Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13381 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22519-2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RUFFINI, 2/A,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2982/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 15/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Don. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che C.M. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Lazio, di accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate territorio avverso una sentenza CTP Roma, che aveva accolto il suo ricorso avverso un avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia del territorio aveva rettificato la categoria di appartenenza di un’unità immobiliare di sua proprietà sita in (OMISSIS) elevata dalla categoria A/4 classe 1 alla categoria A/2 classe 2, con conseguente incremento della relativa rendita catastale.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53. comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto l’appello era generico e redatto a ciclostile, senza che fossero stati indicati i motivi per i quali la sentenza di primo grado era stata riformata; che, con il secondo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto che, per giustificare il nuovo classamento dell’immobile di sua proprietà, sarebbe stato sufficiente la mera indicazione dei parametri generali fissati dall’amministrazione finanziaria, nonchè uno scostamento del rapporto fra il valore medio di mercato e valore catastale, relativo alle singole microzone in cui era stato suddiviso il Comune di Roma, ed il medesimo rapporto relativo all’insieme delle microzone anzidette, purchè tale scostamento fosse stato superiore al limite di tollerabilità, fissato ad 1,35; erroneamente era stato ritenuto non necessario tener conto delle caratteristiche particolari, proprie dei singoli immobili riclassificati; erano al contrario da ritenere illegittimi gli avvisi di accertamento catastali massivi, motivati esclusivamente in ragione dello scostamento superiore alla soglia legale del rapporto fra il valore di mercato ed il valore catastale della microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali; occorreva tener conto che l’immobile di sua proprietà era ubicato nel quartiere Testaccio, nel degrado da più anni, carente di servizi ed infrastrutture nuove, con numerosi locali di ristorazione e da ballo, i quali creavano notevoli disagi ai residenti sia a livello di caos generale, che di rumori, sporcizia e difficoltà di reperire parcheggi; l’appartamento poi, esteso mq 50,00 era ubicato al 4 piano di una palazzina ultrapopolare senza ascensore, mai restaurata e privo di balconi, si da non potersi ascrivere alla categoria A/2;

che, con il terzo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4; D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, e art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 306 c.p.c., comma 1, n. 4, essendo la motivazione della sentenza impugnata generica, poco circostanziata ed apparente, priva di significativi accenni alla sentenza di primo grado a lui favorevole e priva di riferimento alle sue specifiche argomentazioni difensive, comprese quelle contenute nella perizia giurata depositata in primo grado;

che l’Agenzia delle entrate ha presentato controricorso;

che il primo motivo di ricorso è infondato, non potendosi l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate ritenersi generico;

che, invero, in materia tributaria, la riproposizione in appello delle censure, formulate nel giudizio di primo grado, è sufficiente ad assolvere l’onere d’impugnazione specifica, imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso che, nel processo tributario, l’appello ha carattere devolutivo pieno, non essendo esso limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma perseguendo la finalità di ottenere il riesame della causa nel merito nella sua interezza; ed il requisito della specificità dei motivi di appello non può essere inteso nel senso che l’appellante sia tenuto a formulare nuovi argomenti giuridici a sostegno dell’impugnazione, potendo l’appellante limitarsi a sottoporre all’esame del giudice di gravame le medesime argomentazioni svolte in primo grado e respinte in quella sede, manifestando un dissenso che investa la decisione di primo grado nella sua totalità (cfr. Cass. n. 30525 del 2018; Cass. n. 32838 del 2018; Cass. n. 32954 del 2018; Cass. n. 1200 del 2016; Cass. n. 30341 del 2019);

che è altresì infondato il terzo motivo di ricorso, con il quale il contribuente lamenta motivazione apparente e generica; invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 15884 del 2017), nel processo tributario, una sentenza di merito intanto può qualificarsi nulla per violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e art. 118 disp. att. c.p.c. in quanto sia completamente carente in ordine all’illustrazione delle critiche mosse dalla parte appellante alle statuizioni di primo grado e non sviluppi in alcun modo un’autonoma valutazione dei fatti di causa, come era stato chiesto dalla parte appellante;

che, al contrario, nella specie in esame, la CTR ha sviluppato proprie autonome considerazioni, in esito alle quali ha ritenuto di accogliere il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, disattendendo quanto statuito dalla CTP, che aveva, al contrario, accolto il ricorso del contribuente, ritenendo, anche se con argomenti non condivisibili come si vedrà appresso, adeguato l’avviso di accertamento impugnato, con il quale era stata elevata la categoria e la classe di appartenenza dell’immobile di proprietà del contribuente, facendo esclusivo riferimento alle caratteristiche della microzona 11 del Comune di Roma, di cui faceva parte il quartiere Testaccio, nel quale era ubicato l’immobile di proprietà del ricorrente;

