Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13400 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13400 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 8731-2010 proposto da:
BARTUCCI ANTONIO BRTNTN46C29L328X, già elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SIRACUSA 16, presso lo studio
dell’avvocato MARSICO LUIGI, rappresentato e difeso
dall’avvocato PERRONE EUGENIO FELICE, giusta delega in
atti

2013

e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

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contro

EURINVEST FINANZA STABILE S.P.A. 00739960151, in
persona del

legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 29/05/2013


elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ANTONIO

BERTOLONI 31, presso lo studio dell’avvocato PULSONI
FABIO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MARESCA SILVIA, giusta delega in atti;
GRUPPO COIN S.P.A. 04850790967, elettivamente

studio dell’avvocato PULSONI FABIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARESCA
SILVIA, giusta delega in atti;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 404/2009 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 23/04/2009 r.g.n. 960/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/02/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato LATINI SIMONA per delega FABIO
PULSONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 31, presso

Svolgimento del processo
Pronunziando sulla domanda proposta da Bartucci Antonio nei confronti del
Gruppo Coin spa e della Eurinvest Finanza stabile s.p.a (già Standa spa ed
Euridea spa), il giudice del lavoro di Catanzaro rigettò la domanda per differenze

domande svolte per l’asserito svolgimento di superiori mansioni dirigenziali, oltre
che per il rimborso spese ed il recupero delle somme anticipate in costanza del
rapporto di lavoro.
Tale decisione è stata impugnata in via principale dal Bartucci ed in via incidentale
dal Gruppo Coin spa, ma la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 3/2 —
23/4/09, ha respinto entrambi gli atti di gravame con compensazione delle spese.
Ha rilevato la Corte che l’istruttoria svolta e la disamina delle declaratorie
contrattuali aveva consentito di accertare che il lavoro espletato in concreto dal
Bartucci era riconducibile alla qualifica già posseduta di “quadro” e non a quella
rivendicata di dirigente, per cui finiva per divenire irrilevante anche la questione
della prescrizione eccepita dalla controparte avverso le differenze retributive
vantate antecedentemente al 31 maggio 1997; in ogni caso, la transazione del 10
agosto 2001, impugnata dal lavoratore, aveva riguardato solo il T.F.R. Quanto alle
pretese economiche avanzate a titolo diverso dalle differenze retributive la Corte
ha osservato che la relativa domanda si era rivelata carente nella indicazione dei
rispettivi elementi di fatto e di diritto, mentre in merito all’importo preteso a titolo di
differenza sul TFR il relativo riconoscimento era rimasto subordinato
all’attribuzione delle somme rivendicate la cui domanda era stata, però, respinta.
Infine, quanto alla differenza pretesa tra la retribuzione spettante nel periodo di
mobilità per il raggiungimento dei requisiti pensionistici e l’importo di lire 50 milioni
percepito a titolo di esodo incentivato, ma successivamente impugnato dal
lavoratore, la Corte ha evidenziato che il presupposto fatto valere dal Bartucci per
la giustificazione di tale preteso credito, vale a dire la illegittima applicazione della

retributive pretese dal ricorrente a vario titolo e dichiarò inammissibili le ulteriori

procedura di avviamento alla mobilità, era diverso da quello prospettato in prime
cure ed inoltre il generico richiamo al “metus” che lo avrebbe indotto ad accettare il
suddetto incentivo era rimasto sfornito di qualsiasi elemento di conforto. La Corte
ha, altresì, respinto l’appello incidentale volto a contrastare il rigetto dell’eccezione

