Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13382 del 30/06/2016

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2016, (ud. 12/06/2015, dep. 30/06/2016), n.13382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SETRA srl in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avv. Lelio

Cremisini, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma

alla via Domenico Millelire n. 6;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica, e AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli

Venezia Giulia n. 87/9/07, depositata il 19 novembre 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12

giugno 2015 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità ed in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La srl Setra in liquidazione propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia che, adita per l’ottemperanza alla sentenza della stessa autorità n. 112/10/1999, con la quale, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, era stata ritenuta legittima la richiesta di rimborso di lire 275.000.000 per IRPEG, costituente duplicazione di quanto già versato, dichiarava cessata la materia del contendere, e ciò benchè la parte contribuente, nella persona di M.G., divenuto nelle fiore avente causa della srl SETRA, avesse dichiarato in contraddittorio di non aver percepito il credito vantato e accertato, eccependo l’illegittimità di un pignoramento e della compensazione eseguiti. dall’agente per la riscossione Gest Line spa, poi divenuto spa Equitalia Polis.

Il giudice dell’ottemperanza ha infatti ritenuto già avvenuta, ancorchè non tempestivamente, l’ottemperanza della decisione, consistendo il. dovere dell’ufficio, in ossequio alle norme di contabilità dello Stato, nella “ordinazione” e “liquidazione”, fasi che si concludono con l’ordinativo di pagamento trasmesso agli uffici pagatori riconosciuti per l’effettiva soddisfazione del beneficiario.

Nella specie l’ufficio aveva disposto il documento di sgravio alla Gest Line il 14 giugno 2005, “finalizzando il proprio operato a favore del creditore riconosciuto alla data suddetta; l’atto di acquisizione della Setra da parte del M. era infatti avvenuta successivamente e notificato il successivo 12 ottobre. Le somme, comunque, erano state oggetto di pignoramento (e non di compensazione) presso l’agente per la riscossione e l’identità dei relativi creditori nonchè le motivazioni sono sconosciute alla Commissione, la qual cosa comunque non rileva, ed eventuale opposizione doveva essere necessariamente proposta, nelle focaia e nei tempi previsti dalla legge, dinanzi alla AGO, e non presso il giudice tributario. L’ufficio non può quindi essere chiamato in giudizio in quanto ha legittimamente operato”.

L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società contribuente lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, e dell’art. 112 cod. proc. civ., per non avere il giudice dell’ottemperanza nominato un commissario ad acta, una volta rilevato che il concessionario per la riscossione non aveva adempiuto all’ordine di sgravio provvedendo al pagamento, sicchè l’Ufficio non aveva dato piena ottemperanza alla sentenza.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 7, censura la decisione assumendo che la mancata riscossione (della soma oggetto) dello sgravio delle cartelle oggetto dell’ottemperanza, quando l’ufficio non opponeva nulla in ordine alla spettanza alla contribuente dello sgravio stesso, avrebbe dovuto indurre il Collegio ad adempiere agli obblighi scaturenti dall’atto esecutivo nelle forme previste dalla norma in rubrica, considerato che tutti i provvedimenti del giudice sono immediatamente esecutivi.

Con il terzo motivo, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 8, per non avere la sentenza impugnata attuato il giudicato, in quanto la chiusura del procedimento avrebbe dovuto essere eseguita con l’assunzione dei provvedimenti attuativi da parte del collegio, che avrebbe dovuto emettere ordinanza di estinzione del giudizio. Il giudice dell’ottemperanza si sarebbe così sottratto al porre in essere i provvedimenti attuativi, non applicando le regole procedurali fissate per disporre la chiusura del procedimento.

Con il quarto motivo, infine, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza alla stregua dell’art. 132 c.p.c., comma 1, punto 4, in quanto essa non conterrebbe una completa narrazione dei fatti del giudizio, ed in particolare non riporterebbe un punto decisivo della controversia, per omessa descrizione dell’udienza di trattazione intervenuta in data 11 luglio 2005.

Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, il cui esame logicamente precede, si rivelano fondati, essendo incorsa la Commissione regionale negli errori ad essa addebitati.

