Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13383 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 13383 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 28944-2008 proposto da:
GATE S.R.L. C.F. 01300270012, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA RODI 32, presso lo studio dell’avvocato
LUCIO LAURITA LONGO, rappresentata e difesa dagli
avvocati PIER LUCA NELA, CERSOSIMO SERGIO, giusta
2015

delega in atti;
– ricorrente –

1303

contro

VITALE LUIGI C.F. vtllgvs4t11g509v, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo

Data pubblicazione: 30/06/2015

studio dell’avvocato GIUSEPPE FONTANA,

che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO
PASTA, giusta delega in atti;
– controrícorrente

avverso la sentenza n. 1172/2007 della CORTE

922/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/03/2015 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato FONZO FABIO per delega
FONTANA GIUSEPPE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
raccoglimento del quarto motivo, rigetto del quinto
motivo, assorbiti gli altri.

D’APPELLO di TORINO, depositata il 10/12/2007 R.G.N.

R.G 28944/2008
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Torino , in riforma della sentenza del Tribunale , ha
dichiarato la nullità del termine apposto al contratto del 9/5/2002 intercorso tra la
soc Gate srl e Vitale Luigi con conseguente riconoscimento di un rapporto di
lavoro subordinato e condanna del datore di lavoro al ripristino del rapporto ed al
pagamento delle retribuzioni dal 21/6/2005 .
La Corte ha rilevato che il Vitale era stato assunto con un primo contratto di

stato assunto nuovamente con decorrenza dal 15/1/2002 prorogato il 10/4/2003
per” punte di più intensa attività…”
La Corte ha affermato che i contratti ricadevano sotto la vigenza del digs n
368/2001 che richiedeva la forma scritta e la specificazione della motivazione; che
nella fattispecie tali ragioni non erano state neppure accennate nei primi contratti
ed in modo del tutto generico indicate nella proroga.
Ha concluso , pertanto, per la nullità del termine e la conversione in contratto a
tempo indeterminato a decorrere dal 9/5/2002 _
Avverso la sentenza ricorre la soc Gate . Resiste il Vitale con controricorso e poi
memoria ex art 378 cpc.
Motivi della decisione
1)Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’ari 8 ,
comma, L n 223/1991.Censura l’affermazione della Corte secondo cui era
necessario, anche per tale tipo di contratto / la specificazione della causale prevista
per altri tipi di contratti a termine .
Il motivo è fondato .Questa Corte ha affermato ( v Cass 3374/2003,
16871/2008 )che “L’art. 8, comma secondo, legge 23 luglio 1991 n. 223 – che
dispone che i lavoratori in mobilità possono essere assunti con contratto di lavoro
a termine di durata non superiore a dodici mesi – ha introdotto una fattispecie di
assunzione a termine autonoma ed ulteriore rispetto alle ipotesi contemplate nella
legge 18 aprile 1962 n. 230, che prescinde da ogni riferimento a cause oggettive
(richieste nelle ipotesi regolate dalla legge n. 230 del 1962) in quanto implica
solamente, per la sua legittimità, un requisito soggettivo (lo stato di
disoccupazione del lavoratore e la sua iscrizione nelle liste di mobilità), e pone,
quale unico limite temporale, una durata massima non superiore ai dodici mesi,”

quattro mesi ex art 8 L n 223/1991 , prorogato senza alcuna motivazione ; che era

La sussistenza di detti requisiti , nella specie, non risulta

contestati.. Lo stesso

Vitale del resto aveva chiesto la conversione del rapporto a tempo indeterminato a
decorrere dal 10/4/2003 e cioè con riferimento al periodo successivo ai tre
contratti stipulati sulla base della norma di cui all’ari 8 citato 2)Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di norme.
Afferma che la causale specifica dell’apposizione del termine non era necessaria
per la proroga ma solo in caso di prima assunzione.
Il motivo è infondato . La proroga del contratto di lavoro a tempo determinato,

se concorrono due condizioni, fra loro connesse, costituite dalla identità
dell’attività’ lavorativa rispetto a quella per la quale il contratto è stato stipulato
(intesa nella dimensione oggettiva riferibile alla destinazione aziendale del lavoro
e non riducibile alle mansioni del lavoratore) e dalla ricorrenza di esigenze
contingenti ed imprevedibili, ontologicamente diverse da quelle che costituivano
la ragione dell’iniziale contratto , le quali non integrino una situazione che, al
momento della stipulazione del contratto a termine , l’imprenditore possa, anche in
via di mera probabilità, rappresentarsi secondo 1″id quod plerumque accidit”,
quale sviluppo della situazione esistente.( cfr Cass n 9993/2008)
Nessun elemento risulta accertato in tal senso nella fattispecie in esame .
3)Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’ad 1, 2 comma, dlgs n
368/2001 .Rileva che è sufficiente il mero richiamo all’ipotesi prevista dalla legge
senza necessità della dettagliata esposizione della natura, entità e durata
temporanea che legittima il contratto a termine.
Il motivo è infondato .La causale deve essere specifica,I1 D.Lgs. 6 settembre 2001,
n. 368, art. 1, di “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal
CES” stabilisce ai primi due commi:”1 – È consentita l’apposizione di un termine
alla durata del rapporto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. 2 – L’apposizione del termine è
priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel
quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1″.
Questa Corte ha affermato ( cfr Cass n 2279/2010) che “con l’espressione sopra
riprodotta, di chiaro significato già alla stregua delle parole usate, il legislatore ha
infatti inteso stabilire un vero e proprio onere di specificazione delle ragioni

