Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13396 del 30/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/06/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 30/06/2016), n.13396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21297/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILPETRINO SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. FERRARI 11,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO VALENZA, rappresentato e

difeso dall’avvocato PECORARO DANILO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 282/2007 della COMM. TRIB. REG. della

CAMPANIA, depositata il 30/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate iscriveva a ruolo le somme relative ad Irpeg, Irap ed Iva dovute dalla società Immobilpetrino s.r.l. in relazione agli avvisi di rettifica per gli anni di imposta 1987 e 1988, divenuti definitivi a segiito del rigetto dei ricorsi proposti dalla società, nonchè le somme risultanti dalla liquidazione automatizzata delle imposte relative alla dichiarazione per l’anno 2000, effettuata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis.

Conseguentemente l’agente per la riscossione emetteva la corrispondente cartella di pagamento. Contro di essa la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Caserta che lo accoglieva con sentenza del 7.11.2005.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale di Napoli che con sentenza del 30.6.2008 rigettava il ricorso confermando la decisione impugnata. In particolare il giudice di appello osservava che, in riferimento alle somme dovute a seguito degli avvisi definitivi relativi agli anni di imposta 1987 e 1988, la società aveva definito la controversia mediante condono a norma della L. n. 413 del 1991, art. 49; in riferimento all’iscrizione a ruolo relativa all’anno di imposta 2000, osservava che il maggior credito erroneamente indicato non era mai stato utilizzato ed era stato stornato nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2002.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per i seguenti motivi: 1) violazione dell’art. 132 c.p.c. e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per vizio di motivazione apparente; 2) violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 e art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nella parte in cui ha accolto l’eccezione della società circa l’intervenuta definizione delle somme dovute per gli anni di imposta 1987 e 1988 a seguito della adesione al condono ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 49, eccezione che doveva essere fatta valere nel giudizio avente ad oggetto gli avvisi di rettifica e non nel giudizio conseguente al ricorso contro la cartella di pagamento.

La società Immobilpetrino resiste con controricorso. Chiede in via pregiudiziale di dichiarare inammissibile il ricorso perchè tardivo, essendo stato proposto il 30.9.2009 a fronte della scadenza del termine intervenuta il 29.9.2009; in subordine ne chiede il rigetto.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’eccezione preliminare di tardività del ricorso è infondata, poichè non tiene conto dei periodi di sospensione feriale dei termini.

Ai fini del riscontro della tempestività dell’impugnazione, il termine di un anno previsto dall’art. 327 c.p.c. (nel testo vigente “ratione temporis”), applicabile al processo tributario a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3, va calcolato prescindendo dal numero dei giorni dai quali è composto ogni singolo mese o anno; ad esso devono aggiungersi quarantasei giorni, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1 e della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, non dovendosi tenere conto dei giorni tra il primo agosto ed il quindici settembre di ogni anno, per effetto della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale. (Sez. 5, Sentenza n. 4310 del 04/03/2015, Rv. 634909). Nel caso in esame, occorre computare il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza (30.6.2008) venuto a scadenza il 30.6.2009, ulteriori giorni quarantasei per la sospensione feriale dei termini dell’anno 2008, con l’esclusione del periodo decorrente dal primo agosto al quindici settembre dell’anno 2009; ne consegue che il ricorso per cassazione proposto il 30.9.2016 è tempestivo.

2. Il primo motivo è infondato. Non sussiste la dedotta violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, per motivazione meramente apparente. A prescindere dalla fondatezza delle ragioni addotte dal giudice di appello, la sentenza impugnata non può dirsi priva di motivazione poichè argomenta in ordine alla ritenuta illegittimità della cartella, desumendola dalla definizione agevolata della controversia intervenuta a norma della L. n. 413 del 1991, art. 49.

2. Il secondo motivo è fondato. La cartella esattoriale di pagamento, quando faccia seguito ad un avviso di accertamento divenuto definitivo, si esaurisce in un’intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, essa resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto di accertamento da cui è sorto il debito. Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione della cartella, una volta che sia definito con sentenza irrevocabile il giudizio tributario, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione della cartella predetta. (Sez. 5, Sentenza n. 16641 del 29/07/2011, Rv.

618856). In applicazione di tali regole, l’adesione al condono previsto della L. n. 413 del 1991, art. 49, doveva essere fatta valere dalla contribuente nell’ambito del giudizio promosso contro l’atto impositivo; una volta passata in giudicato la sentenza che ha rigettato il ricorso contro gli avvisi di rettifica, il principio stabilito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, secondo cui gli atti autonomamente impugnabili devono essere impugnati per vizi propri, preclude che nel ricorso avverso la cartella di pagamento, susseguente all’avviso di accertamento definitivo, siano reiterate censure relative alla debenza dell’imposta.

La sentenza impugnata deve pertanto essere parzialmente cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente limitatamente alle somme iscritte a ruolo a seguito degli accertamenti divenuti definitivi, la cui debenza deve essere confermata.

L’accoglimento solo parziale del ricorso giustifica la compensazione delle spese.

PQM

Rigetta il primo motivo e accoglie il secondo; cassa in relazione e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo limitatamente alle somme iscritte a ruolo a seguito degli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 1987 e 1988. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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