Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13386 del 30/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/06/2016, (ud. 24/06/2015, dep. 30/06/2016), n.13386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COOPERATIVA PAVIMENTI CORATO s. coop. a r.l. in liquidazione,

rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Paolo Cecchetti, ed

elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. Lucia Patrizia

Scalone di Montelauro in Via Cola di Rienzo n. 162;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Rana alla Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 97/8/07, depositata l’11 aprile 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24

giugno 2015 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

uditi l’avv. Marco Palmi per la ricorrente e l’avvocato dello Stato

Sergio Fiorentini per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità ed in

subordino il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società cooperativa a r.l. Pavimenti Corato in liquidazione propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che, rigettandone l’appello, ha confermato la fondatezza della pretesa espressa dall’Agenzia delle entrate con l’avviso di recupero parziale del credito IVA, relativo all’anno 1999, che era stato rimborsato.

Il giudice d appello, con riguardo al condono effettuato dalla contribuente al sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, ha infatti ritenuto che, sancendo con chiarezza la norma del secondo periodo del comma 9 che “la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle (rispettive) dichiarazioni presentate ai fini (pure) dell’IVA”, non era precluso all’amministrazione l’esercizio dei propri poteri di verifica e di rettifica, anche di vantati crediti d’imposta, riscontrati totalmente o parzialmente infondati.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto dichiarata l’inammissibilità del controricorso dell’Agenzia delle entrate perchè riferito, in larghissima parte, ad altro giudizio, con altro contribuente (la srl Gruppo Edile), ed avente altro oggetto.

Con il primo motivo, denunciando “nullità della sentenza impugnata per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, la società contribuente chiede si “stabilisca se viola le nomine sulla motivazione la sentenza della CTR che non consente di comprendere l’iter logico-giuridico seguito per pervenire al decisum o che motivi insufficientemente e/o contraddittoriamente rispetto alle premesse logico-giuridiche assunte a base della propria situazione”.

Con il secondo motivo, denunciando “nullità della sentenza impugnata per messa pronuncia su un motivo di appello, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, chiede si “stabilisca se viola l’art. 112 c.p.c. e, dunque, incorre in error in procedendo, la sentenza della CIE che emette di pronunciare su uno specifico motivo di appello”.

Con il terzo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 15, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, chiede “si stabilisca se la presentazione dell’istanza della L. n. 289 del 2002, ex art. 15 (legge di condono) inibisca l’ulteriore attività accertatrice dell’ufficio fiscale in relazione agli addebiti sanati”.

Con il quarto motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″, chiede si stabilisca se viola della L. n. 289 del 2002, art. 9, camma 9, la CTR che ritenga legittimo l’avviso di recupero del credito IVA pur in presenza di definizione automatica del periodo d’imposta”.

Il primo motivo del ricorso è inammissibile, alla stregua di quanto prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., secondo cui l’illustrazione del vizio di motivazione denunciato deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, con i quali si denunciano errores in iudicando, sono del pari inammissibili, in quanto corredati di quesiti di diritto inidonei a norma dell’art. 366 bis c.p.c., perchè risolventisi nella posizione di una nera questione giuridica, e perchè privi di specifico riferimento alle fattispecie concrete.

E’ appena il caso di ricordare, perciò, che questa Corte ha ripetutamente chiarito cane “in tema di condono fiscale, l’Amministrazione finanziaria può procedere, nelle ipotesi di cui della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, commi 9 e 10 e art. 15, all’accertamento diretto a dimostrare l’inesistenza di un diritto al rimborso, poichè il condono elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio” (Cass. n. 20433 del 2014, n. 6985 del 2015, n. 375 del 2009).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano tenendo conto delle sole attività validamente svolte dall’intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara inammissibile il controricorso.

Condanna la società contribuente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 4.500, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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