Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13401 del 30/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/06/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 30/06/2016), n.13401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6576/2010 proposto da:

IPM INFORMATICA PROGETTI MILANO SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA A.

BERTOLONI 29, presso lo studio dell’avvocato SALVO PETTINATO, che

lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 12/2009 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 20/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il resistente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate, verificata l’irregolarità della documentazione relativa alla domanda di condono presentata dalla società IPM srl Informatica Progetti Milano ai sensi della L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9 bis, iscriveva a ruolo le somme dovute per omessi versamenti Irpeg ed Ilor anno di imposta 2001. Seguiva l’emissione della relativa cartella di pagamento da parte dell’agente per la riscossione Esatri spa.

Contro la cartella di pagamento la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che con sentenza del 22.5.2007 lo rigettava.

La società proponeva appello alla Commissione tributaria regionale di Milano che con sentenza del 20.1.2009 lo rigettava. Il giudice di appello osservava che l’efficacia della domanda di condono prevista dall’art. 9 bis, doveva intendersi subordinata non solo al versamento del dovuto entro determinati termini, ma anche alla presentazione di una dichiarazione integrativa completa dell’apposito prospetto indicato nella L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, comma 3; escludeva la scusabilità dell’errore; escludeva l’applicabilità, in materia di condono, del principio di emendabilità della dichiarazione mediante dichiarazione integrativa.

Contro la sentenza di appello la società IPM propone ricorso deducendo sei motivi di impugnazione.

L’Agenzia delle Entrate dichiara di costituirsi al solo fine della partecipazione all’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che il perfezionamento del condono ai sensi del citato art. 9 bis, presuppone non solo il versamento delle somme dovute nei termini, ma anche la presentazione di una dichiarazione integrativa nella quale devono essere indicate in apposito prospetto, le imposte e le ritenute fiscali dovute per ciascun periodo di imposta interessato.

La censura è infondata. La L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, comma 3, stabilisce espressamente che, al fine di potersi avvalere delle disposizioni sulla definizione dei ritardati od omessi versamenti di cui ai precedenti commi 1 e 2, è necessario che la dichiarazione integrativa contenga un “apposito prospetto” recante l’indicazione delle imposte o ritenute dovute per ciascun periodo di imposta ed i dati del versamento effettuato. L’irregolarità della dichiarazione presentata dalla contribuente, sprovvista del quadro E contenente l’elenco degli omessi versamenti che si intendevano effettuare è ostativa al perfezionamento del condono poichè mancante dei dati cui raffrontare i versamenti effettuati al fine di verificare la correttezza del condono.

2. Con il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente escluso la sussistenza di un errore scusabile imputabile ad un semplice errore di trasmissione incolpevole, potenzialmente dovuto anche ai programmi dell’Agenzia delle Entrate.

La censura è inammissibile. Il giudice di merito ha ritenuto che “la contribuente non ha fornito alcun elemento atto a dimostrare che la dichiarazione integrativa fosse stata consegnata all’intermediario abilitato completa delle indicazioni prescritte dalla norma; non trova quindi il benchè minimo riscontro l’affermazione dell’appellante secondo cui si sarebbe trattato di un errore dell’intermediario o di una problematica emersa nella strumentazione o nei programmi messi a disposizione della Agenzia delle Entrate”. Il quesito formulato non contiene alcun quesito in ordine alla interpretazione di una norma di legge, ma propone a questa Corte di sostituirsi al giudice di merito nell’apprezzamento di fatto circa il carattere scusabile dell’errore, escluso dal competente giudice di merito con motivazione congrua e logica.

3. Con il terzo motivo denuncia l’errata applicazione del principio di emendabilità della dichiarazione e violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La censura è infondata. Questa Corte ha affermato che le disposizioni in materia di condoni fiscali sono derogatorie di quelle generali dell’ordinamento tributario ed integrano sistemi compiuti di natura eccezionale. Ne consegue che ciascuna delle diverse ipotesi di definizione agevolata previste dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, costituisce una propria specifica disciplina, di stretta interpretazione, non suscettibile di essere integrata in via ermeneutica nè dalle norme generali dell’ordinamento tributario, nè da quelle dettate per altre forme di definizione, (Sez. 6-5, Ordinanza n. 25238 del 08/11/2013, Rv. 629201). A maggior ragione non sono estensibili al condono le disposizioni relative alla facoltà di presentazione di dichiarazioni integrative, prevista del D.P.R. 322 del 1998, art. 8, recante disposizioni regolamentari in materia di dichiarazioni relative alle imposte.

4. Con il quarto motivo deduce violazione del principio di buona fede di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5. Con il quinto motivo deduce errata applicazione del principio dell’affidamento e violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2.

Le censure, da trattare congiuntamente, sono infondate. I richiami ai principi di buona fede e dell’affidamento di cui all’art. 10, commi 1 e 2, sono in conferenti, atteso che l’inosservanza delle prescrizioni stabilite dalla legge per beneficiare di sanatorie fiscali costituisce di per sè elemento oggettivo ostativo al perfezionamento della eccezionale procedura di condono, con conseguente irrilevanza della allegata “buona fede”. La tutela dell’affidamento assicurata dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, attiene alla non irrogabilità delle sanzioni ed è estranea al tema, affatto diverso, dell’intervenuto perfezionamento della procedura di condono.

6. Con il sesto motivo di appello deduce l’avvenuto pagamento delle imposte ed in parte degli interessi addebitati con l’atto impugnato ed errata applicazione dell’istituto della compensazione; violazione della L. n. 212 del 2000, art. 8 e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 163, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza dalla sentenza impugnata non risulta in alcun modo che l’appellante abbia devoluto al giudice di appello la questione in fatto relativa all’avvenuto pagamento di determinate somme esposte nella cartella di pagamento impugnata, nè la ricorrente deduce il vizio di omessa pronuncia od omessa motivazione, ma prospetta una questione di fatto senza assolvere l’onere di indicare, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il “tempo” ed il “luogo” in cui tale questione sarebbe stata introdotta nel processo, e senza assolvere il corrispondente onere di allegazione previsto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Si compensano le spese valutato il comportamento del contribuente che comunque ha versato somme a titolo di adesione al condono.

PQM

Rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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