Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13389 del 26/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 26/05/2017, (ud. 23/02/2017, dep.26/05/2017),  n. 13389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22705-2015 proposto da:

C.A. C.F. (OMISSIS), rappresentato e difeso

dall’avvocato ROMEO NICOLA TIGRE, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR,

PRESSO LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. C.F. 01585570581, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO

MORRICO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 118/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 16/03/2015 R.G.N. 633/14;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ROMEO NICOLA TIGRE;

udito l’Avvocato FRANCO RAIMONDO BOCCIA per delega orale Avvocato

ENZO MORRICO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza del 1 luglio 2012 ex art. 700 cod. civ. proc. il Tribunale di Ancona ordinava alla Rete Ferroviaria italiana la reintegrazione di C.A., licenziato per giusta causa, nel posto di lavoro; il Collegio confermava il provvedimento di reintegrazione in sede di reclamo con ordinanza del 6 luglio 2012 ed il Tribunale di Ancona dichiarava l’illegittimità del licenziamento e confermava l’ordine di reintegrazione. La Corte di appello di Ancona con sentenza del 12 aprile 2014 accoglieva, invece, l’appello della Rete Ferroviaria e rigettava le domande del C.. La Corte territoriale a pagg. 5/6 della sentenza riportava le contestazioni mosse al lavoratore che descrivevano, come confermato dalle risultanze istruttorie, un comportamento del dipendente improntato a dichiarazioni mendaci e comportamento fraudolento reiterato con danno del datore di lavoro che aveva corrisposto una parte di indennità di trasferta in eccesso rispetto al dovuto e non aveva ricevuto i diritti di ammissione al transito ferroviario previsti. La Corte osservava che il C. era inquadrato a livello F come operatore specializzato e che tra i cui compiti vi era l’accertamento delle violazioni al Regolamento di Polizia ferroviaria a partire dalla sede di servizio Ancona (mentre la dimora abituale era Foggia per cui era solito raggiungere in treno la sede di servizio e rientrare nello stesso modo alla sua dimora). Il C. poteva usufruire in modalità gratuita dei treni con tipologia locale ma in quelli di più veloce percorrenza doveva corrispondere un costo di Euro 12,00 a viaggio; nell’episodio del 20 settembre il lavoratore, libero dal servizio, aveva dichiarato al capotreno di viaggiare di scorta ed era stato così annotato su un modulo di servizio e quindi non aveva corrisposto il previsto diritto di ammissione. Successivamente emergevano altri comportamenti analoghi nei quali il lavoratore si era dichiarato come personale di scorta, era stato registrato come tale e non aveva pagato il previsto diritto di ammissione (per ben 19 volte). Il 23 dicembre il lavoratore aveva dichiarato di aver cessato la trasferta alle 16 mentre questa si era completata prima lucrando così un differenziale. Emergeva quindi un comportamento sistematico scorretto idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tenuto anche conto delle particolari mansioni di agente di protezione aziendale, si da legittimare l’intimata sanzione.

2. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il lavoratore con 4 motivi; resiste controparte con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione. Violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 e art. 2109 cod. civ. – principio di immediatezza della contestazione e nozione di giusta causa. La contestazione dei fatti ed anche l’irrogazione della sanzione erano tardivi.

2. Il motivo appare inammissibile posto che non viene ricostruita in modo idoneo (con palese violazione del principio dell’autosufficienza del ricorso in cassazione) come la questione sia stata posta nei precedenti gradi del giudizio se non con un rinvio generico a precedenti atti difensivi. La Corte di appello peraltro non ha esaminato questo profilo sicchè il ricorrente avrebbe dovuto allegare la violazione dell’art. 112 cod. civ. proc. documentando di avere sollevato eccezione nei precedenti gradi del giudizio.

3. Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. civ. proc. e dell’art. 2697 cod. civ. e della L. n. 604 del 1966, art. 5. I moduli sottoscritti dal lavoratore erano stati depositati tardivamente in primo grado e non depositati in appello; nè gli episodi relativi al 23 febbraio erano stati in alcun modo confermati.

4. Il motivo appare inammissibile perchè non si ricostruisce come la questione della tardività di una parte della produzione documentale sia stata dedotta in appello ed in ogni caso perchè si sollevano questioni di merito dirette ad una rivalutazione del “fatto” come tale inammissibili in questa sede posto che la Corte territoriale ha ritenuto provate le contestazioni e non si deduce neppure una violazione dell’art. 360, n. 5 nella nuova formulazione applicabile ratione temporis.

5. Con il terzo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti e la violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 cod. civ. in combinato disposto degli artt. 54-59 CCNL. Il CCNL disponeva il licenziamento solo per fatti che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio all’azienda.

6. Il motivo appare improcedibile in quanto risulta (cfr. elenco documenti) prodotto solo l’estratto del CCNL e non quello in copia integrale (necessario secondo la giurisprudenza di questa Corte per operare un confronto tra le varie norme contrattuali applicabili); in ogni caso è inammissibile perchè le disposizioni del CCNL invocate non sono neppure riprodotte al motivo ed esaminate in dettaglio singolarmente e in ogni caso infondato posto che ex art. 2119 cod. civ. la condotta contestata, in quanto reiterata e tenuto conto delle particolari mansioni svolte dal lavoratore che era un agente di protezione aziendale, è stata ritenuta idonea a rompere il vincolo fiduciario tra le parti e a far dubitare della correttezza nello svolgimento della prestazione contrattuale secondo una valutazione deputata al Giudice di merito ma sorretta da adeguata e logica motivazione.

7. Con l’ultimo (complesso) motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Gli agenti di protezione aziendale sono chiamati a svolgere la propria attività anche non in servizio. Non emergeva comunque alcuna prova che il ricorrente per 19 volte non avesse pagato il dovuto, ma solo che si era fatto annotare nei moduli aziendali PA88. Il codice disciplinare non era stato affisso ed infine la sanzione era del tutto sproporzionata.

8. Il motivo è inammissibile circa la prima doglianza non indicando come e quando la censura proposta circa il fatto che il ricorrente doveva considerarsi agente di protezione anche se non in servizio sia stata sollevata. In ogni caso questa e le successive doglianze attengono al merito come tali inammissibili in questa sede essendo il “fatto” di cui si discute e cioè l’avere per 19 volte il ricorrente omesso di pagare il contributo di ammissione previsto già stato accertato e valutato dalla Corte territoriale (cfr. Cass. sez. un. n. 8053/2014) unitamente ad un’indebita richiesta di indennità di trasferta. Circa la circostanza dell’affissione o meno del codice disciplinare il mancato esame della relativa eccezione andava dedotto come violazione dell’art. 112 cod. civ. proc. ed in ogni caso la condotta del lavoratore è stata valutata ex art. 2119 cod. civ. con motivazione congrua e logicamente coerente

9. Si deve quindi rigettare il ricorso. Le spese di lite – liquidate come al dispositivo – seguono la soccombenza.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonchè in Euro 4.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2017

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