Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13387 del 30/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/06/2016, (ud. 15/01/2016, dep. 30/06/2016), n.13387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19608-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EDISON SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA SCROFA 57, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE PIZZONIA, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE RUSSO CORVACE, GIANCARLO

ZOPPINI giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/2008 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 17/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/01/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

l’accoglimento e si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’avvocato RUSSO CORVACE che ha

chiesto il rigetto e deposita brevi note di udienza;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate di Milano emetteva nei confronti di Edison spa un avviso di accertamento Irpeg ed Ilor anno di imposta 1997 con il quale contestava, tra l’altro, la mancata contabilizzazione di interessi attivi per lire 45.689.756.219. La ripresa era relativa a due dazioni di 300 miliardi di lire ciascuna, effettuate a titolo di “versamenti infruttiferi in conto futuro aumento di capitale” a favore della società di investimenti finanziari di diritto portoghese Tanti Investimentos Internationais SA, con sede nel territorio a fiscalità privilegiata della (OMISSIS), società di investimenti di cui Edison spa aveva il controllo pressochè totalitario con quota del 99,9% del capitale. L’Ufficio riteneva che le due provviste, utilizzate dalla società controllata per effettuare investimenti finanziari, costituissero prestiti a titolo oneroso, ai quali era applicabile il disposto del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5 allora vigente, secondo cui i beni ceduti ed i servizi prestati a società estere controllate devono essere valutati secondo il “valore normale”; poichè gli interessi applicati sui finanziamenti concessi ad altre società controllate nel corso del 1997 era pari al 9,258%, l’Ufficio determinava in tale misura i ricavi non dichiarati relativi alla mancata contabilizzazione degli interessi attivi.

Avverso l’avviso di accertamento la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che con sentenza del 19.12.2005 lo accoglieva con riguardo alla mancata contabilizzazione degli interessi attivi.

Contro la sentenza l’Ufficio proponeva appello principale e la società appello incidentale. La Commissione tributaria regionale di Milano con sentenza del 17.6.2008 rigettava l’appello principale dell’Ufficio ed accoglieva l’appello incidentale della società, annullando integralmente l’avviso di accertamento impugnato. In particolare la Commissione tributaria regionale riteneva che l’operazione in oggetto non fosse una operazione da “tranfer pricing” finalizzati a trasferire ricavi in paesi a minore pressione fiscale, ma che si trattasse effettivamente di un mutuo gratuito prestato dalla società controllante alla controllata estera, rientrante in una normale logica imprenditoriale.

Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per i seguenti motivi: 1) violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5 (ora art. 110, comma 7) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nella parte in cui ha ritenuto che la norma richieda all’Amministrazione finanziaria di fornire la prova in concreto di una finalità elusiva del contribuente, e che detta finalità debba essere esclusa in presenza di operazione giustificata da una “logica imprenditoriale”; 2) violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5 (ora art. 110 comma 7) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nella parte in cui ha ritenuto rilevante il fatto che l’operazione effettuata corrispondesse ad una logica imprenditoriale del gruppo societario; 3) violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5(ora art. 110, comma 7) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nella parte in cui ha ritenuto che, non avendo l’Ufficio dimostrato che le parti avevano stipulato un contratto oneroso, il mutuo doveva ritenersi gratuito con conseguente inapplicabilità della norma in oggetto; 4) violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nella parte in cui non ha esaminato la contestazione di perseguimenti di finalità elusive formulata nell’atto impositivo in via subordinata, rispetto alla contestazione principale di violazione dell’obbligo di indicare il valore normale dell’operazione ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76 comma 5. Deposita memoria.