5 ottobre 2001, spiegando che tale quietanza risultava carente di ogni elemento
atto a far desumere una volontà abdicativa del Bartucci ai suoi diritti nascenti dal
rapporto di lavoro.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso il Bartucci, il quale affida
l’impugnazione a dieci motivi di censura.
Resistono con controricorso il Gruppo Coin s.p.a e la Eurinvest Finanza stabike
s.p.a.
Il Gruppo Oin s.p.a deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, denunziando il vizio di omessa motivazione su un fatto
decisivo della controversia, il ricorrente si duole del mancato esame delle
risultanze istruttorie e della documentazione allegata al ricorso con particolar
riguardo alla lettera del 15/11/94, con la quale gli veniva assegnata la direzione di
più filiali, circostanza, questa, che secondo il medesimo Bartucci gli consentiva di
poter vantare il diritto al riconoscimento della qualifica superiore di dirigente in
base alle mansioni di fatto svolte ed alle disposizioni del contratto collettivo di
settore. Il ricorrente osserva anche che non erano state considerate le lettere del
19/6/97 e del 5/11/98, comprovanti i suoi reiterati trasferimenti senza preavviso
per motivi d’urgenza aziendale e dietro riconoscimento del trattamento economico
di trasferta, sistema, questo, disciplinato dalle norme di cui agli artt. 18 e 19 della
contrattazione collettiva riguardante i dirigenti. Il ricorrente lamenta, altresì, la
mancata considerazione del fatto che dal 31/1/99 al 10/8/01 gli era stato
corrisposto, in considerazione delle mansioni da lui svolte, l’intero canone di

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di decadenza del lavoratore dall’impugnativa della quietanza-rinunzia sottoscritta il

locazione dell’immobile occupato, come poteva desumersi dalle buste paga e
dalla missiva del 21/11/95.
2. Col secondo motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c, il
ricorrente si duole della mancata ammissione dei mezzi istruttori richiesti ai fini

libro matricola, la consulenza tecnica d’ufficio e l’acquisizione del libretto di lavoro,
precisando che quest’ultimo documento era stato inizialmente prodotto con la
memoria della quale il primo giudice aveva, però, disposto lo stralcio dagli atti del
procedimento.
3. Col terzo motivo il ricorrente si duole dell’omessa ed insufficiente motivazione in
ordine al fatto decisivo, ai fini della rivendicata qualifica dirigenziale, rappresentato
dalla contemporaneità della gestione delle filiali di Cosenza che gli erano state
affidate in via sperimentale con poteri di ampia autonomia decisionale, mentre
secondo il suo assunto il giudice d’appello si era limitato a considerare la semplice
sommatoria delle mansioni svolte presso le diverse filiali.
Questi primi tre motivi, che contengono una denunzia di vizi della motivazione ai
sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., possono essere trattati congiuntamente in quanto tra
loro connessi nell’ottica della contestazione del negato riconoscimento della
qualifica dirigenziale.
Orbene, tali motivi presentano evidenti profili di inammissibilità, sia perchè non
risultano prodotti i documenti richiamati a sostegno delle rispettive doglianze, non
essendo a tal fine sufficiente il semplice e generico richiamo a quelli esistenti nei
fascicoli del giudizio di merito senza la specificazione dei dati necessari al loro
puntuale reperimento (v. in tal senso Cass. Sez. 5 n. 303 del 12/1/2010 e Cass.
Sez. un. n. 22726 del 3/11/2011), sia perché attraverso le odierne censure si
tenta, in realtà, di introdurre nella presente sede di legittimità una rivisitazione del
merito istruttorio già adeguatamente scrutinato dal giudice d’appello con
motivazione esente da rilievi di carattere logico-giuridico in ordine alla verificata

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della dimostrazione delle funzioni dirigenziali svolte, vale a dire l’esibizione del

riconducibilità delle mansioni espletate dal Bartucci, così come dal medesimo
prospettate e così come accertate in giudizio, a quelle proprie della sua categoria
di appartenenza, cioè quella dei “quadro”, categoria per la quale è stato
correttamente evidenziato che la contrattazione collettiva contempla lo

l’attuazione degli obiettivi dell’impresa.
Tra l’altro, come è stato già statuito da questa Corte (Cass. sez. lav. n. 2272 del
2/2/2007), “il difetto di motivazione, nel senso di sua insufficienza, legittimante la
prospettazione con il ricorso per cassazione del motivo previsto dall’art. 360,
comma primo, n. 5), cod. proc. civ., è configurabile soltanto quando dall’esame del
ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa
impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad
una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel
complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il
predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma
non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della
parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli
elementi delibati, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in
un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello
stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul
fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione. In
ogni caso, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito
adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in
esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle
parti, ma è sufficiente che il giudice indichi (come accaduto nella specie) le ragioni
del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese
tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse”.