che è invece fondato il secondo motivo di ricorso;

che, invero, la giurisprudenza di legittimità ha ormai individuato con sufficiente precisione il contenuto motivazionale minimo, idoneo a rendere conformi a parametri di tutela del contribuente e di trasparenza amministrativa sia la revisione parziale del classamento di unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, sia, a maggior ragione, la modifica della relativa categoria di appartenenza, richiedendo una rigorosa motivazione dell’atto di revisione della categoria di appartenenza e del nuovo classamento; in particolare, qualora si tratti, come nella specie, di un mutamento di rendita, conseguente sia ad un’elevazione della categoria catastale, sia ad un’elevazione della classe di appartenenza, di un’unità immobiliare privata ubicata in una delle microzone, in cui è stato suddiviso il Comune di Roma, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non può consistere nella mera evoluzione del mercato immobiliare, essendo necessario accertare la variazione del valore dei singoli immobili presenti nelle microzone e le caratteristiche proprie di ciascuno di essi (cfr. Cass. n. 22671 del 2019; Cass. n. 27180 del 2019);

che è pertanto richiesto che l’avviso di accertamento precisi le ragioni che hanno indotto l’amministrazione a modificare d’ufficio il classamento e la categoria originarie, non essendo sufficiente il richiamo agli astratti presupposti normativi, idonei unicamente a giustificare l’avvio della procedura di revisione della categoria e del classamento; l’ufficio è tenuto cioè ad indicare in modo dettagliato e riferito a ciascun edificio quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che abbiano riqualificato l’area, essendo da ritenere inadeguati i richiami ad espressioni generiche e di stile, del tutto avulse dalla situazione concreta;

che anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 249 del 2017, ha convalidato la legittimità del peculiare sistema di revisione del classamento, introdotto con la legge finanziaria del 2005, purchè l’obbligo di motivazione venisse assolto in modo rigoroso, si da consentire ai contribuenti di percepire le concrete ragioni che avessero giustificato il provvedimento, occorrendo quindi tener conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato di appartenenza e della microzona, in cui l’unità immobiliare è collocata, essendo tutti tali elementi idonei nel loro complesso a qualificare l’unità medesima (cfr. Cass. n. 10403 del 2019); che, con specifico riferimento all’elevazione della categoria catastale di un immobile sito nel Comune di Roma, qual’è quello che ha formato oggetto dell’avviso di accertamento impugnato nella presente sede, atteso il carattere diffuso dell’operazione, occorreva un’adeguata motivazione circa gli elementi che, in concreto, avessero inciso sulla più elevata attribuzione di categoria a quella singola unità immobiliare, in modo da consentire al contribuente di conoscere “ex ante” le ragioni che ne avessero giustificato in concreto l’emanazione, non potendosi ritenere congruo il provvedimento di attribuzione di nuova categoria catastale che, come quello in esame, abbia fatto esclusivo riferimento, in termini sintetici e quindi generici, al rapporto fra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerate rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, nonchè al relative scostamento ed ai provvedimenti amministrativi posti a fondamento del riclassamento, occorrendo altresì specificare le fonti, i modi ed i criteri, con i quali questi dati sono stati ricavati ed elaborati con riferimento alla specifica unità immobiliare che ha formato oggetto di revisione catastale, in termini di più elevato classamento e di attribuzione di una più elevata categoria (cfr. Cass. n. 27180 del 2019; Cass. n. 22671 del 2019; Cass. n. 23051 del 2019);

che, da quanto sopra, consegue il rigetto del primo e del terzo motivo di ricorso e l’accoglimento del secondo motivo, in relazione al quale la sentenza impugnata va cassata; e, potendosi decidere la causa nel merito, con riferimento a detto motivo, si accoglie la domanda iniziale del contribuente;

che, in ragione del recente assestarsi della giurisprudenza in materia, si dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte, rigettato il primo e terzo motivo, accoglie il secondo motivo di ricorso, in relazione al quale cassa la sentenza impugnata; potendosi decidere la causa nel merito, con riferimento a detto motivo, accoglie la domanda iniziale del contribuente, con compensazione integrale fra le parti delle spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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