2

ai sensi dell’art. 2 della legge n. 230 del 1962, ora art 4 degls 368/2001, è legittima

oggettive del termine finale, perseguendo la finalità di assicurare la trasparenza e
la veridicità dì tali ragioni nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del
rapporto (così Corte Costituzionale sent. 14 luglio 2009 n. 214).
Il decreto legislativo n. 368 del 2001, abbandonando il precedente sistema di
rigida tipicizzazione delle causali che consentono l’apposizione dì un termine
finale al rapporto di lavoro (in parte già oggetto di ripensamento da parte del
legislatore precedente), in favore di un sistema ancorato alla indicazione di
clausole generali (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o

contratto, si è infatti posto il problema, nel quadro disciplinare tuttora
caratterizzato dal principio di origine comunitaria del contratto di lavoro a tempo
indeterminato (cfr., in proposito, Cass. 21 maggio 2008 n. 12985) del possibile
abuso insito nell’adozione di una tale tecnica.
Per evitare siffatto rischio di un uso indiscriminato dell’istituto, il legislatore ha
imposto la trasparenza, la riconoscibilità e la verificabilità della causale assunta a
giustificazione del termine, già a partire dal momento della stipulazione del
contratto di lavoro, attraverso la previsione dell’onere di specificazione, vale a dire
di un’ indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti
identificative essenziali, sia quanto al contenuto che con riguardo alla sua portata
spazio-temporale e più in generale circostanziale”.
4)Con il quarto motivo denuncia violazione dell’art 112 cpc , Nullità
della sentenza per vizio ultrapetizione . La società rileva che la Corte d’appello
aveva affermato la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato a decorrere
dal 9/5/2002 sebbene il Vitale avesse chiesto la conversione a decorrere dal
10/4/2003.
Il motivo è fondato. La nullità dei contratti a termine riguarda soltanto i contratti
decorrenti dal 15/4/2003 in quanto per i contratti precedenti è legittima
l’apposizione del termine ex L n 223/1991. Il Vitale , come emerge dalle stesse
conclusioni riportate dalla Corte d’appello, ha chiesto la conversione dei contratti
a termine in contratti a tempo indeterminato a decorrere dal 10/4/2003 . La Corte,
pertanto, ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il
pronunciato disponendo la conversione del rapporto a tempo indeterminato da
epoca antecedente in contrasto con quanto richiesto dal ricorrente.

3

sostitutivo), cui ricondurre le singole situazioni legittimanti come individuate nel

5)Con il quinto motivo la ricorrente censura la quantificazione del
risarcimento come fatta dalla Corte territoriale ed ha chiesto l’applicazione della L
n 133/2008 in base alla quale era previsto in caso di conversione un indennizzo
limitato tra 2,5 e 6 mensilità
La norma citata dalla società è stata dichiarata incostituzionale , in epoca
successiva alla proposizione del ricorso, con sentenza n. 214 dell’8 luglio 2009,
La questione della misura del risarcimento, a prescindere dalla fondatezza del
motivo di cui sopra con riferimento alla legislazione previgente, deve ora trovare

disposizione , come noto, stabilisce che, “nei casi di conversione del contratto a
tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del
lavoratore stabilendo un’indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un
minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di
fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8….”.
“In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali,
stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di
lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche
graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla
metà”. ” Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i
giudizi ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente
legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della
determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un
termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed
esercita i poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 c.p.c.”.
Tale disciplina, applicabile a tutti i giudizi pendenti, anche in grado di legittimità
(sul punto v. già Cass. Ord. 28-1-2011 n. 2112), come è stato affermato da questa
Corte (v. Cass. 31-1-2012 n. 1409. Cass. 31-1-2012 n. 1411), alla luce della
sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 303 del 2011, è
fondata sulla ratio legis diretta ad “introdurre un criterio di liquidazione del danno
di più agevole, certa ed omogenea applicazione”, rispetto alle “obiettive incertezze
verificatesi nell’esperienza applicativa dei criteri di commisurazione del danno
secondo la legislazione prev i gente.
Alla luce, infatti, di tale disposizione, il risarcimento, seppur nella misura

4

la sua disciplina nell’ari 32, commi 5 e 6 , della L. n 183 del 2010 . Tale

forfetizzata prevista, è sempre dovuto in favore del lavoratore, a prescindere dalla
costituzione in mora del datore di lavoro e dall’esistenza stessa di un danno
effettivo per il lavoratore, non assumendo, nella struttura della norma, alcun
rilievo l’aliunde perceptum, che non vale più a delimitare la misura del danno
risarcibile dal creditore della prestazione, tenuto ad adempiere l’obbligazione per
il sol fatto dell’accertamento della nullità del termine, in virtù di una nonna, che,
per come non ha mancato di avvertire lo stesso giudice delle leggi (cfr. Corte cost.
n. 303 del 2011), assume contenuto ennnentemente sanzionatorio.

Torino in diversa composizione, la quale provvederà a nuovo esame della misura
del risarcimento dovuto al lavoratore sulla base dei principi indicat regolando
anche le spese del presente giudizio. (A) e, au. .3rk.ict.Yelo portuto Lit.
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Accoglie il ricorso , cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di
Torino in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio .
Roma 1913/2015

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte d’Appello di

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