. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il primo motivo di ricorso è fondato. La L. n. 212 del 2002, art. 7 (rubricato “Chiarezza e motivazione degli atti”) stabilisce, al comma 1 che “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”. Nell’avviso di cui qui si discute (allegato al ricorso per cassazione con n. 1), emesso dalla direzione di Milano dell’Agenzia delle Entrate, è scritto che la pretesa impositiva si riferisce al “verbale di conciliazione n. 142/2010, emesso dal tribunale” (sottointeso) di Milano, è indicato il numero di repertorio della registrazione (“6596/2010”), sono indicate le parti. E’ scritto, ancora, che la pretesa è a titolo di “imposta principale di registro su atti giudiziari” ed è indicata la legge di riferimento (“D.P.R. n. 131 del 1986”). All’avviso non è allegato il verbale di conciliazione. L’avviso non riporta i presupposti normativi della pretesa impositiva. Il solo riferimento al D.P.R. n. 131 del 1986, senza precisa indicazione dell’articolo applicato, non basta a soddisfare l’obbligo motivazione perchè detto riferimento non consente di individuare con chiarezza in base a quale disposizione la pretesa impositiva è stata avanzata. L’avviso manca anche di riportare l’aliquota dell’imposta. Come questa Corte ha già avuto modo di precisare, “L’avviso di accertamento sia delle imposte dirette sia di quelle indirette deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione dell’imponibile, dell’aliquota applicata e dell’imposta liquidata, nonchè dei criteri richiamati ai fini della rettifica” (Cass. 1134/2000). Il fatto invece che l’avviso non rechi in allegato il verbale di conciliazione non è di per sè rilevante. L’obbligo di motivazione non può essere inteso in senso formalistico talchè esso non riguarda atti o documenti conosciuti dal contribuente. Tanto meno riguarda il verbale di conciliazione, atto, non solo conosciuto, ma redatto dal contribuente. Dato quanto precede e data l’evidente differenza tra verbale di conciliazione e sentenza non può estendersi al verbale di conciliazione l’orientamento giurisprudenziale espresso in alcune decisioni di questa Corte secondo cui “In tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione emesso D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 54, comma 5, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, è illegittimo, per difetto di motivazione, in quanto l’obbligo di allegazione, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare” (Cass. n. 29402 del 07/12/2017);

2. il motivo esaminato va dunque accolto e, restando, l’altro motivo di ricorso assorbito, la sentenza impugnata deve essere cassata;

3. non vi è necessità di accertamenti in fatto cosicchè la causa può essere decisa nel merito (art. 384 c.p.c.) con accoglimento dell’originario ricorso del contribuente;

4. le spese del merito sono compensate in ragione dell’evolversi della vicenda processuale;

5. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente;

compensa le spese del merito;

condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere al contribuente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro5000,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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