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svolgimento di funzioni direttive di rilevante importanza per lo sviluppo e

Orbene, nella fattispecie in esame può tranquillamente affermarsi che, nel loro
complesso, le valutazioni del materiale probatorio operate dal giudice d’appello
appaiono sorrette da argomentazioni logiche e perfettamente coerenti tra di loro,
oltre che aderenti ai risultati fatti registrare dall’esito delle prove su punti

omessa o insufficiente disamina mosse coi predetti motivi di doglianza.
Sono, invece, infondate le censure che concernono la mancata ammissione dei
mezzi istruttori dell’esibizione del libro matricola, avendone la Corte evidenziato
l’irrilevanza ai fini della verifica del reclamato livello dirigenziale, e della
consulenza tecnica d’ufficio, dovendosi ritenere implicitamente rigettata una tale
istanza alla pari di quella del riesame del provvedimento di stralcio di alcuni
documenti, dei quali è prodotta in questa sede solo la copia del libretto di lavoro.
In effetti, la motivazione del rigetto di un’istanza di mezzi istruttori non deve
necessariamente essere espressa, potendo la stessa “ratio decidendi”, che ha
risolto il merito della lite, valere, come nella fattispecie, da implicita esclusione
della rilevanza del mezzo dedotto. (v. in tal senso Cass. Sez. Lav. n. 6570 del
2/4/2004)
4. Attraverso il quarto motivo è dedotta la violazione delle norme legali di
ermeneutica contrattuale con riferimento agli artt. 1 -3 del CCNL dei dirigenti, in
quanto si assume che il giudice d’appello avrebbe dovuto accertare la sussistenza
o meno dei requisiti per la qualifica dirigenziale sulla base della documentazione
prodotta e della verifica delle mansioni concretamente svolte, tra le quali quella
della direzione di più filiali era stata prevalente, al fine di eseguire il raffronto tra il
risultato di una tale indagine e le declaratorie contrattuali esplicative dei singoli
livelli. Invece, secondo il Bartucci, il giudice d’appello avrebbe ritenuto congrua la
qualifica di “Quadro” da lui già posseduta sulla scorta del semplice raffronto
letterale delle definizioni date dall’art. 3 del CCNL alle figure di “quadro” e

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qualificanti della controversia, per cui le stesse non meritano affatto le censure di

”dirigente”, trascurando i canoni fondamentali dell’ermeneutica, tra i quali quello
della comune intenzione delle parti.
Viene, quindi, formulato il seguente quesito di diritto: “Dato il principio secondo cui
per interpretare la contrattazione collettiva il criterio letterale non è sufficiente e

autonomia e come attività assolutamente prevalente con gangli periferici di più
filiali ricoperta dal Bartucci e l’esistenza nelle missive prodotte in atti di richiami ai
precetti contenuti nella contrattazione collettiva (art. 1 e 3) per i soli dirigenti
comporta la configurazione in capo al ricorrente della qualifica dirigenziale.”

5. Col quinto motivo il ricorrente censura l’impugnata sentenza per violazione delle
norme legali di ermeneutica contrattuale in relazione agli artt. 18 — 19 del CCNL
dei dirigenti assumendo che la Corte ha trascurato di considerare che in
mancanza di un contratto formale di conferimento di incarico dirigenziale potevano
venire in soccorso elementi equivalenti, tra i quali i diversi trasferimenti senza
preavviso ed il rimborso delle spese “a piè di lista”, atti, questi, previsti solo per i
dirigenti, tanto più che gli stessi erano evincibili, nella fattispecie, dalle missive
prodotte in atti.
Il quarto ed il quinto motivo possono esaminarsi congiuntamente essendo ad essi
sottesa la medesima questione della interpretazione delle norme collettive di
riferimento.
Tali motivi denotano un evidente vizio di improcedibilità stante la mancata
produzione dei contratti collettivi le cui norme sono state invocate a sostegno delle
relative censure, non potendo ritenersi in tal senso sufficiente il semplice richiamo,
in calce al presente ricorso, ai documenti offerti in comunicazione nei due gradi del
giudizio di merito.
Si è, infatti statuito (Cass. Sez. Un. n. 20075 del 23/9/2010) che “l’art. 369,
secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui onera il ricorrente
(principale od incidentale), a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i