Secondo la disciplina del giudizio di ottemperanza disegnata per il processo tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, il giudice dell’ottemperanza, “tutti provvedimenti” del quale “sono immediatamente esecutivi” (comma 9), sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria, “adotta con sentenza i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ufficio del Ministero delle finanze o dell’ente locale che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalla legge, attenendosi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazione.

Il collegio, se lo ritiene opportuno, può delegare un proprio componente o nominare un commissario al quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi” (comma 7).

Il collegio, quindi, eseguiti i detti provvedimenti, e “preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario nominato, dichiara chiuso il provvedimento con ordinanza” (comma 8).

Nella specie, come si evince chiaramente dalla sentenza impugnata, il giudice dell’ottemperanza, chiamato a dare esecuzione alla sentenza della medesima CTR n. 112/10/1999 che aveva condannato l’amministrazione finanziaria “al rimborso di lire 275.000.000” (costituendo detta somma “duplicazione di quanto già versato” dalla contribuente), si è appagato di prendere atto che “l’ufficio produceva la nota n. 20742 del 17/06/2005, con la quale segnalava che, ricevuta in data 27/05/2005 la sentenza da parte dell’Avvocatura generale dello Stato, in data 14/06/2005 ha provveduto alla restituzione della somma oltre ai relativi interessi, allegando la nota di sgravio”, e sulla base di ciò ha ritenuto che “emergeva consequenzialmente l’intervenuta estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere”. E benchè parte contribuente reclamasse il pagamento di quanto dovuto (il difensore “insiste perchè il giudizio venga risolto a favore di Setra srl”), nondimeno il giudice dell’ottemperanza, si legge nella sentenza impugnata, “non poteva non rilevare, dopo attento esame della documentazione, la già avvenuta ottemperanza”, in quanto “il dovere dell’ufficio, in ossequio alle norme di contabilità generale dello Stato sull’erogazione della spesa da parte di uffici della P.A. consiste nella “ordinazione” e liquidazione, fasi che si concludono con l’ordinativo di pagamento trasmesso ai riconosciuti Uffici pagatori per l’effettiva soddisfazione del beneficiario”.

Il giudice, quindi, non ha adottato “i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ufficio che li ha omessi” – nè ha dato conto della loro individuazione e delle specifiche difficoltà incontrate nella loro emanazione, e neppure si è attenuta strettamente agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza.

Questa Corte ha in proposito affermato che nel giudizio di ottemperanza alle decisioni delle commissioni tributarie “il potere del giudice sul emendo definitivo inevaso va esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato (cosiddetto “carattere chiuso” del giudizio di ottemperanza), sicchè può essere enucleato e precisato il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendosene il reale significato e rendendolo quindi effettivo, ma non può attribuirsi un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire, nè può essere negato il diritto riconosciuto dal “dictum” azionato” (cfr. Cass n. 8830 del 2014); e che il ricorso per ottemperanza è ammissibile ogni qual volta debba farsi valere l’inerzia della p.a. rispetto al giudicato, ovvero la difformità specifica dell’atto da essa posto in essere rispetto all’obbligo processuale di attenersi all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire, al fine non di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato (come avviene nel complementare giudizio esecutivo civile), ma di rendere effettivo quel comando, con la conseguenza che il rimedio è ammissibile anche – e tanto più – quando la decisione contenga un comando privo dei caratteri della puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo, rientrando nella discrezionalità del giudice dell’ottemperanza l’individuazione dei mezzi idonei ad assicurare l’esecuzione del giudicato” (Cass. n. 4126 del 2004).

Nel giudizio di ottemperanza, infatti, viene in luce con speciale evidenza il principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti garantita dall’art. 24 Cost., comma 1.

Quanto, in particolare, al secondo motivo, non solo il procedimento non è stato dichiarato “chiuso con ordinanza”, una volta “eseguiti i provvedimenti di cui al comma 7 e preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario nominato”, ma, cute si è rilevato supra, si è pervenuti ad una irrituale dichiarazione di cessazione della materia del contendere pur riconoscendosi la mancata attuazione del giudicato.

Il secondo ed il terzo motivo devono essere pertanto accolti, assorbito l’esame del primo e del quarto motivo, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, la quale procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi di diritto enunciati.

PQM

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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