La società resiste con controricorso: chiede di dichiarare inammissibili i primi tre motivi di ricorso per violazione del principio di autosufficienza; in ogni caso chiede il rigetto del ricorso per infondatezza; in caso di accoglimento del ricorso con decisione nel merito, chiede di dichiarare l’illegittimità parziale dell’atto e la illegittimità delle sanzioni, inapplicabili nella fattispecie di abuso prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37 bis; con nota integrativa depositata in udienza chiede che, in caso di accoglimento del ricorso e decisione nel merito, questa Corte voglia applicare le sanzioni più favorevoli previste dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla controricorrente, è infondata. I primi tre motivi di ricorso prospettano il vizio di erronea interpretazione di norme legge per il cui esame non appare necessaria una allegazione documentale maggiore di quella desumibile dalla riproduzione di parti di atti contenuta nel ricorso.

2. primi tre motivi di ricorso, da trattare congiuntamente, sono fondati. Non è in contestazione tra le parti, e risulta dalla ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza impugnata, che i versamenti effettuati dalla società controllante Edison spa in favore della controllata estera Tanti Investimentos S.A, anche se intitolati “versamenti in conto futuro aumento di capitale”, non sono stati impiegati per la finalità dichiarata ma sono stati destinati ad investimenti finanziari (che hanno fruttato ad Edison dividendi sottoposti alla ridotta imposizione fiscale stabilita dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 96 bis allora vigente), con successiva retrocessione del capitale alla società erogante Edison. 3.Una volta stabilito che la ricostruzione dei fatti esclude la causale del versamento infruttifero in conto futuro aumento di capitale e che la dazione delle somme di denaro deve essere ricondotta alla fattispecie del mutuo (ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 43 vigente ratione temporis, ora art. 46), diviene irrilevante l’accertamento svolto dal giudice di merito per individuare la “logica imprenditoriale” perseguita e per sostenere la natura non simulata ma effettiva del contratto di mutuo gratuito. Trattandosi di operazioni intercorrenti con società estera controllata dalla società residente, deve comunque trovare applicazione la regola in materia di “tranfer pricing” internazionale stabilita dal previgente D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5 (ora art. 110, comma 7) secondo cui la quantificazione dei componenti reddituali non deve avvenire in base al parametro ordinario del corrispettivo pattuito, bensì secondo il criterio derogatorio del “valore normale” dei beni ceduti o dei servizi prestati, definito dal richiamato art. 9, comma 3 quale prezzo e corrispettivo mediamente praticato per i medesimi beni o servizi ceduti o scambiati nello stesso tempo e luogo. Nel caso specifico di somme date a mutuo, ordinariamente produttive di interessi salvo espressa pattuizione contraria (art. 1815 c.c., comma 1), il “valore normale” è costituito dagli interessi di mercato mediamente praticati all’epoca di effettuazione della daziane delle somme di denaro.

4.La finalità antielusiva sottesa dalla norma prevista dal previgente D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5(ora art. 110 comma 7), finalizzata ad impedire trasferimenti surrettizi di ricchezza in favore di una società infragruppo estera, con sottrazione di materia imponibile alla tassazione nazionale, comporta che la disposizione debba trovare applicazione non solo quando i prezzi o i corrispettivi pattuiti siano inferiori a quelli mediamente praticati nel comparto economico di riferimento, ma anche quando per la cessione del bene (nella specie una determinata quantità di denaro) sia stato pattuito un corrispettivo nullo. Anche in tale ipotesi, ed a maggior ragione in tale ipotesi, si realizza una manovra di indebito trasferimento di ricchezza imponibile verso uno Stato estero, alla quale l’ordinamento giuridico reagisce sostituendo il prezzo contrattuale (nullo) con il prezzo di mercato. Conferma la correttezza di tale conclusione il disposto del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 9 che, anche in caso di operazioni tra società infragruppo aventi tutte sedi nel territorio nazionale (transfer pricing domestico), qualora ricorra l’ipotesi di cessione di beni o prestazioni di servizio effettuate senza indicazione di un corrispettivo, consente di valorizzare i componenti reddituali secondo il criterio sussidiario del “valore normale”, in sostituzione del criterio ordinario riferito al corrispettivo (mancante).(conforme Sez. 5, Sentenza n. 17955 del 24/07/2013, Rv. 628827).

