Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13399 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13399 Anno 2015
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: FALASCHI MILENA

Data pubblicazione: 30/06/2015

Soggetti obbligati
SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 24909/09) proposto da:
BURRA LORELLA, titolare della E.I.M.I. IMMOBILIARE, rappresentata e difesa, in forza di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to Massimo Grattarola del foro di Torino e
dall’Avv.to Antonio Spinoso del foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, via Antonio Mordini n. 14;
– ricorrente –

contro
ANNALORO VINCENZO, GAMBINO DOMENICO e ROSSI VENTURINO SAVINA, rappresentati
e difesi dall’Avv.to Bruna Bruni del foro di Alessandria e dall’Avv.to Andrea Manzi del foro di
Roma, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente
domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri n. 5;

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- controricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 409 depositata il 24 marzo 2009.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12 marzo 2015 dal

udito l’Avv.to Carlo Albini (con delega dell’Avv.to Andrea Manzi), per parte resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lucio
Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 17 e 20 aprile 2002 Lorella BURRA, quale titolare della ditta di
intermediazione EIMI IMMOBILIARE, evocava, dinanzi al Tribunale di Alessandria, Vincenzo
ANNALORO, Domenica GAMBINO e Savina ROSSI VENTURINO per sentirli condannare al
pagamento della provvigione per l’attività di mediazione svolta relativamente alla vendita di una
villa sita in Alessandria, per incarico ricevuto dalla proprietaria, la Rossi Venturino, reperiti i
possibili acquirenti che a loro volta si erano rivolti a lei per vendere un appartamento di loro
proprietà, per cui aveva procurato il contatto fra le parti che aveva condotto alla conclusione del
contratto di compravendita per l’importo di £. 300.000.000.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti, i quali deducevano che gli acquirenti
avevano visionato l’immobile in epoca antecedente rispetto a quella in cui i coniugi ANNALOROGAMBINO si erano rivolti all’agenzia per la vendita del loro appartamento, il giudice adito
rigettava la domanda attorea.
In virtù di rituale appello interposto dalla BURRA, con il quale lamentava la erroneità della
decisione, la Corte di appello di Torino, nella resistenza degli appellati, accoglieva l’appello e in
riforma della decisione impugnata condannava gli appellati in solido al pagamento della somma di
€. 5.577,73, oltre accessori.

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Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che dalle stesse dichiarazioni
della figlia della appellata Rossi Venturino risultava che la madre aveva conferito incarico a
diverse agenzie immobiliari, promettendo la somma di ‘dieci milioni’ a chi fosse riuscito a vendere

— GAMBINO avevano dedotto in quale diverso modo sarebbero venuti a conoscenza dell’affare.
Concludeva che la provvigione doveva essere commisurata alla percentuale del 3% rispetto al
valore del bene determinato in E. 300.000.000, tale dovendosi ritenere tenendo conto dell’ipoteca
iscritta sull’immobile a garanzia di mutuo per £. 360.000.000.
Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Torino ricorre la BURRA, sulla base di
un unico motivo, cui hanno replicato con controricorso gli intimati.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa in prossimità della pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, dedotta nel
controricorso, sul rilievo che Io stesso è stato notificato alle parti personalmente, presso la loro
residenza di Alessandria, anziché presso il procuratore costituito nel giudizio di appello, l’avv.
Barbara Berello.
Rileva la Corte che tale eccezione non è fondata, poiché – in conformità a precedente
giurisprudenza alla quale l’odierna pronuncia intende dare continuità – la notifica del ricorso per
cassazione alla parte personalmente, anziché al difensore costituito nel giudizio nel quale è stata
resa la sentenza impugnata, non ne determina l’inesistenza giuridica, ma semplicemente la
nullità, sanabile in forza della rinnovazione della notifica, sia quando il ricorrente vi provveda di
propria iniziativa, anticipando l’ordine contemplato dall’art. 291 c.p.c., sia quando agisca in
esecuzione di esso (Cass. 14 maggio 2004 n. 9242 e Cass. 27 settembre 2011 n. 19702); per cui
l’intervenuta costituzione della parte destinataria della notifica, a mezzo di controricorso,

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la villa, bene di cui, peraltro, l’agenzia era in possesso della planimetria. Né i coniugi ANNALORO

determina la sanatoria della nullità, secondo la regola generale dell’art. 156 c.p.c., comma 3,
applicabile anche al giudizio di cassazione (Cass. 15 ottobre 2004 n. 20334).
Osserva, altresì, il Collegio — sempre in via pregiudiziale — che non può essere condivisa

