Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13399 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 01/07/2020), n.13399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. VISCIDO DI NOCERA PUTATURO DONATI M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA R.M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23497-2014 proposto da:

R.M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIUSEPPE AVEZZANA 31, presso lo studio dell’avvocato FLAUTI

ALESSANDRA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GORGONI ANDREA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI PAVIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1022/2014 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 25/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/02/2020 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di R.M.M., esercente l’attività di vendita al dettaglio di calzature, un avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 2006, con il quale, a seguito di una ricostruzione della contabilità con procedimento analitico-induttivo, accertava maggiori ricavi imponibili ai fini IRPEF, IRAP e IVA per Euro 112.533,00. Nel corso del procedimento di accertamento con adesione l’amministrazione proponeva una percentuale di ricarico del 42,76%, non accettata dalla contribuente.

Impugnato l’avviso, la Commissione Tributaria Provinciale di Pavia accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente, riducendo i maggiori ricavi a Euro 14.612,00 sulla scorta della utilizzazione della media semplice e non ponderata e della considerazione del costo del venduto della merce in stock.

La Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza n. 1022/46/2014 depositata il 25.2.2014 respingeva tanto l’appello principale dell’ufficio che l’appello incidentale della contribuente.

La contribuente ricorre per la cassazione della sentenza, affidando il suo mezzo a quattro motivi, illustrati con memoria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la contribuente deduce omessa e/o insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 lamentando l’erroneità delle ragioni di fatto e di diritto per le quali la CTR ha ritenuto di confermare la sentenza di primo grado riconoscendo corretta la percentuale di ricarico sul costo del venduto nella misura del 37,31%.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in correlazione con gli artt. 2729 e 2697 c.c. Lamenta che la CTR aveva disatteso le risultanze che emergevano dallo studio di settore applicabile, coerenti con il ricarico dichiarato, il quale non poteva essere, pertanto, ritenuto abnorme o irragionevole.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse non sono fondate.

La CTR motivando in maniera compiuta ha condiviso, richiamando la sentenza di primo grado per relationem, la determinazione del ricarico quantificata dai giudici di primo grado che, condividendo in parte il rilievo dell’ufficio sulla carente percentuale di ricarico applicato sul venduto, avevano analizzato le risultanze reddituali di imprese aventi caratteristiche dimensionali prossime all’impresa contribuente, rilevando tuttavia come la percentuale del 56,26% accertata e quella minore del 42,76% proposta dall’ufficio in sede di accertamento con adesione non corrispondeva ai risultati dell’esame compiuto. La CTR ha inoltre osservato che, “esaminando a sua volta i dettagli sui dati rilevanti per il risultato economico della gestione di cui all’elenco di aziende similari per dimensioni, non può che convenire sulla valida indagine dei Giudici di primo grado ritenendo, pertanto che la percentuale di ricarico sul venduto del 37,31% possa rappresentare la realtà economica dell’azienda.; d’altronde in merito alla stima statistica prodotta dalla parte privata il Collegio non rileva, come eccepito che i conti effettuati dall’Agenzia siano inattendibili e fuorvianti e come e perchè il campionamento effettuato sia ritenuto non rappresentativo della popolazione di riferimento, evidenziando il Collegio che le percentuali di ricarico indicate per ogni campione/azienda corrispondono ai dati esposti per ogni azienda”.

La CTR ha, dunque, ritenuto legittimo il metodo di accertamento applicato dall’Ufficio ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in quanto esistenti quelle gravi presunzioni legittimanti la rettifica operata con un accertamento di tipo analitico-induttivo sussistendone tutti i presupposti; nè tale metodo accertativo risulta precluso dalla normativa complementare dell’accertamento di cui alla L. n. 146 del 1998 – studi di settore- laddove sussistono elementi che possono far emergere ricavi superiori a quelli dichiarati ovvero altre incongruenze idonee alla presunzione del realizzo di maggiori ricavi.

Nell’ipotesi prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in tema di imposte reddituali, la rettifica in aumento dell’imponibile esposto in dichiarazione è possibile se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonchè dei dati e delle notizie raccolte dall’Ufficio, anche sulla base di presunzioni semplici,

purchè queste siano gravi, precise e concordanti.

La procedura di accertamento fiscale sulla base dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, ma l’affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili (Cass., sez.un., 26635, 26636, 26637 e 26638/09). Nulla esclude, per conseguenza, che, in sede di accertamento analitico-induttivo, l’amministrazione si possa basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente, pur tratti dagli studi di settore, senza essere tenuta a verificare tutti i dati richiesti per lo studio (Cass. 27 luglio 2011, n. 16430Cass. 15323/2015).

Quel che rileva è il peso da attribuire agli elementi prescelti e la loro idoneità ad assurgere al rango di presunzioni gravi, precise e concordanti.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2 e 3, in relazione anche alla L. n. 241 del 1999, art. 3 e alla L. n. 212 del 2000, art. 7. Lamenta che la CTR aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento motivato attraverso un richiamo per relationem ad atti (le interrogazioni all’anagrafe tributaria) non conosciuti dal contribuente e non allegati all’atto impositivo.

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentano che la CTR aveva posto a base delle sua decisione le interrogazioni all’anagrafe tributaria mai prodotte in giudizio dall’amministrazione.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse non sono fondate.

L’avviso di accertamento può essere motivato per relationem, ossia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, purchè, nell’ipotesi di mancata allegazione, nell’atto ne venga riprodotto il contenuto essenziale, allo scopo di consentire il controllo al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale (cfr. Cass., ord., 23 febbraio 2018, n. 4396; Cass., ord., 11 aprile 2017, n. 9323).

La CTR ha osservato che nell’avviso di accertamento venivano indicate le risultanze di un gran numero di aziende nel settore merceologico di appartenenza dell’attività qui trattata da cui trarre un campione di risultati idonei a verificare la congruenza del ricarico effettuato. Con specifico riferimento alla doglianza relativa alla motivazione dell’avviso per relationem riguardo ad atti non conosciuti dal contribuente la CTR ha rilevato, con accertamento in fatto neppure censurabile, che l’avviso riproduceva nel contenuto essenziale gli atti richiamati e che, nel caso di specie risultavano ben esposti nelle indicazioni delle risultanze economiche/reddituali delle aziende considerate, sebbene senza la loro identificazione, in quanto preclusa.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle Entrate, delle spese di lite del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso il Roma, nella Camera di consiglio, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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