Per le medesime ragioni questo Collegio non condivide il diverso orientamento interpretativo secondo cui la stipula di un finanziamento non oneroso, riconducibile allo schema del mutuo a titolo gratuito, erogato dalla società controllante a favore delle controllate, non subisce limitazioni per il fatto che la controllante, residente nello Stato, e le società residenti in altri Paesi appartengano al medesimo gruppo societario, realizzando quindi una operazione infragruppo transfrontaliera, non contrastando la gratuità della operazione, che esclude la pattuizione di interessi corrispettivi dovuti dalla mutuataria, con la previsione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5 (oggi art. 110, comma 7);

ciò in quanto l’applicazione della norma tributaria è subordinata dalla legge alla duplice condizione che dalla operazione negoziale infragruppo derivino per la società contribuente componenti (positivi o negativi) reddituali e che dalla applicazione del criterio del valore normale derivi un aumento del reddito imponibile;

e tali condizioni non risultano integrate nella concessione del mutuo non oneroso, essendo estranea a tale schema negoziale la stessa prestazione – avente ad oggetto la corresponsione di interessi corrispettivi – che costituisce il necessario termine di comparazione rispetto ai valore normale. (Sez. 5, Sentenza n. 27087 del 19/12/2014, Rv. 633915).

In senso contrario si osserva che il valore “normale” della dazione a prestito di una determinata somma di denaro non è affatto nullo, ma è costituito dall’obbligo di corresponsione degli interessi nella misura corrispondente al tasso di mercato, che, in forza del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 107, comma 7, si sostituisce alla gratuità dell’operazione pattuita tra società residente e società estera controllante o controllata. L’adesione alla interpretazione che esclude il mutuo non oneroso dalla sfera di applicazione della regola del “valore normale”, stabilita dal citato art. 107, comma 7, conduce alla irragionevole conseguenza che l’Amministrazione finanziaria può esercitare il potere di rettifica in caso di operazioni con corrispettivo inferiore a quello normale mentre tale facoltà sarebbe preclusa nell’ipotesi, maggiormente elusiva, di pattuizione di finanziamento con corrispettivo nullo.

5.In caso di operazioni infragruppo intercorse con società estere controllate o controllanti di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76 (ora 110 comma 7), l’onere probatorio gravante sulla Amministrazione finanziaria si esaurisce nel fornire la prova della esistenza della operazione infragruppo e della pattuizione di un corrispettivo inferiore al valore normale di mercato, logicamente comprensivo della più grave ipotesi della assenza di corrispettivo;

il contribuente che intende contrastare la pretesa impositiva deve invece fornire la prova che il corrispettivo convenuto ovvero la mancanza di un corrispettivo per l’operazione infragruppo, corrisponde ai valori economici che il mercato attribuisce a tali operazioni. Non è invece necessario che l’Amministrazione finanziaria fornisca ulteriormente la prova che l’operazione infragruppo sia priva di una valida giustificazione economica ed abbia comportato un concreto risparmio di imposta, trattandosi di presupposti costitutivi della fattispecie generale di operazione antielusiva disciplinata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis, presupposti non richiesti nel caso in cui venga contestata la violazione della regola del “valore normale” dei componenti reddituali prevista nella specifica fattispecie del transfer pricing internazionale di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, comma 7 (conforme Sez. 5, Sentenza n. 18392 del 18/09/2015, Rv.

636455).

6. Il quarto motivo è assorbito, considerato che l’ufficio ha emesso l’atto impositivo contestando la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5 con riguardo al “valore normale” del mutuo, e solo in via subordinata ha contestato la fattispecie generale di abuso del diritto disciplinata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis.

7.Ogni altra questione, anche relativa al regime sanzionatorio applicabile, sarà esaminata dal competente giudice del rinvio.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione. Le spese saranno regolate all’esito del giudizio di rinvio.

PQM

Accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo, dichiara assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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