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necessita l’ulteriore indagine della volontà delle parti, la direzione in piena

contratti od accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda, va
interpretato nel senso che, ove il ricorrente impugni, con ricorso immediato per
cassazione ai sensi dell’art. 420 bis, secondo comma, cod. proc. civ., la sentenza
che abbia deciso in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la

nazionale, ovvero denunci, con ricorso ordinario, la violazione o falsa applicazione
di norme dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ. (nel testo sostituito dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del
2006), il deposito suddetto deve avere ad oggetto non solo l’estratto recante le
singole disposizioni collettive invocate nel ricorso, ma l’integrale testo del contratto
od accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo
tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione
nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione
collettiva di livello nazionale. Ove, poi, la Corte ritenga di porre a fondamento della
sua decisione una disposizione dell’accordo o contratto collettivo nazionale
depositato dal ricorrente diversa da quelle indicate dalla parte, procedendo
d’ufficio ad una interpretazione complessiva ex art. 1363 cod. civ. non
riconducibile a quanto già dibattuto, trova applicazione, a garanzia dell’effettività
del contraddittorio, l’art. 384, terzo comma, cod. proc. civ. (nel testo sostituito
dall’art. 12 del d.lgs. n. 40 del 2006), per cui la Corte riserva la decisione,
assegnando con ordinanza al P.M. e alle parti un termine non inferiore a venti
giorni e non superiore a sessanta dalla comunicazione per il deposito in
cancelleria di osservazioni sulla questione.”
6. Attraverso il sesto motivo il ricorrente denunzia l’omessa pronunzia sul giudicato
interno, inerente al parziale accertamento del suo diritto alla qualifica di dirigente,
derivante dalla affermazione del giudice del lavoro, a suo giudizio in alcun modo
censurata, circa il fatto che la direzione di una o più filiali comportava la possibilità
di imprimere direttive, seppur limitatamente ad alcuni gangli periferici dell’azienda

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validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto od accordo collettivo

destinati alla vendita. Il Bartucci aggiunge che tali “gangli” rappresentavano il
settore strategico dell’attività del Gruppo Coin S.p.A e della ex Standa S.p.A e
precisa che le parti non avevano mai contestato tali circostanze nelle rispettive
comparse ed avevano omesso di proporre domanda riconvenzionale, finendo per

sentenza. Secondo il ricorrente il formarsi di una tale forma parziale di giudicato
interno avrebbe potuto essere evitato dalla controparte solo attraverso la
proposizione di un appello incidentale condizionato.
Il motivo è inammissibile: invero, in spregio al principio della autosufficienza che
deve contraddistingue il giudizio di legittimità, il ricorrente omette di spiegare se la
questione, a suo dire rilevante ai fini della prova del reclamato inquadramento
dirigenziale, fu prospettata in appello ed in quali termini ed in quale fase del
procedimento, per cui non è dato sapere se in ordine alla riportata affermazione
del primo giudice ebbe realmente a formarsi il dedotto giudicato parziale.
7. Col settimo motivo ci si duole della contraddittorietà della motivazione laddove,
da una parte, si afferma che l’attività prevalente della direzione di uno o più filiali
non mutava il contenuto intrinseco delle mansioni di “quadro” e, dall’altra, che la
stessa consentiva di imprimere direttive su “gangli periferici destinati alla vendita”,
attestandosi, in tal modo, l’esistenza di dirigenti cosiddetti minori, con graduazioni
di responsabilità ma, comunque, dotati di autonomia gestionale.
8. Con l’ottavo motivo è dedotta la contraddittorietà della motivazione nella parte in
cui viene eseguito il raffronto tra le mansioni, ritenute appartenere a quelle di
“quadro”, e le declaratorie della contrattazione collettiva non meglio specificata,
atteso che per il loro contenuto, così come accertato in giudizio, le prime erano da
ricondurre alla figura dei dirigenti di cui al relativo contratto collettivo.
Il settimo e l’ottavo motivo possono esaminarsi contemporaneamente in quanto
attraverso la loro formulazione è messa in rilievo la denunziata contraddittorietà
della motivazione in ordine alla valutazione delle mansioni svolte.

