Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13383 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13383

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23318-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

S.L., V.A., V.S., VI.ST.,

VI.AN., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LIBIA 25, presso lo

studio dell’avvocato TIGANI SAVA BONTEMPI STUDIO LEGALE, tutti

rappresentati e difesi dall’avvocato MAURIZIO VINCENZO VANNUCCI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 169/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLE MARCHE, depositata il 26/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Marche, che ha accolto l’appello proposto dai contribuenti S.L., V.A., V.S., VI.St. e VI.AN. avverso una sentenza CTP Ascoli Piceno, di rigetto del loro ricorso avverso un avviso accertamento IRPEF, IVA ed IRAP 2006, emesso nei loro confronti, per trasparenza D.P.R. n. 917 del 1986, ex artt. 115 e 116 (TUIR), quali soci della s.r.l. “LAS FER”, dichiarata fallita dal Tribunale di Ascoli Piceno con sentenza del 14 maggio 2009.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta motivazione irragionevole, nonchè violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto al caso in esame non andava applicata la normativa di cui alla L. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, la quale, oltre ad allungare i termini per la rettifica delle imposte dirette e dell’IVA, aveva definitivamente cancellato la possibilità di raddoppiare i termini di accertamento, altresì introducendo una disciplina transitoria, in forza della quale permanevano i vecchi termini di accertamento ed il regime del raddoppio dei termini per le annualità in corso fino al 2015, purchè la “notitia criminis” fosse stata presentata o trasmessa alla competente a.g. entro i termini ordinari di accertamento; detta norma non aveva peraltro abrogato il regime transitorio, di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3, ai sensi del quale il raddoppio dei termini non si applicava agli avvisi di accertamento, notificati, come quello in esame, fra il 2012 ed il 2013 e quindi entro il 2 settembre 2015, data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 128 del 2015; per detti accertamenti era applicabile il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, nella versione anteriore alla citata L. n. 208 del 2015, nella quale era ancora vigente un comma 3, in forza del quale i termini per l’accertamento erano raddoppiati in caso di violazioni che comportavano l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000; e la Corte Costituzionale, con sentenza n. 247 del 2011, aveva ritenuto che detto raddoppio dei termini conseguisse al mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, a prescindere dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale; e tale obbligo di denuncia sussisteva quando il p.u. era in grado di individuare con sicurezza gli estremi del reato da denunciare, senza tener conto delle cause di estinzione del reato e di non punibilità, il cui accertamento era di esclusiva competenza dell’a.g. e tenendo altresì presente che non bastava un generico sospetto di un’attività penalmente illecita; nè poteva ritenersi precluso nella specie il raddoppio dei termini per essere stati proprio alcuni soci a segnalare comportamenti penalmente illeciti tenuti dagli amministratori della società, dovendosi tenere unicamente conto dell’interesse generale alla repressione di illeciti penali; non era infine condivisibile la tesi della CTR, secondo cui, per i redditi di partecipazione dei soci, non valeva il raddoppio dei termini ravvisato per i redditi della società di appartenenza, in quanto l’imputazione dei redditi ai soci si collocava in un momento al più contestuale e mai posteriore rispetto all’accertamento dei redditi societari, si che il raddoppio dei termini per l’accertamento dei redditi societari doveva necessariamente valere anche per le riprese dei redditi societari fatte nei confronti dei singoli soci, in ragione della loro partecipazione al capitale sociale;

che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la sentenza impugnata aveva ritenuto che non potesse operare il raddoppio dei termini di decadenza dell’azione accertatrice nei confronti della società, di cui i ricorrenti erano soci, in quanto, nella specie, non sussisteva alcuna denuncia penale; al contrario la CTR aveva omesso di valutare che fin dal gennaio 2012, data d’inizio della verifica fiscale nei confronti della s.r.l. “LAS FER”, era pendente un’azione penale nei confronti di tale ultima società, avendo la gdf dato atto nel suo pvc della denuncia penale presentata nei confronti della s.r.l. “LAS FER” da tali R.F. e R.S.;

