Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 134 del 05/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 05/01/2017, (ud. 22/06/2016, dep.05/01/2017),  n. 134

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15494/12) proposto da:

F.L., F.R. e F.N., nella qualità di

eredi di F.D., rappresentati e difesi, in forza di

procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to Renato Rendine del

foro di Foggia ed elettivamente domiciliati presso lo studio

dell’Avv.to Lucio Lucarini in Roma, via Fogliano n. 35;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di CERIGNOLA, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv.to Raffaele dè Robertis del foro di

Bari, in virtù di procura speciale apposta a margine del

controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv.to Roberto Ciociola in Roma, via Bertoloni n. 37;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 356 depositata

il 19 aprile 2011.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 22

giugno 2016 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l’Avv.to Raffaele De Robertis, per parte resistente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Sgroi Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso principale e di quello incidentale condizionato per

carenza di interesse.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 16 febbraio 1999 F.D. evocava, dinanzi alla Pretura di Foggia – Sezione distaccata di Cerignola, il Comune di Cerignola chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 27.166.230, oltre ad interessi moratori per Lire 20.851.000, quale corrispettivo dell’incarico professionale svolto per la rilevazione, la istruzione e la trasmissione all’ente committente delle domande dei concittadini dirette all’ottenimento dei benefici di legge conseguenti ai danni provocati dalle gelate dell’annata agraria 1984-1985 interessanti le colture olivicola e viticola.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del Comune, che eccepiva l’incompetenza per valore del giudice adito, nel merito, la fondatezza della domanda, deducendo l’erroneità del criterio di computo del corrispettivo, svolta domanda riconvenzionale risarcitoria per il ritardo del professionista, il Tribunale di Foggia (già Pretore), espletata c.t.u., condannava il convenuto al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 14.030,19, oltre accessori.

In virtù di rituale appello interposto dal Comune, che eccepiva anche la nullità della delibera di incarico, la Corte di appello di Bari, nella resistenza dell’appellato, il quale in via subordinata formulava domanda di indebito arricchimento, in accoglimento del gravame, rigettava la domanda attorea.

A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che l’infondatezza dell’eccezione di nullità riflessa del contratto di conferimento dell’incarico, sottoscritto il 30.10.1987, per nullità della relativa delibera, essendo la copertura economica dell’attività assicurata dalla Regione ai sensi della L.R. n. 38 del 1982; quanto alla predeterminazione della spesa, essa conseguiva alla proporzionale previsione dei costi per compensi professionali.

Aggiungeva, però, che ai sensi della L.R. n. 19 del 1979, art. 5 con la quale erano stati delegati ai Comuni e alle Province le funzioni amministrative di cui alla L. n. 364 del 1970 e successive modifiche ed integrazioni, per gli interventi necessari a fronteggiare i danni causati da eccezionali calamità atmosferiche, norma disciplinante le modalità di erogazione delle somme necessarie per l’esercizio delle funzioni delegate, sussisteva il limite massimo del 5% delle somme erogate, formula sostituita dalla L.R. n. 38 del 1982, art. 4 con l’espressione “somme da erogare, risultanti dall’istruttoria preventiva delle richieste”. Nella convenzione sottoscritta dalle parti, inoltre, all’art. 4 era concordato un compenso percentuale del 3,50% in luogo “del 4% previsto dalla legge”. Da detta previsione la corte distrettuale – richiamando un orientamento della Corte di legittimità – faceva discendere la conseguenza che il compenso concordato era ancorato all’importo dei danni liquidati, ossia ammessi al beneficio dell’erogazione, non già a quelli stimati dai tecnici indicati all’esito dell’istruttoria; una diversa interpretazione avrebbe comportato il riconoscimento di compenso professionale in difetto di copertura della relativa spesa, con conseguente invalidità della deliberazione amministrativa. Vi sarebbe stata una ulteriore causa di nullità della deliberazione individuata nella mancanza del requisito della determinazione dell’ammontare dell’onere, non preventivato, nè preventivabile, rimesso alla discrezionale attività istruttoria dei tecnici.

Concludeva, nel merito, che il F. aveva istruito 91 pratiche di contributo a fondo perduto per Lire 131.626.000, inerendo le ulteriori a pratiche di prestito; dalla Delib. Giunta Comunale Cerignola n. 7715 del 1994 si evinceva che per detta calamità l’amministrazione provinciale aveva disposto in favore dell’ente territoriale l’accreditamento di Lire 128.539.079, oltre a Lire 5.141.564 per tutti i professionisti incaricati dell’attività istruttoria. Orbene dall’istruttoria non emergeva quante pratiche istruite dal F. avessero beneficiato di tali erogazioni ed il relativo onere della prova, sul punto inosservato, incombeva sul professionista.