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accettare, in tal modo, il passaggio in giudicato, sia pur parziale, di tale parte della

Orbene, tali motivi sono inammissibili in quanto attraverso l’asserita riconducibilità
delle mansioni svolte a quelle del profilo dirigenziale, fatta assurgere a
presupposto del ragionamento di comparazione con le declaratorie contrattuali, il
ricorrente tenta di contrapporre la sua tesi al diverso convincimento del giudice

indenne da vizi di natura logica e giuridica.
Non va, infatti, dimenticato che “in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di
un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di
legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale
sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte
dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le
fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti
ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di
prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).
Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito
punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la
circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla
controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata
considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il
mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento
della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le
risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di
certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle
quali il convincimento è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di
base. (Nella specie la S.C. ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso in quanto

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formatosi sulla scorta della valutazione del materiale istruttorio eseguita in maniera

che la ricorrente si era limitata a riproporre le proprie tesi sulla valutazione delle
prove acquisite senza addurre argomentazioni idonee ad inficiare la motivazione
della sentenza impugnata, peraltro esente da lacune o vizi logici determinanti).”
(Cass. Sez. 3 n. 9368 del 21/4/2006; in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n.

Inoltre, l’inammissibilità dei predetti motivi discende anche dalla già evidenziata
mancata produzione del contratto collettivo di riferimento, le cui norme vengono
ora richiamate dal ricorrente ai fini della comparazione dei livelli professionali delle
declaratorie contrattuali con le mansioni oggetto di causa, la qual cosa impedisce
a questa Corte di verificare la fondatezza stessa delle censure.
9. Col nono motivo il ricorrente denunzia l’omessa pronunzia sulla doglianza
sollevata in merito allo stralcio della memoria di replica depositata, unitamente a
dei documenti, in risposta alla memoria difensiva ed alla domanda riconvenzionale
della controparte, doglianza attraverso la quale si era contestato quanto ritenuto
dal giudicante in ordine alla novità degli argomenti difensivi illustrati nel predetto
atto di replica, ribadendosi, nel contempo, la natura precostituita dei documenti ad
essa allegati.
10. Col decimo motivo è segnalata l’omessa motivazione in relazione alla mancata
ammissione della documentazione allegata alla memoria di replica del 18/12/03,
documentazione che il ricorrente giudica rilevante ai fini della dimostrazione della
rivendicata qualifica dirigenziale.
Anche questi due ultimi motivi possono essere esaminati insieme in ragione
dell’identità della questione ad essi sottesa.
Orbene, gli stessi sono infondati, sia perché non è configurabile, per le ragioni
esposte in precedenza, una omessa pronunzia allorquando la doglianza sollevata
è da ritenere, come nella fattispecie, implicitamente disattesa in considerazione
del fatto che i documenti allegati alla memoria di replica erano strumentali
all’accoglimento della domanda ritenuta infondata, sia perché non è dimostrato

10

15355 del 9/8/04)

che l’ammissione della memoria, della quale era stato disposto lo stralcio per la
novità delle argomentazioni in essa contenute, fosse decisiva per l’accoglimento
del gravame.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.

liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio
nella misura di € 4000,00 per compensi professionali e di € 50,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2013
Il Consigliere estensore

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno

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