329 c.p.c..
Orbene, l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c. (e
configurabile solo anteriormente alla proposizione del gravame, giacché successivamente allo
stesso è possibile solo una rinunzia espressa all’impugnazione, da compiersi nella forma
prescritta dalla legge) è configurabile quando la parte interessata abbia compiuto atti certamente
dimostrativi della volontà di non contrastare gli effetti della pronuncia e dai quali si possa
desumere, in modo preciso e univoco, l’intento di non avvalersi dell’impugnazione.
Questa Corte ha più volte ribadito che l’acquiescenza consiste nell’accettazione della sentenza,
owerosia nella manifestazione, da parte del soccombente, della volontà di non impugnare, la
quale può awenire sia in forma espressa, sia in forma tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza
può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia
possibile desumere, inequivocabilmente, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della
pronuncia, e i predetti atti siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi
dell’impugnazione (ex multis, Cass. n. 16460 del 2004; Cass. n. 2826 del 2008).
In linea di principio, la manifestazione dell’intento di procedere all’esecuzione, espressa
attraverso la notifica della sentenza integrata dal pedissequo atto di precetto, non costituisce per
l’intimante un comportamento incompatibile con la volontà di impugnare la sentenza medesima
allorché sia risultato — come nella specie – solo parzialmente vittorioso, essendo evidente in tal
caso la volontà di realizzare nel più breve tempo quanto riconosciutogli in sentenza, senza
rinunciare necessariamente alle richieste non accolte (in termini, Cass. n. 26156 del 2006).

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l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai resistenti con riferimento all’art.

Venendo all’esame dell’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1755 c.c. per avere la corte distrettuale determinato la provvigione con
riferimento ad una sola parte e non già — come avrebbe dovuto — per ciascuna delle parti

“Dica la Corte di Cassazione se l’art. 2755 (rectius 1755) c.c. debba essere inteso nel senso che
ciascuna parte dell’affare (acquirente e venditore) debba la provvigione al mediatore, e a doverla
in solido siano le persone che, eventualmente più d’una, costituiscono la stessa parte
contrattuale, o invece se debba essere inteso nel senso che tutte le parti contrattuali (acquirente e
venditore) debbano una sola provvigione in solido”.

Si tratta di censure infondate, essendo la decisione conforme al diritto, per cui merita di essere
condivisa, anche se occorre qualche precisazione.
Il problema essenziale ed unico della causa consiste nello stabilire se il giudice del gravame nel
determinare il quantum dovuto a titolo di provvisione abbia o meno tenuto conto della sussistenza
di ipotesi di mediazione c.d. bilaterale e la soluzione dipende dall’indagine sul tenore del
dispositivo.
Invero la mediazione si concreta nello svolgimento da parte del mediatore di un’attività materiale
di “messa in relazione di due o più parti per la conclusione di un affare” (art. 1754 c.c.), derivando
poi il suo diritto alla provvigione dal fatto che l’affare si sia concluso “per effetto del suo intervento”
(art. 1755 c.c.). In particolare, la “messa in relazione” delle parti attiene all’instaurazione ad opera
del mediatore di un contatto necessario e sufficiente all’avvio delle trattative su un determinato
affare.
Su tali premesse la corte di appello ha accertato sia il conferimento dell’incarico da parte della
venditrice, Rossi Venturino, sia l’accettazione dell’intermediazione da parte dei coniugi Annaloro —
Gambino, acquirenti.

5

contrattuali. L’illustrazione del mezzo è conclusa dalla formulazione del seguente quesito di diritto:

Dall’esame della statuizione emerge che benché il giudice del gravame abbia liquidato un’unica
somma, la condanna tra le parti è stata pronunciata con il vincolo della solidarietà, il quale non è
escluso dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse, ai sensi dell’art.

Orbene, anche a voler ammettere, con la ricorrente, che possa esserci sostanziale identità, dal
punto di vista del risultato economico complessivo, tra le parti in relazione all’affare concluso,
resta pur sempre il fatto che è stata riconosciuta una solidarietà non prevista dalla legge.
Ora non c’è dubbio circa il diritto del mediatore alla prowigione, ma in tale ipotesi deve ritenersi
che debitore della provvigione siano entrambe le parti contraenti con le quali il mediatore ha avuto
contatto. La statuizione della solidarietà della obbligazione dal lato passivo, per cui è liberatorio il
pagamento dell’intera provvigione da uno solo degli obbligati, comporta che seppure formalmente
unica, nella sostanza l’ammontare della provvigione, essendo stata posta a carico di entrambe le
parti contraenti, è stata computata in ragione di un rapporto di mediazione bilaterale (Cass. 16
luglio 2010 n. 16625).
Non sussiste, dunque, alcuna violazione dell’art. 1755 c.c. (per mero errore materiale indicato
quale art. 2755), nè si riscontra un vizio di motivazione della sentenza impugnata, essendo chiara
la ratio decidendi a base della statuizione adottata.
Sul quantum, trattasi, comunque, di una valutazione del giudice di merito, non sindacabile in
questa sede, essendo esaurientemente motivata.
Per quanto detto il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno
liquidate secondo quanto illustrato in dispositivo.

P.Q.M.

6

1293 c.c..

La Corte, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di
Cassazione, che liquida in complessivi E. 2.000,00, di cui E. 200,00 per esborsi, oltre a spese
forfettarie ed accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2″ Sezione Civile, il 12 marzo 2015.

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