che i contribuenti si sono costituiti con controricorso ed hanno altresì presentato memoria illustrativa;

che il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è fondato;

che invero il D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 24, convertito dalla L. n. 248 del 2006, ha integrato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, introducendo un comma 3, alla stregua del quale, in caso di violazione di norme, per le quali c’era obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento erano raddoppiati, relativamente al periodo d’imposta in cui era stata commessa la violazione;

che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 247 del 2011 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in ordine alla norma da ultimo citata;

che, sulla base di detta pronuncia, la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 11620 del 2018; Cass. n. 16728 del 2016; Cass. n. 26037 del 2016; Cass. n. 13481 del 2020) ha più volte ritenuto che, ai fini del raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione accertatrice, rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato e non rileva nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m. ex art. 405 c.p.p. mediante la formulazione dell’imputazione, nè la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, tenuto altresì conto del regime del doppio binario, al quale deve ritenersi conformato il rapporto fra il giudizio penale ed il processo tributario;

che le successive modifiche legislative, intervenute in materia con il D.Lgs. n. 128 del 2015 e con la L. n. 208 del 2015, art. 1, commi 130 e 131, non hanno alcuna rilievo nella specie in esame, atteso che l’avviso di accertamento emesso nei confronti degli odierni contribuenti è stato notificato fra il 2012 ed il 2013 e quindi prima del 1 gennaio 2016, con conseguente applicabilità alla fattispecie in esame della disciplina anteriore, quale regolata dal citato D.L. n. 223 del 2006;

che pertanto, nella specie, erroneamente la CTR ha ritenuto illegittimo il raddoppio dei termini operato dall’ufficio procedente, essendo al contrario da ritenere tale raddoppio pienamente legittimo, in quanto non era contestato che, nei confronti della s.r.l. “LAS FER”, fossero in corso accertamenti penali fin dal 2008;

che, sulla base dei principi sopra evidenziati, non ha alcun rilievo che l’accertamento penale nei confronti della s.r.l. “LAS FER”,

dichiarata fallita dal Tribunale di Ascoli Piceno con sentenza del 14 maggio 2009, sia stato iniziato anche sulla base di denunce fatte dagli stessi soci, ai quali il reddito societario è stato successivamente attribuito pro quota per trasparenza, D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), ex artt. 115 e 116; invero occorre tener conto solo ed unicamente della circostanza che sia stato avviato un accertamento penale, a prescindere dalle modalità con cui lo stesso è iniziato, tenuto conto delle finalità pubblicistiche che lo Stato persegue con l’esercizio dell’azione penale;

che neppure è condivisibile quanto sostenuto dalla CTR, che, cioè, il raddoppio dei termini, applicabile con riferimento all’accertamento dei redditi fatto nei confronti della s.r.l. “LAS FER”, non potesse valere anche con riferimento ai redditi posti a carico dei singoli soci per il principio di trasparenza, di cui sopra; invero da un lato è pacifico, come sopra detto, che fossero iniziati accertamenti penali riferiti ai redditi della s.r.l. “LAS FER”; dall’altro non può negarsi che i redditi ipotizzati a carico degli intimati, nella loro qualità di soci, sono gli stessi inizialmente imputati alla società, essendo innegabile l’identità fra il reddito accertato nei confronti della società e quello successivamente posto a carico dei singoli soci per trasparenza, in relazione alle rispettive quote di partecipazione sociale;

che è da ritenere assorbito il secondo motivo di ricorso;

che, pertanto, assorbito il secondo motivo di ricorso, va accolto il primo motivo, con riferimento al quale la sentenza impugnata va cassata e gli atti rimessi alla CTR delle Marche in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, assorbito il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo motivo, in relazione al quale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR delle Marche, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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