Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13393 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13393 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 14086-2008 proposto da:
RUGGERI CONCETTA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZAIEDON MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO AFELTRA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ZEZZA LUIGI, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013
contro

485
POSTE

ITALIANE

S.P.A.,

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA,
PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 29/05/2013

STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa
dall’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 279/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/02/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega TRIFIRO’
SALVATORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’inammissibilità o in subordine rigetto.

di MILANO, depositata il 03/03/2008 r.g.n. 795/06;

Svolgimento del processo
Con ricorso al giudice del lavoro del Tribunale di Milano, Ruggeri Concetta espose
di essere stata assunta con contratto di lavoro a tempo determinato da Poste
Italiane s.p.a. In particolare la Ruggeri chiarì di essere stata assunta “ai sensi del

esigenza di provvedere alla sostituzione del personale al servizio recapito, presso
il Polo logistico Lombardia, assente nel periodo 17.9.04 – 15.11.04”.
Ritenendo illegittima l’apposizione del termine, la lavoratrice chiese che venisse
dichiarata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Rigettata la domanda, la medesima ricorrente propose appello ribadendo la
illegittimità dell’apposizione del termine. La Corte di appello di Milano con
sentenza 17.1 – 3.3.08 rigettò l’impugnazione.
La Corte di merito ritenne che l’atto scritto conteneva tutti i requisiti richiesti per
l’integrazione della fattispecie sostitutiva – quali il luogo della prestazione,
l’inquadramento e le mansioni assegnate, il termine essenziale e finale del
rapporto, la causale sostitutiva e le mansioni dei lavoratori da sostituire (personale
addetto al servizio di recapito) r per cui considerò raggiunta la prova dell’esigenza
sostitutiva, essendo provata la congruità del numero dei contratti a tempo
determinato in rapporto alle giornate di assenza del personale.
Avverso questa sentenza la Ruggeri propone ricorso per Cassazione, affidando
l’impugnazione a quattro motivo di censura.
Resiste con controricorso la società Poste Italiane s.p.a che deposita anche
memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Col primo motivo è denunziata la violazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368,
art. 1, contestandosi l’affermazione per la quale la lettera di assunzione conteneva
una sufficiente indicazione delle ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine e

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/h)

D.Lgs. n. 368 del 2001 per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica

sostenendosi che il giudice di merito avrebbe dovuto procedere al riscontro della
rigorosa specificazione delle ragioni dell’assunzione.
Secondo la ricorrente l’obbligo di specificazione di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 368
del 2001 impone, nel caso della previsione di una ragione sostitutiva (nella

addetto al servizio di recapito assente in un determinato periodo), che nel
contratto sia indicata la causale dell’assenza ed il nominativo del lavoratore da
sostituire o che in relazione all’unità produttiva interessata sia specificamente
enucleata la ragione della sostituzione, stante il principio della temporaneità
dell’esigenza insito nella tipologia dei contratti a termine. Invero, non
risponderebbe a tale prescrizione l’indicazione di un’esigenza addotta per
un’intera Regione, così come non potrebbero ritenersi sufficienti nè il riferimento
alla causale della sostituzione del personale assente, nè l’indicazione degli altri
dati, quali le mansioni dei pretesi sostituiti, l’unità produttiva di adibizione,
l’inquadramento contrattuale ed il periodo di durata del contratto, in quanto tutto
ciò non consentirebbe al giudice di verificare successivamente l’effettività della
ragione addotta “ex ante”.
Col secondo motivo è dedotta la carenza o la contraddittorietà della motivazione a
proposito del fatto che nella sentenza vi sarebbero due proposizioni non
dimostrate, vale a dire quella per la quale il contratto conteneva una sufficiente
indicazione delle ragioni e l’altra per la quale una tale indicazione era
sufficientemente specificata. Invero, se la causale del contratto a termine risiedeva
in una ragione sostitutiva, la specificazione di quest’ultima poteva avvenire solo
con la sua esatta identificazione e non riportando semplicemente gli elementi del
contratto, quali l’indicazione della causale, delle mansioni del personale da
sostituire, l’ambito territoriale, l’unità produttiva di adibizione, il livello di
inquadramento ed il periodo di durata.

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fattispecie la specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale

Col terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., l’omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. In concreto
si censura il fatto che il semplice dato delle assenze del personale potesse
integrare il requisito della effettiva sussistenza delle ragioni sostitutive e si

