Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13387 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 18/05/2021), n.13387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31727-2019 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato VENERANDO BARBAGALLO;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato DEBORA MARIA PETTINATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1604/13/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata

l’11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che aveva rigettato il ricorso da essa proposto contro l’intimazione di pagamento notificata in data (OMISSIS) emessa in relazione ad una cartella di pagamento notificata in data (OMISSIS);

la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello della parte contribuente affermando che la prescrizione dei tributi erariali matura in dieci anni e non possono considerarsi prestazioni periodiche in quanto derivano anno per anno da una nuova ed autonoma valutazione riguardo alla sussistenza dei presupposti impositivi cosicchè i singoli periodi di imposta e le relative obbligazioni sono tra loro autonomi e manca dunque la “causa debendi continuativa” che caratterizza le prestazioni periodiche: vale, quindi, il termine ordinario di dieci anni in mancanza di altra disposizione speciale e la notifica dell’intimazione di pagamento interrompe la prescrizione e fa decorrere un nuovo termine di prescrizione decennale;

la parte contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, in quanto la prescrizione del credito IRPEF, IRAP e IVA non sarebbe di dieci anni ma di cinque;

considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, in quanto la prescrizione degli interessi non sarebbe di dieci anni ma di cinque.

Il primo motivo è infondato.

Infatti, questa Corte ha affermato che:

il diritto alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un’espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (Cass. n. 32308 del 2019; Cass. n. 15244 del 2020);

il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale previsto dall’art. 2953 c.c. (previsto solo per i diritti per i quali sia intervenuta una sentenza passata in giudicato), si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass. SU n. 23397 del 2016).

La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta ai suddetti principi laddove ha affermato che la prescrizione dei tributi erariali matura in dieci anni ed ha conseguentemente ritenuto non prescritto il credito erariale dal momento che la cartella di pagamento è stata notificata il 28 gennaio 2006 mentre l’intimazione di pagamento il 22 maggio 2016.

Il secondo motivo è invece fondato.

Considerato infatti che, secondo questa Corte:

In tema di rimborso d’imposta, il credito inerente agli interessi sulle somme dovute a rimborso per eccedenza di versamento è autonomo rispetto al credito per il capitale e si prescrive nel termine di cinque anni ai sensi dell’art. 2498 c.c., n. 4 (Cass. n. 24295 del 2019);

“2.1 Il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, comma 3, stabilisce che “il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni”. A sua volta l’art. 2948 c.c., comma 1, n. 4, afferma che “si prescrivono in cinque anni:…gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.

2.2. Questa Corte ha, sul punto, avuto modo di puntualizzare che “il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario” (cfr. Cass. 12715/ 2016 e 12715/2009).

2.3 E’ stato altresì precisato in materia di interessi che ” gli interessi dovuti per il ritardo nella loro esazione, i quali integrano un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale e suscettibile di autonome vicende, sì che il credito relativo a tali accessori rimane sottoposto al proprio termine di prescrizione quinquennale fissato dall’art. 2948 c.c., n. 4″ (Cass. 30901/2019,14049/2006).

2.4 La Commissione Tributaria Regionale, nel riconoscere la prescrizione quinquennale delle sanzioni, anche irrogate contestualmente, all’accertamento del tributo e degli interessi; si è quindi uniformata alla normativa vigente e ai principi giurisprudenziali sopra indicati” (Cass. n. 20955 del 2020);

l’obbligazione relativa agli interessi è legata a quella principale da un vincolo di accessorietà soltanto nel momento genetico, mentre le sue vicende sono indipendenti da quelle del capitale e dai relativi atti interruttivi, con la conseguenza che, costituendo l’oggetto di una prestazione dovuta in base ad una “causa debendi” continuativa, tale obbligazione soggiace alla prescrizione quinquennale fissata dall’art. 2948 c.c., n. 4. Laddove, tuttavia, essa attenga ad un debito rateizzato in prestazioni periodiche costituenti adempimento parziale di un’unica obbligazione principale, si ha identità della “causa debendi” tra detta obbligazione accessoria e quella principale, con la conseguenza che il termine di prescrizione inizia a decorrere per entrambe le obbligazioni dal momento utile per il pagamento dell’ultima rata del debito principale e viene ad identificarsi, anche per gli interessi, con quello ordinario decennale (Cass. n. 25047 del 2009; Cass. n. 9695 del 2011).

La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi laddove da un lato non ha distinto i termini di prescrizione in relazione al capitale e agli interessi, in ragione dell’essere la debenza degli interessi una prestazione accessoria rispetto al credito tributario principale solo nel momento genetico, e dall’altro non ha specificato se ricorra nella specie l’eventualità di un debito rateizzato in prestazioni periodiche costituenti adempimento parziale di un’unica obbligazione principale, dovendosi solo in quest’ultimo caso applicare la prescrizione decennale, costituendo altrimenti l’obbligazione per interessi una obbligazione indipendente rispetto al credito tributario da cui deriva, rappresentando l’oggetto di una prestazione dovuta in base ad una “causa debendi” continuativa, cosicchè tale obbligazione soggiace alla prescrizione quinquennale fissata dall’art. 2948 c.c., n. 4.

Ritenuto pertanto infondato il primo di impugnazione e fondato il secondo, il ricorso della parte contribuente va accolto in relazione al secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte respinge il primo di impugnazione e accoglie il secondo, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

 

 

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