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Bari hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi del F., sulla base di quattro motivi, cui ha replicato il Comune con controricorso, contenente anche ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

In prossimità della pubblica udienza il Comune ha anche depositato memoria illustrativa.

Fissata pubblica udienza al 22 giugno 2016, in data 21 giugno 2016 è stato depositato in cancelleria atto di rinuncia al ricorso principale nel quale si afferma che le parti ricorrenti (in particolare per F.D., le eredi a lui succedute, anche quali eredi di F.N.) non hanno più interesse a coltivare il ricorso, stante il decesso del loro dante causa, chiedendo la compensazione delle spese di giudizio.

Dell’atto di rinuncia al ricorso principale l’Amministrazione resistente ha preso visione alla pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare si deve rilevare che la decisione va assunta con sentenza, ai sensi dell’art. 391 c.p.c., comma 1 in quanto vi è stata rinuncia al ricorso principale, ma non a quello incidentale.

La rinuncia al ricorso principale è stata sottoscritta dalle ricorrenti, anche nella qualità di eredi di F.N., coerede di F.D., personalmente e dal loro avvocato ed ha un tenore in cui si dichiara di rinunciare nei confronti della controparte agli atti del giudizio, chiedendo la compensazione delle spese di lite. Essa risulta datata 13 giugno 2016, depositata in cancelleria il successivo 21 giugno 2016.

Si pone a questo punto, ferma la necessaria dichiarazione di estinzione per rinuncia del ricorso principale, stante la sua assoluta ritualità, il problema della sorte del ricorso incidentale del Comune di Cerignola, avendo il difensore preso atto in pubblica udienza della rinuncia, dichiarando lo stesso di non avere neanche i poteri per poter rinunciare al ricorso incidentale. Esso ha natura di impugnazione incidentale tardiva ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2, giacchè il controricorso con cui è stato proposto risulta notificato (tempestivamente come tale) il 6 luglio 2012, allorquando il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. dalla pubblicazione della sentenza impugnata era ormai (computato anche il periodo della sospensione feriale dal 1 agosto 2012 al 15 settembre 2012) decorso.

Il Collegio rileva che le Sezioni Unite di questa Corte (cfr Cass. SS.UU. 19 aprile 2011 n. 8925), risolvendo un contrasto di giurisprudenza, ha statuito che in tema di ricorso per cassazione, la norma dell’art. 334 c.p.c., comma 2, – secondo cui, ove l’impugnazione principale sia dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale tardiva perde efficacia – non trova applicazione nell’ipotesi di rinuncia all’impugnazione principale; poichè, infatti, la parte destinataria della rinuncia non ha alcun potere di opporsi all’iniziativa dell’avversario, l’ipotetica assimilazione di tale ipotesi a quelle dell’inammissibilità e dell’improcedibilità dell’impugnazione principale finirebbe per rimettere l’esito dell’impugnazione incidentale tardiva all’esclusiva volontà dell’impugnante principale.

Il ricorso incidentale, dunque, deve essere deciso.

Esaminando l’unico motivo del ricorso incidentale – con il quale il Comune lamenta la violazione e la falsa applicazione del combinato disposto R.D. n. 383 del 1934, artt. 284 e 288 per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto la infondatezza dell’eccezione di nullità della delibera di conferimento dell’incarico e della conseguente convenzione intercorsa tra le parti che avrebbe dovuto essere accertata anche alla luce della mancanza di una necessaria predeterminazione della misura del compenso – va ritenuto, a monte, precluso per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c., perchè proviene dalla parte totalmente vittoriosa nel precedente grado.

Invero, anche a volere qualificarlo come condizionato (cfr Cass. SS.UU. 25 marzo 2013 n. 7381), il ricorso incidentale per cassazione presuppone pur sempre la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che – come il Comune di Cerignola – nel giudizio di appello sia risultata completamente vittoriosa; quest’ultimo, del resto, non ha l’onere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte o non scrutinate dal giudice d’appello che le ha ritenute assorbite, poichè anche nell’eventualità accoglimento del ricorso principale sarebbe salva la possibilità che esse siano riesaminate in sede di giudizio di rinvio (cfr., e pluribus, Cass. n. 27157 del 2011; Cass. n. 12728 del 2010; Cass. n. 25821 del 2009; Cass. n. 22346 del 2006). In conclusione, va dichiarato estinto il processo limitatamente al ricorso principale, mentre va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte, dichiara estinto il processo limitatamente al ricorso principale e inammissibile il ricorso incidentale;

condanna parte ricorrente in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2.200,00 per compensi professionali, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre alle spese forfetarie ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione Civile, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2017

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