quale la società convenuta aveva preteso di attribuire valore probante della
ragione dell’assunzione a termine. In pratica, i prospetti intitolati ” statistiche
assenze per sottotipi” erano delle mere dichiarazioni di parte e, riguardando
l’intero personale dell’unità produttiva, non offrivano indicazioni separate per il
settore del recapito dei portalettere; inoltre, pur volendosi ammettere una media di
diciotto assenze giornaliere, non vi era alcuna correlazione tra le esigenze addotte
ed il fatto che si intendeva provare, essendo le assenze enormemente superiori,
per cui erano da ritenere, semmai, un fatto strutturale influente sull’organizzazione
lavorativa. In definitiva, i documenti contestati potevano solo dimostrare le
assenze del personale, ma non riguardavano la causa della singola assunzione in
questione.
Col quarto motivo è denunziata la violazione degli artt. 1362 e segg. cod. civ. in
quanto si sostiene che la Corte di merito non avrebbe considerato che, laddove il
datore di lavoro adduca la specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del
personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro quale ragione
sostitutiva dell’assunzione a termine ai sensi dell’art. 1 del d.lgs n. 368/01, egli
debba indicare e provare la effettività della sostituzione del personale assente,
non potendo la ragione sostitutiva ricavarsi dalla semplice affermazione di un
numero di assenze del personale superiore a quello delle presenze dei lavoratori
assunti a termine.
Osserva la Corte che i motivi possono esaminarsi in un unico contesto in ragione
del collegamento tra di essi esistente.

aggiunge che la Corte aveva erroneamente valutato il materiale documentale al

Orbene, deve premettersi che il D.Lgs. n. 368 del 2001, recante l’attuazione della
Direttiva 1999/70 CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato
concluso dall’UNICE, dal CEP e dal CES, costituisce la nuova ed esclusiva fonte
regolatrice del contratto di lavoro a tempo determinato, in sostituzione della L. n.

Direttiva 1999/70, premesso che con la risoluzione del 9 febbraio 1999 il Consiglio
dell’Unione europea ha invitato le parti sociali a tutti i livelli “a negoziare accordi
per modernizzare l’organizzazione del lavoro, comprese forme flessibili di lavoro,
al fine di rendere le imprese produttive e competitive e di realizzare il necessario
equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza, evidenzia che l’accordo quadro in
questione stabilisce principi generali e requisiti minimi con l’obiettivo di migliorare
la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di
non discriminazione, nonché di creare un quadro per la prevenzione degli abusi
derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo
determinato”. Per tale ragione, accogliendo la richiesta delle parti sociali stipulanti
e su proposta della Commissione europea, il Consiglio, a norma dell’art. 4
dell’accordo sulla politica sociale – ora inserito nel trattato istitutivo della Comunità
europea ha emanato la direttiva in questione, imponendo agli Stati membri di
conformarsi ad essa, adottando “tutte le prescrizioni necessarie per essere
sempre in grado di garantire i risultati prescritti” (art. 2). Il legislatore nazionale,
nell’adempiere al suo obbligo comunitario, ha emanato il D.Lgs. n. 368 del 2001, il
quale nel testo originario, vigente all’epoca del contratto ora in questione, all’art. 1,
comma 1, prevede, al comma 1, che “è consentita l’apposizione di un termine alla
durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo” e, al comma 2, che “l’apposizione del
termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto
scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 7”. È stata altresì
prevista, contestualmente all’entrata in vigore del citato D.Lgs. (24 ottobre 2001),

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230 del 1962 e della successiva legislazione integrativa. Il preambolo della citata

l’abrogazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 79 del 1983, art. 8 bis, della L. n.
56 del 1987, art. 23 e di tutte le disposizioni di legge incompatibili (art. 11, comma
1).
Il quadro normativo che emerge è, dunque, caratterizzato dall’abbandono del

delle fattispecie legittimanti, sistema peraltro già oggetto di ripensamento come si
evince dalle disposizioni di cui alla L. n. 79 del 1983 e alla L. n. 56 del 1987, art.
23 – e dall’introduzione di un sistema articolato per clausole generali, in cui
l’apposizione del termine è consentita a fronte di “ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo”. Tale sistema, al fine di non cadere nella
genericità, impone al suo interno un fondamentale criterio di razionalizzazione
costituito dal già rilevato obbligo per il datore di lavoro di adottare l’atto scritto e di
specificare in esso le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo adottate. Nel caso di specie i motivi di ricorso impongono di stabilire
come debba essere configurato sul piano giuridico il concetto di specificazione con
riferimento all’ipotesi in cui il datore di lavoro abbia adottato la causale
dell’apposizione del termine in ragioni di carattere sostitutivo.
Come già rilevato, l’onere di specificazione della causale nell’atto scritto
costituisce una perimetrazione della facoltà riconosciuta al datore di lavoro di far
ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una vasta gamma
di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o aziendale), a
prescindere da fattispecie predeterminate. Tale onere ha l’evidente scopo di
evitare l’uso indiscriminato dell’istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle
esigenze riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilità e la verificabilità
della motivazione addotta già nel momento della stipula del contratto. D’altro
canto, tuttavia, proprio il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti
impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non più
standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto

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sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962 – che prevedeva la tipizzazione

viene ad essere calato. Il concetto di specificità in questione risente, dunque, di un
certo grado di elasticità che, in sede di controllo giudiziale, deve essere valutato
dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza.
Pertanto, con riferimento specifico alle ragioni di carattere sostitutivo, se in una

strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a
specifica e ben determinata mansione, allo stesso modo in una situazione
aziendale complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore
assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola
persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente
scoperta. In quest’ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto
non tanto con l’indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti,
quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori
assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale
e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo
dell’assunzione.
Questa Corte non ignora la sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, la
quale, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 368
del 2001, art. 1, commi 1 e 11 afferma che l’onere di specificazione previsto dal
comma 2 dello stesso art. 1 “impone che, tutte le volte in cui l’assunzione a tempo
determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per
iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione”.
Sul problema degli effetti delle sentenze interpretative di rigetto della Corte
costituzionale sull’interpretazione delle leggi da parte del giudice ordinario, questa
Corte (cfr., in particolare, Cass. 9.1.04 n. 166) ha affermato che, ove il giudice
delle leggi, nel ritenere non infondato il denunciato vizio di incostituzionalità di una
certa disposizione nella interpretazione plausibile fornitane dal giudice del merito,
indichi una possibile, diversa interpretazione della stessa disposizione conforme a

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situazione aziendale elementare il contratto a termine è configurabile come

Costituzione, tale interpretazione adeguatrice non interferisce con il controllo di
legittimità rimesso alla Corte di cassazione ed il suo effetto vincolante per i giudici
ordinali e speciali, non esclusa la Corte di Cassazione, riguarda soltanto il divieto
di accogliere quella interpretazione che la Corte costituzionale ha ritenuto, sia pure

sottoposta al suo esame, viziata.
Nel caso di specie il passo della sentenza della Corte costituzionale sopra citato
deve essere letto nel contesto argomentativo in cui esso è stato formulato. La
sentenza, subito dopo il passo estrapolato, prosegue precisando che “considerato
che per ragioni sostitutive si debbono intendere motivi connessi con l’esigenza di
sostituire uno o più lavoratori, la specificazione di tali motivi implica
necessariamente anche l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire e
delle cause della loro sostituzione; solamente in questa maniera, infatti, l’onere
che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 impone alle parti che intendano
stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato può realizzare la
propria finalità, che è quella di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa
dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del
rapporto”. Tale precisazione sta a indicare che, nella illimitata casistica che offre la
realtà concreta delle fattispecie aziendali, accanto a fattispecie elementari in cui è
possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono
fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e “l’indicazione
del lavoratore o dei lavoratori” deve passare necessariamente attraverso la
“specificazione dei motivi”, mediante l’indicazione di criteri che, prescindendo
dall’individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che
richiede la norma.
Intesa in questi termini la sentenza della Corte costituzionale, l’opzione
interpretativa offerta da questo Collegio è pienamente coerente con quella offerta

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con una pronuncia di infondatezza della questione di legittimità costituzionale

dalla sentenza in questione che, per l’autorevolezza della fonte da cui proviene,
costituisce un contributo ermeneutico della massima importanza.
Dunque, per concludere sul punto, l’apposizione del termine per “ragioni
sostitutive” è legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori

stesse risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali, l’ambito
territoriale i riferimenti, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei
lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro)
che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non
identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la
sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato. Nel caso di specie
appare congrua la parametrazione effettuata dal giudice di merito che ha ritenuto
esistente il requisito della specificità con l’indicazione nell’atto scritto della causale
sostitutiva, del termine iniziale e finale del rapporto, del luogo di svolgimento della
prestazione a termine, dell’inquadramento e delle mansioni del personale da
sostituire. In questo caso appare, infatti, rispettato quel criterio di elasticità che la
nuova formulazione della norma di legge impone, pur nell’ambito di una
parametrazione concettuale con riferimento all’ambito territoriale di riferimento, al
luogo della prestazione lavorativa, alle mansioni del lavoratore (o dei lavoratori) da
sostituire e, ove necessario in relazione alla situazione aziendale descritta, il diritto
del lavoratore sostituito alla conservazione del posto.
Quanto al riscontro fattuale del rispetto della ragione sostitutiva (specificamente
indicata), in relazione alla sopra effettuata configurazione delle condizioni
legittimanti il contratto a termine, appare logicamente articolato l’accertamento
effettuato dal giudice di merito, che con riferimento all’ambito territoriale dell’ufficio
interessato, ha accertato il numero dei contratti a termine (due) stipulati nel
periodo di durata del contratto in esame (18 settembre 2004— 15 novembre 2004)
e lo ha confrontato con il numero delle giornate di assenza per malattia, infortunio,

assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni


ferie, ecc. del personale a tempo indeterminato (mediamente diciotto al giorno),
ravvisando congruo il numero dei contratti stipulati per esigenze sostitutive.
Tale accertamento ha contenuto esclusivamente di merito e, in quanto
correttamente motivato, è in questa sede incensurabile.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio
in misura di € 3500,00 per compensi professionali e di € 50,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 7 febbraio 2013
Il Consigliere estensore

I motivi sono, pertanto, infondati ed il ricorso va rigettato.

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