Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13385 del 30/06/2016

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2016, (ud. 12/06/2015, dep. 30/06/2016), n.13385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

J.Z.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 15/4/08, depositata il 10 aprile 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12

giugno 2015 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

udita l’avvocato dello Stato Maria Pia Camassa per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con quattro motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo parzialmente l’appello di J.Z., ha rideterminato in minus la plusvalenza patrimoniale da cessione d’azienda assoggettata ad imposizione in relazione alla rettifica del valore di avviamento, operata con avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF, di un esercizio commerciale, un ristorante, ceduto nel (OMISSIS).

La rettifica originaria dell’Ufficio era conseguente all’accertamento di maggior valore, divenuto definitivo, effettuato ai fini dell’imposta di registro su quello stesso atto di vendita.

Il giudice d appello, con riguardo alla sentenza di primo grado, ha osservato che questa aveva “emesso di considerare che i valori indicati dall’Agenzia delle entrate a sostegno dell’accertamento corrispondevano ai ricavi degli ultimi tre anni e mezzo e non ai redditi assolutamente esigui (questi sempre inferiori a Lire 10.000.000 l’anno)…”;

ha tra l’altro rilevato che il valore dell’avviamento, essendo soggetto a valutazione, può anche desumersi per differenza rispetto al prezzo reale della vendita, e l’accertamento dell’ufficio del registro al riguardo fonda una presunzione;

ed ha ancora osservato che “stante l’assenza di valida motivazione dell’impugnata sentenza si ritiene di rideterminare in Euro 60.000 la plusvalenza assoggettabile a tassazione, considerando equitativamente un reddito medio ritraibile da un’attività di ristorazione di modeste pretese quale è certo quella in esame e moltiplicando per tre annualità, tenendo conto del fatto che si tratta di impresa familiare, can modeste attrezzature, che nel caso di specie ha prodotto scarsa redditività”.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il quarto motivo, il cui esame logicamente precede, l’amministrazione denuncia l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata per aver enfatizzato, ai fini della determinazione dell’avviamento, il dato fattuale dei redditi conseguiti dal contribuente negli anni 1997 – 1999, definiti come scarsi, e nell’averli posti a confronto “con il valore dell’avviamento calcolato dall’ufficio”, concludendo per l’inverosimiglianza di tale accertamento e, quel che più conta, “risolvendosi a rideterminarne l’entità all’insegna di un criterio “equitativo” basato su un “reddito medio” modellato su un’attività di ristorazione condotta “con modeste attrezzature” e dalla “scarsa redditività”. Pur essendo, quindi, l’intero ragionamento imperniato sull’amputare dei redditi conseguiti dai contribuente nel periodo 1997 – 1999, prosegue la ricorrente, tuttavia non si precisa nella sentenza in quale occasione e attraverso quali mezzi di prova la detta circostanza (ammontare dei redditi derivati dall’azienda ceduta) sarebbe stata acquisita al processo, scaturendone una motivazione del tutto carente.

Il motivo è fondato.

Il giudice d’appello, premesso che nel divario tra ricavi e redditi derivanti dall’azienda ceduta i redditi debbano prevalere, ha invero fatto ricorso ad una valutazione dichiaratamente equitativa, fondata su redditi solo stimati sulla base di formule qui vaghe e indeterminate (“un’attività di ristorazione di modeste pretese …impresa familiare con modeste attrezzatura che ha prodotto scarsa redditività…”), e quindi su valori affermati in termini apodittici, senza dare conto della fonte probatoria dei dati di base.

Il motivo va pertanto accolto, con assorbimento dell’esame dei primi tre motivi, con i quali si denunciava, rispettivamente la nullità per difetto assoluto di motivazione, la svalutazione dell’accertamento definitivo del valore dell’azienda ceduta ai fini dell’imposta di registro, la violazione del D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

PQM

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, assorbiti i primi tre motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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